Il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat a Cosenza |
Se ci raccontassero che nel
1966 qualcuno a Cosenza investì 850 milioni di lire per pubblicizzare un suo
prodotto in televisione e che, sempre nello stesso anno, l’allora presidente
della Repubblica Giuseppe Saragat si recò nella città bruzia per inaugurare la
nuova sede dell’azienda che produceva il prodotto in questione, penseremmo ad
una bufala in grande stile.
Invece no, perché è la storia del
pastificio Lecce, una storia fatta non solo di pasta, ma anche di avanguardie,
logiche di mercato e affari in una terra del Sud che per quasi settant’anni l’ha
visto protagonista nel settore alimentare.
Il pastificio |
Biagio Lecce |
Ma fu dal ’46 che si diede il
via alla linea continua di pasta per soddisfare la crescente richiesta: si
produceva per 360 giorni all’anno pasta di ottima qualità tanto che, in breve
tempo, il prodotto approdò sul mercato estero. Il successo fu tale che negli
anni ‘50 l’America premiò l’azienda quale maggiore esperta di pasta. Intanto,
proprio in quegli anni, la Calabria vantava ben ventidue pastifici, di cui cinque
solo a Cosenza. Tra questi il Lecce che di lì a poco apportò delle grandi
innovazioni ai tradizionali metodi di gestione aziendale mediante l’uso dei
primi computer. Già nel ’64 l’organizzazione amministrativa del pastificio era
computerizzata e ciò era servito non solo a rendere più preciso e veloce il
lavoro amministrativo, ma soprattutto a razionalizzare meglio gli spazi dell’azienda,
anche se era proprio lui, il computer, ad occupare il notevole spazio di 200
metri quadrati! Dimensioni che oggi sembrano esagerate, ma un vecchio computer
a scheda, con un massimo di 500 Kb di memoria, necessitava di un ambiente molto
esteso per poter essere installato e per possederne uno bisognava fare un
leasing di un milione di lire al mese.
‘’Erano questi gli anni - continua Lecce - in cui l’azienda, unico cliente calabrese
dell’IBM, intratteneva rapporti di lavoro con Luciano De Crescenzo, rappresentante
per la Calabria’’.
Si doveva arrivare agli anni ’70
perché l’azienda acquistasse un computer per diverse centinaia di milioni di
lire. Nel frattempo, la pasta cosentina, conosciuta in tutta Italia, approdò in
televisione, precisamente a Carosello, per la pubblicità al prodotto Lecce più caratteristico:
i fusilli. Per parecchi milioni di lire, come dicevamo all’inizio,
sottolineando anche che la storia di questa fabbrica della pasta conteneva in sé
altre ‘storie’, spesso troppo diverse tra di loro, come la passione per l’informatica
e per lo sport. Infatti, in quegli anni, Biagio Lecce fu più volte presidente
del Cosenza Calcio e sotto la sua presidenza i ‘’Lupi’’ riconquistarono la
serie B.
Biagio Lecce, presidente Cosenza calcio |
Calcio a parte e qualche anno più tardi (1982) si verificò una svolta nell’ormai consolidato sistema di produzione e commercializzazione, quando, cioè, l’azienda, notando una serie di difficoltà sopravvenute nella fase di distribuzione del prodotto nell’intera penisola, decise di produrre solo i formati speciali e strinse un soddisfacente sodalizio con la Barilla. Quest’ultima diventò socio al 30% e avrebbe provveduto alla distribuzione capillare dei prodotti su tutto il territorio nazionale, essendo provvista dei mezzi idonei; dal canto suo, Lecce, avrebbe prodotto per Barilla (ma poi anche per Voiello, De Cecco, Divella e per un grande pastificio americano) solo le ‘’Specialità’’, ovvero i formati della tradizione meridionale, per i quali necessitavano alcuni macchinari particolari che Barilla non possedeva, mentre Lecce, anni addietro, li aveva ideati, disegnati e fatti realizzare.
‘’Fu un periodo splendido - dice ancora Lecce - diciotto anni di collaborazione e
produzione che ci fece superare anche i gravi problemi causati dall’incendio
del 1987. Aveva distrutto tutto, ma in un anno riuscimmo a ricostruirlo per poter
soddisfare le richieste del mercato. Facemmo fronte ad una ingente spesa per la
ristrutturazione dei locali e per l’acquisto di nuovi macchinari’’.
Tra le nuove macchine, ve n’era
una che inscatolava automaticamente i cannelloni, avvalendosi di un
microprocessore Rockwell.
Pasta e tecnologia viaggiavano
su binari paralleli ormai da diversi anni, adeguandosi ai mutamenti dei tempi,
quindi dei gusti e del mercato. Col nuovo millennio, Barilla decise di
rivendere il pacchetto azionario a Lecce, per rimediare, forse, ad un’anomala
posizione di minoranza nella società.
L’azienda riprese a rifornire
il mercato regionale con tutti i formati di pasta, creando la linea ‘’Orgoglio
calabrese’’ e si ritrovò dinanzi ad un altro successo, viste le alte richieste che
provenivano dai consumatori.
In questo periodo, per riuscire
a soddisfare la domanda, l’azienda chiese dei finanziamenti bancari. Nonostante
le garanzie che la stessa presentò, la banca non si mostrò propensa ad erogare il
finanziamento, adducendo motivazioni di tipo logistico penalizzanti: il
pastificio sorgeva in una zona a rischio! L’azienda chiese anche a Fincalabria un
prestito partecipativo di due miliardi di lire, che accettò di garantire il
debito visti i fatturati e le richieste che il pastificio aveva. "Fu un caso
paradossale - conclude Lecce - un’azienda sul mercato dai lontani anni ’30 che non ottiene
finanziamenti per soddisfare le numerose richieste, quindi per incrementare,
non già per iniziare l’attività produttiva! La banca non intervenne e ciò ne causò
la chiusura nel 2001, con il conseguente licenziamento dei venti dipendenti".
Da allora non se ne parlò più, ma il pastificio è ancora là, integro, su una riva del Busento, dove sembra attendere di essere rimesso in funzione.
Cosenza, dicembre 2006
© Francesca Canino