Nei
primi giorni dello scorso mese di marzo
è
stato approvato l’Atto aziendale dell’A.O. bruzia,
passato
quasi in sordina per l’avvento della pandemia.
Vi
propongo di seguito la disamina impietosa
che
ho avuto modo di compiere sull’organizzazione
dell’Hub cosentino,
affinché
ognuno possa venire a conoscenza
delle
scelte ‘strategiche’ attuate dalla dirigenza.
Nel
rispetto della tempistica imposta dal “Decreto Calabria”, la Struttura Commissariale
dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, agli inizi di marzo, ha licenziato il
nuovo Atto Aziendale. Peccato che rispetti solo la tempistica. Sovrastato da
Covid-19, è passato in sordina, non lasciando modo di apprezzare quanto ha
disatteso e addirittura stravolto il senso e gli obiettivi del Decreto Calabria.
Questo imponeva alla Regione la
stesura di linee guida per i nuovi atti delle aziende sanitarie calabresi,
al fine di cancellare tutte le incrostazioni accumulatesi negli ultimi trent’anni.
Nessuno, né il Dipartimento regionale né il Commissario ad Acta, ha fatto nulla
e, in questo vuoto cosmico, il Commissaria dell’A.O. di Cosenza e la sua
Direttrice Sanitaria hanno stilato il nuovo
Atto Aziendale sulle vecchie linee guida del 2016.
Non
avendo fatto grandi resistenze a farsi consigliare dai soliti “amici degli
amici” ben noti ai più, il tutto è finito nel fare qualche ritocco per favorire
e accontentare i questuanti di turno.
Nella
premessa, la solita pomposa retorica infarcita dalle consuete scadenti menate
sull’efficientamento della struttura aziendale. Nelle successive 60 e passa
pagine, nessuna apertura a nuove possibilità assistenziali rivolte all’abbattimento dell’emigrazione sanitaria
e nessuna vera riorganizzazione di dipartimenti o di strutture complesse. Ad
esclusione di qualche struttura semplice in meno (quasi tutte legate alla
quiescenza dei titolari e un paio per levarsi da torno soggetti “sgraditi”),
per il resto solo gioco delle tre carte con mezze figure che scompaiono da una
parte per ricomparire dall’altra, ma senza una vera progettualità.
Scompaiono
due Dipartimenti, ma ne vengono creati altrettanti nuovi. Uno di questi è il
frutto di una semplice manipolazione, eseguita ad arte, per creare lo spazio funzionale
alla creazione dell’altro, che pare uscito fuori dal cilindro di un
prestigiatore: “Governo clinico”. New entry assoluta sul piano nazionale e
mondiale. È il primo dipartimento intitolato a un modello gestionale di
strutture sanitarie. Il termine è la traduzione dall’anglosassone clinical governance, ossia governo dei
clinici. È una “strategia mediante la
quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento
continuo della qualità dei servizi e del raggiungimento-mantenimento di elevati
standard assistenziali, stimolando la creazione di un ambiente che favorisca
l’eccellenza professionale” (dal position statement “il governo clinico
nelle Aziende Sanitarie” GIMBE 06/02/09). In effetti, nello stesso Atto
Aziendale, all’art. 12 “Il Direttore Sanitario”, è scritto che: “Il Direttore
Sanitario (quello Aziendale n.d.r.) è il garante del governo clinico
dell’Azienda, con riferimento alla qualità e all’efficienza delle prestazioni
erogate dalle strutture aziendali”. L’art. 23 ribadisce cosa sia il governo
clinico. Nell’art. 26, intitolato “il Governo
Clinico”, però, dopo un ulteriore pletorico preambolo su cosa significhi,
si incontra un autentico esercizio di filosofia teoretica (volgarmente detta
“arrampicata sugli specchi”) per spiegare il perché vi sia bisogno di inventarsi
un intero dipartimento per fare quello che potrebbe tranquillamente gestire una
U.O.S.
La schizofrenia che permea questa parte del documento è ancora più
evidente nell’art. 34: “I dipartimenti e l’organizzazione dipartimentale”. Vengono
descritte nuovamente, questa volta in modo corretto, natura e funzioni dei
dipartimenti, smentendo così le motivazioni del crearne uno denominato Governo
Clinico. Questo Dipartimento viene costituito con tre U.O. Complesse (Direzione
Sanitaria di Presidio, Accettazione e Accoglienza Attività Sanitarie, Farmacia)
e due Dipartimentali (Accreditamento e Qualità, Ingegneria Clinica) e un
ufficio (Rapporti con il Pubblico). Ma cosa fa una U.O.C. Accettazione e
Accoglienza Attività Sanitarie? Nonostante l’ampia spiegazione, risulta comunque
difficile comprenderlo davvero. Di quali titoli dovrà essere in possesso il
futuro Direttore dell’U.O.C.? Quale laurea e specializzazione? In quale
specialità avrà dovuto svolgere gli almeno sette anni di attività necessari a
costituire abilitazione alle funzioni apicali? Probabilmente tali quesiti non
avranno mai risposta perché, è presumibile, che non sarà mai attivata. Il
motivo di tale presunzione sarà chiaro più avanti. Nel cercare di comprendere le
vere ragioni che giustificano l’esistenza del dipartimento, ci si pone altre
domande. Qual è la logica che ha fatto includere la U.O.C. di Farmacia in un
Dipartimento così fatto? E l’U.O.S.D. Ingegneria Clinica (struttura tecnico-amministrativa)?
La risposta potrebbe essere molto più semplice di quanto a prima vista possa
apparire. Così strutturato, il dipartimento riesce ad essere composto da 5
strutture, numero minimo richiesto dalle linee guida del 2016. Ma un dipartimento
deve avere un Direttore scelto tra quelli delle U.O.C. afferenti al
Dipartimento stesso. Quello di Farmacia è andato in quiescenza e non si è
ancora proceduto a indire il concorso per la sostituzione. L’altro non c’è, essendo
l’U.O.C. ancora una scatola vuota che, probabilmente, lo resterà per sempre in
quanto “inventata” solo per giustificare la formazione del Dipartimento. È
chiaro che questo Dipartimento è stato costituito per affidare una direzione in
modo blindato al Direttore dell’U.O.C. Direzione Sanitaria di Presidio, almeno
fino al prossimo Atto Aziendale.
Per
il Dipartimento Materno-Infantile Area
Nord, invece, si potrebbe tranquillamente parlare di capolavoro
dell’inventiva. Già nel nome vi è in nuce
l’obiettivo da raggiungere. Per comprenderlo è necessario fare qualche
premessa. L’A.O. di Cosenza è l’unico hub della provincia la quale,
nell’organizzazione della sanità regionale, viene denominata Area Nord. Nella
stessa area è presente l’Azienda Sanitaria Provinciale, nella quale convergono
tutte la altre strutture sanitarie dell’Area Nord. Anche l’A.S.P. ha un proprio Dipartimento Materno Infantile. Questo
vuol dire che, sullo stesso territorio, insistono due dipartimenti
materno-infantili, ma facenti parte di
due diverse aziende. La normativa vigente prevede che le due aziende
creino, in accordo, un Dipartimento Interaziendale. Questo coordinerà le
attività di quelli delle due aziende che restano separati. L’A.O., con questo
Atto Aziendale, fa un salto in avanti. Nell’articolo 36, al suo Dipartimento, dà
un nome con il quale trasmette la volontà egemonica sull’intero territorio. Infatti,
non lo denomina semplicemente “Dipartimento Materno-Infantile”, ma aggiunge “Interaziendale
Area Nord”. La cosa viene ulteriormente sottolineata nell’articolo 41, di sole
due righe, intitolato “I Dipartimenti Interaziendali”. Qui si ribadisce: “L’Azienda conferma il Dipartimento
Interaziendale Materno-Infantile Area Nord in sinergia con l’ASP di Cosenza
come descritto in precedenza”. È chiaro che si vuol giocare sulla
sovrapposizione di denominazione tra i due Dipartimenti, aziendale ed
interaziendale, che dovrebbero, però, restare distinti. Infatti, mentre i
Dipartimenti aziendali sono strutturali, quello interaziendale è, per norma,
funzionale e quindi senza una superiorità gerarchica, ma con sole funzioni di
coordinamento.
Ma
non finisce qui, i bene informati fanno sapere che nella versione dell’Atto
Aziendale presentata ai sindacati è scomparso un malevolo articolo 42 bis, in
parte confluito nel citato art. 36, salvo per le ultime due righe. In queste si
decretava un’indennità per il Direttore del dipartimento interaziendale che,
essendo funzionale, non può ricevere alcuna indennità. Probabilmente, a
qualcuno sarà venuto in mente che, anche per un Atto Aziendale del genere, sarebbe
stato veramente troppo. In pratica, il Direttore di dipartimento che lo fosse diventato
anche di quello interaziendale, avrebbe percepito una ulteriore indennità, non
ben quantificata, ma che si può immaginare altrettanto, se non più, corposa.
Continuando
ad analizzare l’organigramma del Dipartimento, si evidenzia che, in un miscuglio
di arroganza, delirio di onnipotenza e assoluto spregio di qualsiasi logica,
scompaiono strutture fino a ieri ritenute irrinunciabili:
·
l’U.O. Fisiopatologia della Riproduzione
Umana viene depotenziata da Dipartimentale a Semplice e inglobata nell’U.O.C.
di Ginecologia ed Ostetricia;
·
l’U.O. di Anestesia Area Materno
Infantile diventa U.O. di Anestesia e Analgesia in Ostetricia e Partoanalgesia,
ma anche questa non più Dipartimentale, bensì Semplice e nella U.O.C. di
Terapia Intensiva del Dipartimento di Emergenza;
·
l’U.O.S. Banca del Latte Umano Donato e
gestione del neonato fisiologico, scompare;
·
l’U.O.S. di Cardiologia Neonatale e
Pediatrica e Diagnostica Cardiologica Prenatale perde la parte Prenatale e
Pediatrica, vedendosi aggiungere una Diagnostica per Immagini (generale? E le
strutture pediatriche dell’area della Radiologia?);
·
ricompare una U.O.S. STEN, che, negli
ultimi tre atti aziendali compare e scompare peggio che il sole a marzo.
Il
capolavoro, però, si concretizza nella rinuncia all’U.O.S.D. di Terapia
Intensiva Pediatrica. Unica in Calabria e con tutti i presupposti per diventare
punto d’attrazione regionale ed extraregionale, viene depotenziata a Struttura
Semplice e affidata (e sono due) all’U.O.C. di Terapia Intensiva del
Dipartimento d’Emergenza. Ciò a dispetto di tutta la legislazione e le linee
guida ministeriali sulle peculiarità delle strutture pediatriche, per
rispondere solo a mire accentratrici dei soliti noti. Ma questa è un’altra
storia da analizzare in altra sede. Nella bramosia di eliminare soggetti
scomodi e per compiacere qualcuno hanno dimenticato che, così facendo, il
Dipartimento Materno Infantile Area Nord rimane composto da sole quattro
strutture e, quindi, non in linea con le linee guida regionali. A qualcuno
importerà?
Il
resto dell’Atto Aziendale, per quel che riguarda gli altri Dipartimenti, è solo
storia di prestidigitazione. Cose volgarmente dette “marchette”, nella migliore
delle tradizioni di questa nostra sciagurata Terra. Spostamenti di strutture di
comodo e prebende per nuovi e vecchi vassalli. Strutture duplicate e
quadruplicate per accontentare questo o quell’elemosinante. Alcune che dovrebbero
essere solo degli ambulatori, altre ancora che funzionano per 6/12 ore al
giorno per 5/6 giorni alla settimana pur essendo “d’Emergenza”.
A
questo si è ridotto il cambiamento, l’efficientamento dell’Azienda Ospedaliera
di Cosenza: “I monti avranno le doglie
del parto, nascerà un ridicolo topo”. Pessimo segnale per la Sanità
regionale.
Cosenza, 8 maggio 2020
© Francesca Canino