Il 10 gennaio del 1583 un aerolite cadde in un podere presso Castrovillari, nella Calabria Citra, precisamente nella zona delimitata a sud dal fiume Coscile, al tempo indicata come 'terra lucana'.
Bernardino Telesio,
filosofo naturalista cosentino del '500, descrisse il fenomeno in una lettera
indirizzata al nobile Ferrante Carafa. Lo studioso non si limitò solo a
comunicare l'avvenimento, ma si recò immediatamente sul posto per raccogliere
le testimonianze di coloro i quali avevano assistito in prima persona allo
spettacolo del meteorite in caduta libera sulle campagne calabresi. Esso, infatti,
«fu visto da infiniti contadini che stavano alla campagna agli esercitii della
terra, et da molte altre persone degne di fede, che si trovarono in viaggio, et
nelle terre convicine di Cassano, di Morano, di Castrovillari, della Saracina
et di Altomonte» (dalla lettera a Carafa).
Grazie alle dettagliate descrizioni fatte dai presenti, il
filosofo-scienziato Telesio enunciò, nel giro di pochi mesi, la sua tesi
sull'accaduto nell'opuscolo “De fulmine”.
Ma che cosa avevano visto
i testimoni nelle campagne calabresi?
Si trattava di una 'cosa'
simile a un fulmine, preceduto da un gran rumore, da cui si levò molto fumo.
L'aerolite, caldo e di 'fortissima tempera', a forma di testa di montone, colpì
una grossa pietra che frantumò in mille pezzi, sprigionando odore di zolfo.
Il fulmine, come Telesio
denomina l'aerolite, non poteva essere il prodotto di una eruzione vulcanica,
poiché in questo caso sarebbe stato visibile e si sarebbe sentito il boato al momento della sua fuoriuscita.
Secondo le teorie
aristoteliche, la spiegazione che voleva il meteorite sollevato in aria dai
venti e trasportato e fatto cadere in altro posto, è da Telesio contrastata
(abitualmente il Consentinus demoliva le tesi dei Peripatetici e di Aristotele)
e spiegata in base al senso: «Dato che il senso, che non è lecito sottomettere
all'opinione di Aristotele, non può di certo ammettere che una pietra della
grandezza di un carro sia stata innalzata dai venti, in quanto il senso vede
che i venti con la loro estrema violenza ed estrema forza possono trasportare
di traverso, ma non di certo anche in alto» (da 'Introduzione a B. Telesio' di
L. De Franco).
Una pietra così
incandescente, come si presentava il meteorite, non poteva essere generata
dalla superficie della terra, né poteva diventare tale durante il breve
percorso che aveva compiuto nell'aria. Per Telesio, dunque, l'aerolite era
stato prodotto «di una cosa generatasi di certo sulla terra e trasportata nella
più alta regione dell'aria e lì condensatasi». Questa ‘cosa’ non poteva essere
che la fuliggine. Un'affermazione originale, ma lontana dalla realtà come altre
sue teorie fisiche, espressione della cultura scientifica degli anni in cui
visse, fortemente segnata dalla modernità di Telesio che si
accinse a indagare la natura con una nuova mentalità e in coerenza con i
principi fondamentali del suo filosofare.
Cosenza, 6 febbraio 2018
© Francesca Canino