‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria
10 dicembre 2023
19 novembre 2023
08 novembre 2023
16 ottobre 2023
Stampalibera, primo numero
31 luglio 2023
Mongrassano, Rende, Camigliatello (CS): alberi sotto attacco
Appalti contro la natura. Le amministrazioni comunali sono ormai diventate una piaga ambientale, decidono con sempre maggiore frequenza di abbattere boschi, migliaia di alberi che sono parte integrante del paesaggio, fornitori di ossigeno, patrimonio di tutti i cittadini. I comuni, si sa, “devono fare cassa” e per questo motivo spuntano sui loro albi pretori le procedure di gara per la vendita alle imprese boschive di materiale legnoso. Ovvero di alberi da tagliare. 1555 sono quelli mandati a morire dal comune di Mongrassano con un “appaltino” che porterà nelle casse comunali migliaia di euro. Ma procediamo con ordine.
Un bando di gara
ad asta pubblica campeggia nell’albo pretorio del suddetto comune, dal quale si
apprende che sarà oggetto di appalto
“l’esecuzione dei lavori di taglio bosco
e la vendita del materiale legnoso ritraibile da un bosco in località Sciupano e Pizzo Fino, costituito da 1555 di cui 1130 essenza quercine, 306
Faggi, 65 Ontani, 51 Carpini, 3 Aceri e taglio di ceduo di castagno con
superficie di Ha 04.96.60. Luogo di esecuzione: in Agro e di Proprietà del
Comune di Mongrassano, località Sciupano e Pizzo Fino”.
Si tratta di
piante ad alto fusto, come si legge nella Descrizione: “Taglio, allestimento ed esbosco del materiale legnoso ritraibile dall’utilizzazione
di N°1555 piante di alto fusto e del ceduo di castagno…”.
L’autorizzazione
all’ennesimo scempio è stata rilasciata dalla Regione Calabria, Dipartimento
UAO del 30/05/2022 - Prot. 253919/REGCAL. L’esperimento d’asta pubblica
relativa alla vendita del materiale legnoso ha avuto luogo il 28 luglio scorso.
Nel punto riguardante la Procedura di Gara, si apprende, tra le altre cose, che “La vendita a rialzo avverrà a corpo partendo dal prezzo a base d’asta di € 66.924,91 oltre Iva, più € 12.652,66 per spese di progettazione, RUP, D.L., collaudo”.
Mongrassano non è l’unico comune a provare “avversione” per gli alberi, visti i tagli sconsiderati e immotivati di numerosi alberi effettuati la scorsa estate e anche nelle ultime settimane a Rende. E ancora, sono sospetti i segni di vernice rossa apparsi su decine di pini a Camigliatello, come riporta “ICalabresi”: “Su decine di pini alti anche venti metri è apparsa della vernice rossa per marchiarli, ma Regione, Comune e Parco non forniscono chiarimenti a riguardo e le leggi sui tagli boschivi prevedono altre procedure. Abbattimento in arrivo per lasciar spazio alle auto?”. Nessuno risponde, fanno finta di non sapere, intanto si spera che non vengano abbattuti.
La Calabria ogni anno è devastata dagli incendi, che non sono dovuti al caldo cosiddetto eccessivo, bensì a motivi ben diversi riconducibili a interessi economici gestiti da una regia criminale. Ma se a distruggere il patrimonio boschivo contribuiscono anche le Istituzioni, l’ambiente non ha più alcuna speranza. Allora, sarebbe conveniente abolire tutte le manifestazioni a tutela dell’ambiente, che periodicamente associazioni ed enti, spesso teatranti del finto ambientalismo, propinano fino alla noia. È ben risaputo che ognuna di esse sottende entrate, elargizioni, propagande mascherate, una fiera di ipocrisia non più sopportabile. A farne le spese gli alberi e la salute degli esseri viventi, a farne guadagni i soliti noti attaccati ai carri politici.
Cosenza, 31 luglio, 2023
© Francesca Canino
14 giugno 2023
“Filigrana del cuore, T’ama chi viver ama” di Gabriele Garofalo
Gabriele ha
quindici anni ed è già nell’Olimpo. Dal luminoso monte irradia ulteriore luce e
rischiara le tenebre che oggi avvolgono l’umanità. La vasta conoscenza dei
classici, l’approccio critico e ammirato alla letteratura anglosassone e la
posizione di dominus nei confronti
delle italiche litterae lo rendono “granello illucescente” nell’attuale
società dell’intelligenza artificiale. O del metaverso.
Gabriele,
invece, vive in quel che rimane di un mondo forse passato, lo guarda in
filigrana e sogna “tra i banchi di
mandorlo e fette di pane” il suo futuro; ma vive anche tra i banchi di
scuola e i campi di calcio e sogna come solo a quell’età si riesce a fare.
Studente del Liceo classico “Bernardino Telesio” di Cosenza, Gabriele Garofalo esordisce nel panorama letterario con la silloge di poesie e racconti dal titolo “Filigrana del cuore, T’ama chi viver ama”. L’opera è divisa in tre sezioni: racconti, teatro e poesia, imbibiti di grecità e dell’acerbo pathos della sua giovane età. Pluripremiato in campo letterario in diverse città italiane, vincitore di concorsi internazionali, il giovane autore confessa di aver letto l’Eneide a cinque anni. «Ho approfondito la poetica di Byron e Keats – dice Gabriele - dei quali ammiro la raffinatezza del primo e la semplicità raffinata del secondo. Ho scritto “Giappone Desire” dopo aver letto un brano de “L’arte della Guerra” di Sun Tzu e aver apprezzato la lealtà dei giapponesi nei confronti dei vinti. Nella figura dello shogun, di colui che combatte per difendere, ho riscontrato una similitudine con il vecchio saggio per antonomasia, Nestore».
L’universalità della poesia è il tema della Silloge che tratta anche «il rapporto tra eleos kai phobos, riuscendo grazie all’eleos ad avvicinare e poi con il fobos ad allontanare, con l’effetto di creare un sostanziale equilibrio che è segno dei tempi e resta immortale. I poeti hanno scritto per millenni sull’amore, ora – spiega il giovane autore – io ho voluto rivolgermi ai miei coetanei e agli adulti, perché l’amore è universale e vivifica. È dai temi dell’amore che si innestano gli altri argomenti della Silloge, il mondo classico, il mondo naturale, la personificazione di figure retoriche, l’identificazione dell’uomo in un essere desiderante. Il primo messaggio del libro è continuare a sognare, il sogno è tale se si realizza, altrimenti rimane illusione. Il secondo messaggio è stimolare le persone a leggere, ricordando loro il valore educativo dei classici».
Il libro è stato presentato nella biblioteca Rodotà del Liceo “Telesio” e prossimamente sarà premiato alla Cittadella regionale. Seguiranno altre presentazioni nelle librerie della provincia.
“Ad maiora semper” Gabriele, che tu possa
“Transire tuum pectus mundoque potiri”.
Cosenza,
14 giugno 2023
©
Francesca Canino
16 maggio 2023
“Il brigante” di Giuseppe Berto, la storia dell’apriglianese Francesco Acciardi, nella nuova edizione di Neri Pozza editore con la postfazione di Gabriele Pedullà
Mille voci l’hanno raccontata, più mani l’hanno scritta, qualcuno l’ha anche rappresentata. La vita di Francesco Acciardi non si è esaurita nell’arco della sua esistenza, ma ha varcato i confini della sua terra e superato i limiti del suo tempo. Non era un eroe, un santo, un benefattore o uno scienziato. E nemmeno un poeta. Era un brigante. L’ultimo.
A tramandare le gesta
di “Cicciu e mare mare”, come era
chiamato ad Aprigliano (Cosenza), suo paese natale, sono stati in primis quelli
che lo avevano conosciuto di persona o di fama. Mille voci.
In seguito, si sono aggiunti giornalisti, scrittori e registi a immortalare la figura di un brigante del Sud che ha guadagnato le pagine de “L’Europeo” nel 1947 grazie a Ferrante Azzali, ha ispirato il romanzo di Giuseppe Berto “Il Brigante” e l’omonimo film di Renato Castellani. Qualche anno più tardi, invitato a “L’ora della verità” dal giornalista Gianni Bisiach, Acciardi ha fatto la sua apparizione sul piccolo schermo. In tempi più recenti, la sua vita è stata narrata da Tonino De Paoli in “Processo ai processi” e nel 2012 “Il Quotidiano del Sud” ha pubblicato a mia firma un domenicale sulla vita del brigante (http://francescacanino.blogspot.com/2015/03/lultimo-brigante-francesco-acciardi-di.html). Dieci anni dopo, il romanzo di Berto è stato riproposto da Neri Pozza Editore, corredato da un’ampia postfazione firmata da Gabriele Pedullà che ha analizzato il romanzo, la vita di Acciardi, il contesto storico, le motivazioni che hanno indotto l’autore del romanzo a scrivere di Sud e briganti.
Giuseppe Berto, venuto a conoscenza delle gesta di Cicciu ‘e mare mare, ha narrato la storia di Michele Rende, un giovane veterano di guerra che, tornato nel paese natale è ingiustamente accusato di omicidio e si dà alla macchia, diventando un brigante. Inizia così il suo inferno che lo lascia senza alcun margine di scelta. La voce narrante è quella di un ragazzo, Nino, di cui Michele sposerà la giovane sorella, uccisa perché scambiata per il brigante. Sullo sfondo del romanzo il Sud ancora sconosciuto, povero, ancorato a schemi obsoleti che diventa coprotagonista nella storia di avventura, amore e dolore del brigante. La storia di Michele Rende è quella di Acciardi, seppure con molte differenze. Ed è su queste vicende che il professore Gabriele Pedullà si è soffermato, ha esaminato l’opera di Berto, analizzato il mondo e i fatti degli anni ‘60, periodo favorevole per il romanzo che fu tradotto in dodici lingue. E se i briganti restano “sempre i più nobili tra i delinquenti, perché sono gli unici a possedere una storia” (W. Benjamin), Acciardi è entrato nella storia del Sud più a sud d’Italia per la sua vita segnata da eventi tristi, melodrammatici. Saranno stati proprio questi, ha ipotizzato Pedullà, ad attrarre Berto, che si è avvicinato alla figura del brigante dopo averla scoperta su L’Europeo e ne ha immortalato le gesta in un romanzo che è rimasto un unicum nella sua opera. Ha scritto Pedullà: “Non è comunque privo di significato che, volendo scrivere un romanzo neorealista, piuttosto che soffermarsi su un riformatore sociale qualsiasi, Berto si sia rivolto alla figura, per eccellenza anarchica, del brigante: un individualista radicale che si guadagna la simpatia dei paesani prendendo le armi da solo contro i prepotenti, secondo un vecchio topos delle storie di banditi… e un uomo con il carattere di Berto potrebbe essere stato conquistato proprio da questa immagine dell’eroe solitario che si erge a difesa dei più deboli, mettendo al servizio della collettività la propria riluttanza a conformarsi agli imperativi ai quali sottostanno tutti gli altri”.
Un libro di battaglia
nell’intenzione di Berto, forse voluto per sostenere il movimento contro il
latifondo nel momento in cui le campagne diventavano teatro di accesi scontri sociali
e il ruolo dei briganti, “spaventosi e
seducenti”, “nobili e profondamente corrotti, ma sempre romanticissimi”, restituivano un'immagine
esotica della società meridionale. Ma, si chiede Pedullà, il termine brigante
può ancora andar bene per il protagonista del romanzo? Michele Rende è un
brigante “nuovo”, ha compreso che le ingiustizie subite non dipendevano dalla
cattiveria dei singoli individui, ma dal marciume imperante nell’intero assetto
sociale. Ed è per questo che l'avvocato Gennaro Cassiani, difensore di
Acciardi, nella sua arringa ha pronunciato parole indimenticabili: “C'è dunque una miseria umana capace di
inchiodare la miseria degli uomini sulla croce del delitto?”.
La vicinanza del protagonista alle fasce proletarie ha fatto ritenere che l’opera di Berto fosse “un romanzo di stretta osservanza marxista”. Ma forse l’autore ha voluto solo descrivere realisticamente, quasi da cronista, una stagione di lotte che ha caratterizzato e insanguinato la Calabria. E oltre alla miseria del Sud afflitto dal latifondo - ha fatto notare Pedullà - dal romanzo emergono la Resistenza come esperienza decisiva nell’educazione politica delle plebi diseredate e il pervertimento della legge in strumento di repressione sociale.
Rimane, tuttavia, ancora sconosciuto il motivo che ha spinto Berto a raccontare una storia forte, tragica, rappresentativa di un Meridione che tentava di liberarsi dal suo passato di miseria, a cui, paradossalmente, sembrava invece dover rimanere ancorato. I parallelismi tra la figura dello scrittore Giuseppe Berto e del bandito Francesco Acciardi, seppur sembrino iperbolici, non sono da escludere. Entrambe le personalità sono specularmente complesse, ognuna spinta da un differente “sacro fuoco” che ne ha delineato i destini, rendendo immortale la loro opera.
Cosenza, 16 maggio 2023
© Francesca Canino