Due metri d’acqua simili a due alte muraglie si innalzarono sul ponte
della Massa, investendo in poco tempo i rioni situati sulle sponde del Crati. Era
il 24 novembre 1959 e Cosenza subiva l’ultima delle sue violente alluvioni.
Un lungo periodo di maltempo si era abbattuto su tutta
la Calabria
nel mese di novembre del’59, quando precipitazioni particolarmente intense scatenarono
un nubifragio nella regione intono alla metà del mese. L’ondata di maltempo non
si esaurì e tra il 23 ed il 24 novembre fu Cosenza ad essere colpita da una
delle più disastrose inondazioni della sua storia. Anche il circondario risentì
degli effetti della tempesta d’acqua abbattutasi rabbiosamente in quei giorni,
dove, a differenza del capoluogo, si contarono anche diverse vittime.
Il Crati era gonfio e trasportava una quantità enorme
di detriti, effetto delle erosioni causate dalle precipitazioni. Tutta questa
massa di sedimenti e detriti nell’alveo del fiume, fu trasportata a valle fino
a Cosenza, dove subì un’ostruzione al ponte della Massa, detto anche di San
Lorenzo, dovuta all’esiguità delle luci del ponte.
La sera del 24, verso le ore
venti, il fiume uscì dagli argini, esondò nel tratto destro e sinistro in
prossimità del Tannino e in breve le zone basse della città furono tutte
allagate. L’inondazione si propagò dai quartieri dello Spirito Santo e della Massa,
al vallone di Rovito, per estendersi fino a piazza Valdesi e al primo tratto di
corso Telesio, sommergendo d’acqua e detriti i vicoli, i bassi e i magazzini, che
dopo il defluire dell’acqua rimasero sotto la coltre del fango.
La fase di colmo non durò a lungo
e i controlli regolari effettuati per monitorare la variazione del livello del
fiume, si rivelarono altamente efficaci, mentre i soccorsi ben organizzati
evitarono la perdita di vite umane. In questo modo furono solo le vie, le case
a livello della strada e le attività commerciali molto presenti su tutta
l’area, a subire significativi danni visto che il fluire del Crati al di fuori
del suo alveo, aveva spazzato via quanto era depositato nei diversi magazzini
dei rioni interessati.
Ma cosa era accaduto realmente?
Il flusso del Crati nella città brettia era stato ostacolato dai
pilastri del ponte San Lorenzo, troppo vicini tra di loro. L’alveo, a nord-est,
presentava uno spazio sufficiente al deflusso, ma sull’area dello Spirito Santo,
a causa della configurazione urbana molto più ristretta, il letto del fiume in alcuni punti raggiungeva appena i dieci
metri, che in periodi di precipitazioni abbondanti, quando il fiume nel suo
corso raccoglie anche un buon numero di affluenti e detriti, diventava angusto
vista la portata notevolmente aumentata.
Tuttavia, ogni evento alluvionale deve essere messo in relazione ai contesti
morfologici dell’ambiente in cui esso si verifica, in considerazione delle modifiche
continue che la realizzazione di nuove opere produce. Il ponte di San
Lorenzo o della Massa, ritenuto responsabile dell’esondazione del ’59 per le
ridotte dimensioni delle luci, costituì semmai una concausa del disastro in
città, visto che il nubifragio provocò considerevoli danni anche in altre zone
della provincia.
Si deve pure ricordare che Cosenza, negli ultimi due secoli, ha subito danni
ingenti ai quartieri attraversati dai fiumi per effetto delle alluvioni del
1740, del 1842, del 1903 fino all’ultima del 1959 di cui è ancora vivo il
ricordo e che distrusse servizi ed attività commerciali ed artigianali, costringendo
circa duecento famiglie a lasciare le loro abitazioni.
Dai giornali dell’epoca si
apprende che il fiume danneggiò 14 bancarelle, 5 officine, 3 calzolai, 6
giornalai, 4 sarti, 60 fruttivendoli, 7 falegnami, 9 barbieri, un arrotino, 2
maniscalchi: quasi l’intera economia dei vicoli che sfamava oltre 500 famiglie.
La stampa riportò anche i ringraziamenti dei cosentini alla Madonna del Pilerio
per l’assenza di vittime, la gara di solidarietà ai senzatetto e le polemiche per
la facilità con cui si erano imputate le responsabilità al ponte di San Lorenzo.
Le colpe, secondo i giornali di
quel periodo, sarebbero dovute ricadere sul Comune di Cosenza per la mancata
applicazione di una legge speciale per la regolamentazione dell’Alto Crati ad
Aprigliano. Individuare immediatamente le responsabilità di fronte ad una
tragedia, abitudine ancora di moda, mentre una parte della città era stata
trasformata in un grande pantano, non fece, però, perdere di vista le priorità
del momento, tanto che si cominciò a lavorare subito per ricostruire le zone
alluvionate.
Molti anni dopo è stata posta
l’attenzione sulla criticità dei corsi d’acqua cittadini, evidenziando
l’urgenza di studiare in maniera razionale ed organica il rischio esondazione
nella città ed intervenire con strumenti adatti per la sistemazione dei due
fiumi. Anche perché, per ogni evento naturale catastrofico, si deve considerare
il tempo di ritorno e pianificare lo stato degli argini per quel tempo. I
margini dei fiumi, infatti, possono diventare inappropriati di fronte ad un
tempo di ritorno calcolato in cento anni. Sotto controllo dovrebbe sempre
essere tenuta la vegetazione spontanea, che può costituire una causa di
ostruzione delle aperture del ponte della Massa.
La riduzione del rischio di
inondazione dell’area urbana, resta sempre una priorità assoluta poiché il
sistema fluviale Crati-Busento, intorno al quale è stata disegnata la città vecchia
e la nuova, era ed è, morfologicamente e storicamente, l’asse portante della
città.
Scheda Tecnica
Un violento nubifragio nella notte tra
il 23 ed il 24 novembre del ’59 investì la Calabria, partendo dalle coste ioniche
centro-meridionali e diffondendosi sulle pendici silane e l’alto bacino del
Crati.
Nelle stazioni idrografiche del bacino,
le precipitazioni massime giornaliere registrate furono a Piane Crati di191 mm, a Trenta 134 mm, a Domanico 116 mm.
Le precipitazioni massime registrate a
Cosenza furono di 48 mm
in 3 ore, 71.4 mm
in 6 ore, 119.2 mm in 12 ore, 122.6 mm in 24 ore.
L’elevato trasporto solido, provocato
dal notevole apporto di sedimenti, tronchi d’albero e detriti, determinò la
parziale ostruzione del ponte S. Lorenzo e verso le ore 20 il Crati esondò
invadendo le zone basse del Centro Storico. La portata di piena del 1959 fu
stimata dal Genio Civile in 450 m3/s e quella del Busento in 525 m3/s, mentre
una stima del CNR darebbe valori alquanto minori. Si valuta un tempo di ritorno
50 anni. Il Crati ha larghezza di circa 20 metri a monte del ponte
San Francesco. Qui l’altezza degli argini non supera i 4 metri. Si tratta quindi
di una sezione liquida di non oltre 80 mq; la piena di 450 m3/s comporta
velocità di 5 – 6 m/s, che in questi casi possono essere devastanti. Analoghe
considerazioni si possono fare per il Busento prima della confluenza, che ha
una larghezza di 35 metri.
Cosenza, 17 novembre 2019
© Francesca Canino