da "Il Quotidiano del Sud" del 24 novembre 2017
«COSA vuole l’anarchico? La libertà – la libertà per sé e per gli altri,
per l’umanità intera. Vuole essere libero dall’influenza o dalle pressioni
delle finzioni sociali».
Sono le parole pronunciate in un colloquio tra un
uomo d'affari dall'intelligenza vivida e un perplesso interlocutore che, seduti
al tavolo di un ristorante, tra il fumo denso e aromatico di un sigaro,
dibattono sulla possibilità di conciliare ricchezza e anarchia senza alcuna contraddizione
logica. Creare libertà è davvero l'unico modo per essere veramente anarchico? Su
questo interrogativo si dipana la trama de “Il banchiere anarchico”, uno stimolante
racconto di Fernando Pessoa, che analizza con grande abilità un tema
storicamente “sentito”: l’anarchia.
L’uomo d’affari, un banchiere, attraverso un dialogo quasi platonico, in
modo limpido, geniale e semplice, rivela al suo interlocutore che è possibile
conciliare ricchezza e anarchia. Pessoa,
mediante il suo solito gioco del paradosso e della relatività del tutto, delinea
alcuni concetti fondamentali dell'anarchismo. Il banchiere sostiene di essere anarchico,
ma l’amico ribatte che uno speculatore, un uomo elegante, abile conversatore,
può definirsi tale solo attribuendo al termine ‘anarchico’ un significato
diverso dal solito. Nel corso del conversazione, simile per tanti versi ad
alcuni dialoghi filosofici,
si enunciano una serie di argomenti idonei a dimostrare che la fede anarchica
del banchiere è in realtà la stessa ostentata dagli operai e dalle classi
sociali più povere.
Il “Banchiere anarchico” compare per la prima volta nel 1922 sulla rivista
‘Contemporanea’. Il racconto mette subito in evidenza il paradosso sottile
rappresentato dalla figura del banchiere ‘libertario’, sullo sfondo di un’epoca
caratterizzata da ideologie divergenti, che origineranno drammatici
rivolgimenti sociali. E se da un lato il racconto sorprende per l’invenzione
narrativa, dall’altro, il gusto del paradosso contraddistingue l’opera pagina
dopo pagina. Emerge, infatti, in un crescendo di emozioni, la delusione
dell’uomo d’affari - e di Pessoa – nei riguardi delle masse e delle rivoluzioni
sociali, mentre aumenta la consapevolezza di considerare il singolo come lo
strumento per il raggiungimento della libertà attraverso la realizzazione di
sé.
Pessoa non vuole convincerci che la sua strada sia quella giusta, ma vuole
invitarci a percorrere tutte le strade e ad essere capaci di non rifiutare un
cammino. È una chiara indicazione di vita che ci chiama a lavorare
individualmente per una crescita interiore, che ci invita ad aspirare a
diventare più completi. Questo è il suo lascito alla società, operato con la capacità
analitica che gli è propria, con l’abilità a portare il lettore nel dialogo
filosofico-politico dell’anarchismo del banchiere, che arriva a palesarsi come
estremo anarchismo individualista, non così distante dal pensiero dello
scrittore che afferma: «Quello di creatore di anarchie mi è sempre parso il degno
compagno di un intellettuale».
Cosenza, 30 novembre 2017
©
FRANCESCA CANINO