NELLE scorse settimane, la lettura dei dati
sull'aumento della spesa (+31% nel periodo 2011-2014) ha attestato
l’inefficacia della presenza del commissario e del sub-commissario alla sanità
in Calabria. Essi non solo gravano sui cittadini per il costo dei loro lauti
stipendi, ma soprattutto non ottengono alcun risultato nonostante i tagli e il
rigore nelle spese. Dovrebbero, quindi, spiegarci come si è verificato
l'aumento del 31%. Il servizio sanitario riduce le prestazioni, si
pagano a caro prezzo persone per mettere a posto i conti della sanità e
nonostante i vari tagli (chiusura di ospedali, tagli di prestazioni, ecc.) la
spesa aumenta. Non è matematico, quindi i conti sono stati fatti male.
La struttura commissariale voluta, o imposta, dal ministero
dell’Economia e da quello della Sanità, visto i risultati ottenuti fino ad
oggi, dovrebbe abbandonare l'incarico (con notevole risparmio di fondi
regionali) e restituire quanto ingiustamente percepito. Ma la mancanza dei
risultati del loro lavoro è il frutto dell’incapacità delle persone incaricate
o è il frutto di una precisa volontà? Il dubbio sarà sciolto non appena
qualcuno avanzerà “l’idea innovativa” di privatizzare la Sanità (perché il
privato è più efficiente… il pubblico, invece, è stato reso inefficiente da chi
avrebbe dovuto renderlo efficiente). Oggi la sanità si basa sulla buona volontà
dei singoli operatori, senza un progetto senza idee; ad esempio, non è una
buona idea, se si vuole contrastare la migrazione sanitaria (con costi
esorbitanti all’anno), chiudere gli ospedali di confine.
Il fallimento della sanità commissariata è una realtà di cui tenere
conto, specialmente dopo le ultime decisioni che hanno prorogato l'incarico di
Scura fino al 2018. Perché? La Regione ha davvero ancora bisogno di un
commissario? A che punto è il Piano di
rientro dal debito sanitario? A quanto ammonta oggi il debito calabrese?
Possiamo vedere le carte?
In attesa che qualcuno ci illustri l'attuale
situazione, esaminiamo una serie di problematiche del Sistema sanitario
regionale, con particolare riferimento alla città di
COSENZA
NELL'INDIFFERENZA delle Istituzioni e dei cittadini
incede e si consuma la tragedia dell'Annunziata. Dilaniata dai morsi famelici
del sistema sanitario regionale – laddove per sistema è da intendersi la regia
che muove le risorse, destinandole in gran parte nelle tasche di registi e
commedianti da questi assoldati – e defraudata di tante sue funzioni per
invidia o ripicca o indolenza, l'ospedale di Cosenza soffre oggi per gli
sprechi, per le scelte sconsiderate e per il clientelismo estremo che subisce
ormai da molti anni. A pagare, questa volta, non sono come sempre 'solo' i
cittadini, ai quali deve essere riconosciuto il grande demerito di
disinteressarsi delle sorti del proprio ospedale, sono anche i medici che
subiscono sulla propria pelle le conseguenze di un sistema malato. Terminale.
Subissati da una richiesta di salute che proviene da tutta la provincia,
costretti a lavorare in numero ridotto e a fronteggiare le pecche strutturali
del vecchio ospedale, i medici temono che una siffatta situazione possa a breve
diventare la scaturigine di tragiche vicende. Come quella del sangue infetto,
per esempio.
SINTESI - Ottobre 2012: un pool di ispettori ministeriali evidenziò all'interno
del Centro trasfusionale dell'Annunziata di Cosenza gravi criticità: scarse
condizioni igieniche e seri problemi di ordine strutturale. Gli ispettori
romani rilevarono 65 irregolarità, 17 delle quali indicate come gravi.
All'Azienda ospedaliera di Cosenza furono concessi 15 giorni di tempo per
risolvere i problemi meno gravi e 30 per quelli più critici. Solo a giugno
2015, dopo diversi interventi strutturali, le condizioni del Centro
migliorarono e consentirono di ottenere l'accreditamento. Nel luglio del 2013,
il decesso di un settantacinquenne rendese a causa di una trasfusione di sangue
infetto, aprì un capitolo doloroso della sanità cosentina.
Tra le criticità messe nero su bianco dagli
ispettori, era stata inserita anche l'impossibilità di catalogare le sacche di
sangue e la loro provenienza. Un dato non di poco conto se si considera che
poco prima del decesso del settantacinquenne nel luglio 2013 si era verificato
un evento sentinella: un uomo di quarant'anni era stato contagiato da una sacca
proveniente dal centro Avis di San Giovanni in Fiore. L'uomo si salvò grazie
alla tempestività delle cure prestategli. Dopo questo incidente, la direzione
sanitaria richiamò tutte le sacche provenienti da San Giovanni in Fiore, ma
qualcuna sfuggì ai controlli infettando il settantacinquenne. Le indagini
porteranno alla scoperta di un batterio killer, la serratia marcescens, sul
beccuccio del contenitore del sapone lavamani.
In seguito al decesso dell'uomo per la trasfusione
di sangue infetto, giunse a Cosenza Giuliano Grazzini, direttore del Centro
nazionale sangue che, munito di mandato ministeriale, riscontrò il
permanere delle criticità del 2012, rilevando pure che, dopo oltre un anno, gli
interventi compiuti non erano stati risolutivi. Il
rischio per il Centro trasfusionale di Cosenza era quello di non essere
accreditato e subire
un ulteriore depotenziamento, poiché senza accreditamento in ospedale si
sarebbero potuti effettuare solo i prelievi e le trasfusioni, ma non la
lavorazione del sangue che invece sarebbe stata fatta altrove.
Solo
a fine giugno 2015 sono stati
accreditati i Centri trasfusionali regionali, tra cui Cosenza. Ma qualcosa non
è stata considerata: il commissario Scura, infatti, ha emanato il decreto
per l'accreditamento dei servizi trasfusionali che nei fatti ripropone il
decreto dell'ex commissario Scopelliti di
oltre un anno fa. Quest'ultimo stabiliva
per i servizi trasfusionali di Castrovillari, Polistena e Lamezia un'apertura
limitata alle ore mattutine. Il nuovo decreto rinvia, dunque,
l'effettiva attuazione della definizione della rete ospedaliera e
genera alcuni interrogativi: se a Castrovillari si ipotizza un servizio
trasfusionale aperto solo la mattina, che tipo di ospedale si può prevedere? Ecco che le disposizioni
per i servizi trasfusionali, dettate dalla necessità dell'accreditamento,
potrebbero condizionare la nuova rete. Dopo l'alternarsi di voci sulla
riapertura degli ospedali di Praia e Trebisacce, si decide invece di
depotenziare altri presidi con il declassamento dei Trasfusionali degli
ospedali di Lamezia, Castrovillari, Polistena a strutture attive solo di
mattina, che mal si concilia con le attività proprie degli spoke. Non solo, il
decreto che è stato riconosciuto per tutti i servizi trasfusionali della
Calabria, non ha risolto nessuno dei problemi
preesistenti in merito alla carenza di personale, poiché dal 2010 non si
effettuano le sostituzioni del personale andato in pensione. Mancano,
inoltre, le figure dirigenziali a Paola, Lamezia, Catanzaro, Vibo Valentia, Locri,
Polistena, Palmi, Cosenza e i dirigenti-primari nei centri che dovrebbero
diventare sedi centrali di intere aree (Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria).
Il nuovo decreto, riconfermando la ridotta operatività di tre servizi
trasfusionali (Polistena, Castrovillari, Lamezia), in queste aree che
interessano circa 400mila persone determinerà
l'esodo verso Cosenza, Catanzaro o Reggio qualora dovesse verificarsi una
emergenza sangue. Le limitazioni
apportate al sistema trasfusionale regionale già con la validazione del decreto
58 dello scorso anno, riducendo l'operatività a solo sei ore al giorno, ha
prodotto il declassamento di alcuni centri che sono passati da H12 ad H6. La decisione comporta rischi e pericoli,
riconosciuti dal presidente Oliverio che si era impegnato ad apportare le
dovute modifiche, considerato che gli ospedali dotati di reparti chirurgici, di pronto soccorso ed
ostetricia non possono non far fronte all'emergenza sangue. L'attuale decreto conferma pure che il Centro trasfusionale di Catanzaro
diventerà il Centro unico regionale per l'esecuzione di esami indispensabili
alla trasfusione. I motivi di tale decisione risiedono nel fatto che il
capoluogo di regione è situato in posizione baricentrica rispetto alle altre
città. Alcune obiezioni sono state sollevate in merito, visto che la
possibilità di percorsi alternativi migliori sarebbero nella piana di Lamezia.
Il Centro unico regionale dovrebbe essere realizzato in una zona raggiungibile
nel minor tempo possibile e ciò escluderebbe categoricamente Catanzaro. Il
riassetto dei Centri trasfusionali comporterà ripercussioni sulle funzioni
degli ospedali, visto che i servizi trasfusionali coprono la metà delle
attività di un ospedale e sono strettamente connessi con il dipartimento
dell'emergenza, quindi anche con il pronto soccorso. E se negli ospedali
calabresi i pronto soccorso scoppiano, che situazione si creerà con il
depotenziamo degli spoke che sono deputati a ridurre il carico degli hub?
SINTESI: C'è
inoltre un problema che si verifica ogni estate e che quest'anno è stato più
grave: la mancanza di sangue. Nell'ultimo mese di agosto ha raggiunto il minimo
storico in tutti e tre gli hub calabresi, con grosse preoccupazioni per gli
operatori sanitari e per tutti i trasfusi. Ma sono i donatori in vacanza la
causa dell'emergenza? Non solo, visto che anche nelle altre regioni italiane si
sta verificando una situazione analoga a quella dell'Annunziata. Recenti
disposizioni ministeriali sugli accreditamenti dei centri trasfusionali hanno
dimezzato il numero dei centri periferici di raccolta sangue. A ciò si deve
aggiungere la
mancanza di una programmazione regionale annuale del fabbisogno di sangue, con particolare
attenzione ai mesi più 'caldi'.
Dall'inizio della
bella stagione, l'ospedale cosentino vive uno dei suoi periodi più difficili
per quanto riguarda le scorte di sangue. È un problema che si ripresenta ogni
estate, ma negli ultimi mesi si è assistito a un peggioramento della
situazione, anche a livello nazionale, che non accenna a migliorare. Le cause,
oltre a quelle ormai note che allontanano i donatori dai centri trasfusionali
nel periodo delle vacanze, sono ravvisabili nelle recenti disposizioni
ministeriali sugli accreditamenti dei Centri trasfusionali. È stato deciso,
infatti, di dimezzare i centri periferici di raccolta sangue su tutto il
territorio nazionale. Gli effetti sono devastanti se si considera che un hub
come l'Annunziata può contare, in queste settimane, su una quantità minima di
sacche di sangue, insufficiente per le prestazioni che quotidianamente eroga.
In altri termini, le sacche sono così scarse che si cerca di destinarle ai casi
più gravi, sperando che non intervengano imprevisti, ovvero incidenti
particolarmente gravi. In alcuni giorni di agosto, l'ospedale è stato 'sotto'
di oltre una ventina di sacche, tanto da chiedere rinforzi a Castrovillari e a
Lamezia. Saranno bastati gli aiuti? No, perché di sangue hanno bisogno anche i
talassemici. Sono circa una sessantina i pazienti del
Centro trasfusionale dell'Annunziata affetti da Talassemia major che necessitano di trasfusioni in media ogni dieci/dodici
giorni. Un eventuale ritardo della trasfusione comporta un calo dei valori
dell'emoglobina, con ripercussioni notevoli sullo stato generale di salute.
Molti di loro giungono dai vari paesi della provincia e in un mese critico come
quello di agosto corrono il rischio di essere rimandati a casa perché non c'è
sangue. Per i talassemici si allunga, quindi, il lasso di tempo tra una
trasfusione e l'altra, giungendo al limite delle riserve di emoglobina con
conseguenze pesanti sullo svolgimento delle loro azioni giornaliere. Si devono poi
scongiurare incidenti stradali o sul lavoro, visto che detti casi avrebbero la
precedenza sugli altri trasfusi. Il Centro regionale
sangue di Catanzaro, preposto pure a questo compito, avrebbe dovuto, già
dall'inizio dell'anno, stilare un programma preciso per evitare la mancanza di
sangue nei mesi estivi, puntualmente verificatasi. Si sarebbe dovuto prevedere,
partendo dal dato storico, la quantità di sacche necessarie per un hub sulla
base dei consumi mensili e aumentare la dotazione per i mesi estivi con
l'apporto delle sacche provenienti delle varie sedi Avis. È fuor di dubbio che
urge una riorganizzazione del sistema regionale sangue, poiché la Regione non
ha provveduto in tempo a dotare i servizi trasfusionali dei requisiti minimi e
oggi pesa il silenzio del presidente Oliverio e del commissario ad acta per la
sanità, Massimo Scura, sulla carenza di sangue all'ospedale di Cosenza.
Sulla programmazione delle raccolte del sangue ogni anno il ministero della Sanità e il
Centro regionale sangue pubblicano un decreto che contiene il programma di
autosufficienza sangue. Per l'anno in corso la programmazione è stata resa
ufficiale con il decreto 20 maggio 2015, pubblicato sulla G.U. 14 luglio 2015,
con il titolo: "Programma di autosufficienza nazionale di sangue e dei
suoi prodotti per l'anno 2015". Questo documento dovrebbe essere stato
elaborato secondo la seguente procedura: i Centri regionali sangue definiscono con le singole strutture
trasfusionali e con le associazioni di volontariato della donazione le raccolte
in base alle necessità documentate da un consumo 'storico' (cioè quello dovuto
per malati cronici come i talassemici, gli oncologici, la chirurgia ad alto
consumo di sangue) e da quello dovuto per un prevedibile consumo regionale in
aumento. I Centri regionali sangue trasmettono al Centro nazionale sangue
l'esito di questa procedura, che la accoglie e stila il documento ufficiale di
programmazione nazionale. In esso le Regioni possono anche far presente che le raccolte sul
proprio territorio non consentono di far fronte alle necessità, come è accaduto
quest'anno per la Sardegna, il Lazio o la Sicilia che hanno bisogno di essere
supportate da alcune regioni come il Veneto e l'Emilia in cui la raccolta
eccede i bisogni. Si richiede, dunque, una compensazione nazionale, visto che
non si è autosufficienti. La Calabria non richiede compensazione perché ritiene
di essere autosufficiente a raccogliere le 65000 unità previste a fronte delle
63000 del consumo previsto. Il decreto riporta
anche chiare indicazioni sulla necessità di "modulare le chiamate in
relazione ai fabbisogni previsti ed imprevedibili", in particolare nella
stagione estiva, ovvero calcolare il numero di sacche da richiedere tenendo
conto di eventi non prevedibili (incidenti) che aumentano in estate.
I dubbi si sprecano: La programmazione per l'anno 2015 è stata definita e
concordata con i servizi trasfusionali e con le associazioni di volontariato?
Se la
risposta è positiva, perché viene rilevata la gravissima criticità attuale?
Dove e quale struttura non ha potuto adempiere a quanto previsto? Se la risposta è negativa, perché non è stato richiesta la compensazione
nazionale? Per quel che possiamo saperne, la programmazione non è stata definita con i singoli
Centri. Sicuramente alcuni di essi niente sanno ad oggi di questa
programmazione.
APPENDICE - In tutto questo
la Regione ha fatto da osservatore, limitandosi a prender atto, senza alcun
incentivo e senza alcuno stimolo perché da sempre in Calabria è mancato il
punto centrale del sistema, cioè il Centro Regionale sangue. Anche quando una
legge nazionale (219/05) ne ha previsto la funzione e le competenze, dapprima
non si è nemmeno insediato e, poi, è stato deliberato per sanare la necessità,
ma non come previsto e non dotato del necessario personale competente: per
questa legge e per l’attività del Centro regionale sangue veniva previsto un
finanziamento per l’inizio attività e per gli anni successivi. Secondo questa
legge, come per altre in questo settore, i finanziamenti finalizzati non sono
stati spesi per le funzioni. Quindi, un'assenza di direzione dell’intero
sistema che ha avuto il suo culmine quando il Centro regionale sangue doveva
nominare il personale per seguire i corsi che avrebbero dovuti qualificarli per
compiere le visite ispettive in materia di accreditamento, come previsto nel
2011-2012. Una
assenza di direzione che si è tradotta nella mancanza di qualunque intervento
per tempo nei servizi trasfusionali che si sapeva essere carenti, perché nel
2009 i Trasfusionisti presentarono alla Regione un piano per gli
accreditamenti, nel quale venivano descritte le carenze e suggerite le
necessarie correzioni. Le richieste dei Trasfusionisti non hanno mai avuto
alcuna accoglienza da parte della Regione, tanto che due volte si sono dimessi
da rappresentanze regionali. Ma anche questo non ha avuto alcun seguito. La
dottoressa Rizzo riteneva di poter gestire la situazione attraverso il decreto
58 da lei stessa firmato e attraverso le visite ispettive per l’accreditamento,
da lei stessa presiedute. L’intento era chiaro: far coincidere le conseguenze
delle visite ispettive con quanto previsto nel decreto 58 e cioè con la
limitazione delle attività nei servizi trasfusionali di Castrovillari, Lamezia
Terme e Polistena. A Lamezia hanno fatto una visita ispettiva perfino durante i
lavori di ristrutturazione con mezzo reparto chiuso. A Castrovillari si son
trovati davanti un reparto nuovo e ben dotato. In più è venuta fuori la
questione accreditamento a Reggio Calabria, che essendo unico punto provinciale
ha gli stessi problemi di Cosenza. La Regione avrebbe bisogno di un organo
direzionale vero, cioè di un Centro regionale sangue affidato a persona
competente (la dottoressa Rizzo non ha mai svolto alcuna attività in un
servizio trasfusionale) e strutturato.
La protesta
'della tenda blu'
I medici dell'Annunziata protestano da gennaio 2014.
Hanno manifestato sotto una tenda per oltre un mese, sono scesi in piazza,
hanno incontrato più volte i vertici della sanità cosentina e regionale, il
Prefetto, il sindaco e la commissione consiliare sanità di Cosenza, l'ex
sottosegretario alla salute. Hanno organizzato una manifestazione provinciale
il 12 aprile 2014 e un'altra nell'aprile del 2015, sono stati sostenuti dai
quotidiani cittadini, ma nulla si è mosso. Anzi, l'ex presidente della Giunta
regionale calabrese e commissario ad acta Giuseppe Scopelliti ebbe ad affermare
l'anno scorso scorsi con un tweet che “bisognava ribellarsi prima, quando a
Cosenza assumevano portantini, uscieri e amici dei mafiosi”. I sanitari si
chiesero perché il presidente attribuisse a loro responsabilità che erano
invece della politica e perché, soprattutto, gli errori di tale politica
dovessero ricadere sui cittadini, in questo caso anche ammalati. I problemi
dell'ospedale non sono stati determinati né dai medici, né dai cittadini, ma da
coloro i quali hanno voluto questa situazione e che quando devono curarsi
ricorrono alle cliniche svizzere o del nord Italia. É da evidenziare che
l'Annunziata eroga prestazioni che nessun altro ospedale calabrese è in grado
di assicurare. Di contro, le interminabili liste d'attesa per la maggior parte
degli esami e visite – problema che si verifica anche sul territorio –
determina malcontento nei cittadini e molto spesso ricorso alla sanità privata.
Il numero di personale
presente per ruolo, compresi i 40 precari storici, è il seguente:
DOTAZIONE ORGANICA AZIENDALE
|
PERSONALE
PRESENTE
|
DIFFERENZA
|
|
MEDICI
|
622
|
379
|
-243
|
INFERMIERI
|
845
|
580
|
-265
|
OSS
|
318
|
110
|
-208
|
Marzo 2015, minime le variazioni fino a
settembre
Da cosa sono
causati i problemi dell’ospedale di Cosenza?
In buona parte dalla rete territoriale, ovvero l'ASP,
che non funziona adeguatamente. Lo scorso anno è stato scoperto un giro di
consulenze d'oro che i vertici dell'Azienda avrebbero affidato ai loro amici,
sembra con il placet di tutto l'establisment regionale, senza rispettare le
procedure previste. Intanto, i cittadini per curarsi, quando possono, ricorrono
alla sanità privata, spendendo fior di quattrini, quando non possono si mettono
in lista d'attesa per mesi e mesi o si tengono i malanni. A fronte di tanto
disinteresse per i malati, che cosa sono stati due mesi di interdizione per un
direttore generale che avrebbe elargito migliaia di euro a un avvocato amico,
sottraendoli ai cittadini/pazienti che pagano le tasse? E soprattutto: non
sarebbe l'ora di adottare altri provvedimenti nei confronti di chi ha
fagocitato la sanità calabrese? Anche perché le vicende di malaffare nella
sanità regionale si sprecano.
Siamo di fronte a
una politica che ha annullato i diritti e aumentato i profitti
Basta
pensare alle Convenzioni:
una stipulata con l'Istituto Sant'Anna di Pisa, la seconda con l’Umberto I
e l'altra con il Bambin Gesù di
Roma. Con quest'ultimo si è voluto creare nel nosocomio catanzarese una qualificata
équipe di chirurghi pediatrici per
limitare l'emigrazione sanitaria dei calabresi verso le altre regioni. Prima di
apporre la firma, però, a qualcuno è sfuggito che l'accordo prevedeva
l'esecuzione di interventi chirurgici a bassa complessità sui minori. E'
sfuggito anche che l'UOC di Chirurgia pediatrica dell'Annunziata esegue, oltre agli interventi chirurgici più
comuni, anche quelli più rari e ad alta o altissima complessità. Qui, inoltre,
confluiscono casi sanitari pediatrici da tutta la regione e al suo attivo ci
sono ben 1300 interventi annui, tutti attestati sul sito dell'Azienda
ospedaliera. A cosa è servita, dunque, la Convenzione con il
Bambin Gesù? A sostenere una spesa extra di due milioni di euro per interventi
chirurgici che di routine vengono eseguiti a Cosenza? Sembra
che l'ospedale pediatrico romano versi in grosse difficoltà finanziarie e la
possibilità di drenare pazienti da altri nosocomi è fonte notevole di entrate.
Tra l'altro il Bambin Gesù è un ospedale situato nello stato Vaticano e
pertanto non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità italiane.
La Cisl
medici, con un comunicato del 2 settembre scorso, ha denunciato i turni
massacranti nell'unità di Chirurgia pediatrica al Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. «Il management aziendale - si legge nella
nota - preferisce utilizzare per la chirurgia pediatrica ospedaliera, mai
inserita nell’accordo sottoscritto nel 2012 con il Bambin Gesù, personale
precario della struttura privata romana, senza chiarire la norma applicata (esiste?),
piuttosto che personale ospedaliero correttamente reclutato secondo le regole
statali e contrattuali. Per di più, oltre le ingenti risorse spese - in assenza
di delibera e/o determina aziendale che abbia autorizzato l’ufficio preposto al
pagamento della somme spettanti - nel nome di una convenzione che, a dispetto
dei proclami, poco o nulla ha risolto in termini definitivi, il personale del
Bambin Gesù viene retribuito dall’Azienda anche per l’effettuazione proprio dei
turni di pronta disponibilità. Altro che legittimità e trasparenza
amministrativa, perfino la proroga della convenzione è avvenuta senza alcun
atto formale che abbia recepito la volontà aziendale. È una situazione che ha
del grottesco, quella riguardante la Chirurgia Pediatrica del “Pugliese”,
finita negli appetiti di interessi particolari che ben poco hanno a che fare
con l’interesse generale di una comunità».
Istituto Sant’Anna di Pisa - Il 10
giugno scorso, con un Decreto del commissario ad acta Massimo Scura (n. 57)
avente ad oggetto: Adesione
al "Sistema di valutazione della performance dei sistemi sanitari
regionali" - Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa'', si approva ''lo schema
tipo di convenzione... nella quale vengono definiti l'oggetto del contratto di
collaborazione, i reciproci obblighi tra Istituto e Dipartimento tutela della
salute, le altre condizioni di attuazione del contratto e viene specificato
l'onere per la Regione Calabria fissato in complessivi € 40.000,00
(quarantamila,OO) oltre IVA'', dando atto che ''per la realizzazione delle
attività di cui al presente atto si utilizzeranno le risorse previste per
l'attuazione del PRP 2014-2018 per come stabilito con l'Intesa Stato-Regioni
Rep. Atti n.156/CSR del 13 novembre 2014, quantificate in complessivi €
40.000,00 (quarantamila,OO) oltre IVA''; ritenuto che ''il sistema di
valutazione della performance dei sistemi sanitari regionali attivo presso la
Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa è uno strumento idoneo per sviluppare negli
operatori del SSR un una capacità di approccio al benchmarking in una logica di
trasparenza oltre alla capacità di ciascuno di condividere lo strumento di
valutazione quale mezzo per uscire dall'auto-referenzialità, al fine di
intraprendere un percorso di miglioramento della performance guidato dal costante
confronto con altre realtà più o meno simili'' si ritiene ''per
potere compiutamente relazionare al sistema istituzionale regionale, in
adempimento al disposto
normativo di cui al citato decreto, è necessario disporre di valutazioni
comparative in subordine alle seguenti dimensioni della performance del sistema
sanitario regionale: stato di salute della popolazione, capacità di perseguire
le strategie regionali, valutazione sanitaria, valutazione dell'esperienza
degli utenti e dei dipendenti, valutazione della dinamica economico-finanziaria
e dell'efficienza operativa; necessario pertanto introdurre un sistema di
valutazione delle performance scientifico e collaudato, fondamentale che la
Regione Calabria si confronti con le migliori regioni italiane in ambito
sanitario (benchmarking) anche per eliminare l'autoreferenzialità del proprio
sistema''.
In altri termini: la Regione pagherà alla Scuola
Sant'Anna di Pisa € 40.000 affinché valuti le attività del Sistema sanitario
regionale.
15 milioni per un nuovo Advisor
Poco prima di Ferragosto, la struttura commissariale
decide il destino dei 19,5 milioni di euro giacenti nella casse della Regione
per l'edilizia sanitaria. Si tratta di fondi dell'ex articolo 20, che il
commissario propone di utilizzare per tre interventi, previa proposta al Tavolo
di verifica. Uno di questi interventi prevede la realizzazione di un sistema di
monitoraggio centrale e locale per la raccolta, l'elaborazione, l'analisi e il
controllo dei dati a livello regionale per il governo delle attività sanitarie
del SSR. Fino ad oggi il monitoraggio è stato fatto dall'advisor nominato dal
governo e pagato dalla Regione, il KPMG, al costo di 2,5 milioni di euro
all'anno. Per il nuovo sistema, la struttura commissariale prevede di investire
15 milioni per tre anni. Il contratto con KPMG è terminato, l'advisor è inviso
a quasi tutti i consiglieri regionali perché in questi anni il lavoro non solo
non è stato chiaro, ma nel caso dei debiti dell'ASP di Reggio Calabria, non ha
impedito che si potessero sventare truffe. A cosa sia servito il KPMG se lo
chiedono in molti, a fronte dei milioni che ha intascato ogni anno.
La piaga del
nuovo commissario ad acta per il Piano di rientro
NELLA fretta di presentare qualcosa al tavolo ex
Massicci in modo da sbloccare i 100 milioni di premialità, il commissario ad
acta Massimo Scura ha proposto in blocco il piano di riordino della rete
ospedaliera elaborato da Urbani all'epoca di Scopelliti. Il piano avrebbe
dovuto analizzare i fabbisogni di salute dei calabresi, adeguarli agli standard
ospedalieri nazionali, stabilire, cioè, di quanti abitanti deve essere formato
il bacino d’utenza perché una determinata specialità possa essere strutturata
in unità complessa. Se per una cardiochirurgia,
per esempio, necessitano due milioni di abitanti per mantenere alti standard di
efficacia ed efficienza, considerato che la Calabria conta 1,8 milioni di
abitanti si dovrebbe avere una sola cardiochirurgia in regione. Così si sarebbe dovuto agire per tutte le altre
specialità. Il piano di riordino avrebbe, inoltre, dovuto esplicitare i criteri
e le linee guida per gli atti aziendali, invece si è sostituito completamente a
questi, riducendo quasi a zero gli spazi dei direttori generali. La cosa più
grave, però, è l’assoluta mancanza di qualsiasi criterio generale e oggettivo
nella stesura, che non si basa sui fabbisogni di salute dei cittadini di una
certa area, ma su dati storici delle prestazioni erogate dalle Unità Operative
Complesse (UOC) esistenti. Se l’Ortopedia di Cosenza lavora con solo 7 medici è
chiaro che non può soddisfare celermente i bisogni di un vasto bacino d'utenza come quello dell'Annunziata. Di
esempi del genere, in questo piano, ve ne sono a iosa: la Dermatologia che
resta UOC a Reggio e a Catanzaro, mentre a Cosenza diventa Unità Operativa
Semplice (UOS); la Chirurgia toracica, molto importante e con ottima casistica
a Cosenza, resta UOS con 10 posti letto e a Catanzaro e Reggio sono invece UOC.
Discorso a parte deve farsi per la Terapia Intensiva Neonatale (TIN), in cui si è creata una evidente sperequazione e si deve aggiungere che Cosenza è punto di riferimento
regionale per la Chirurgia pediatrica e, particolarmente, per quella neonatale.
Quale logica è stata perseguita? Cosenza è un
ospedale HUB e la sua provincia è la più estesa della regione, ma dai numeri
riportati è chiaro che non è stato applicato alcun criterio oggettivo nella
stesura del piano di riordino.
Declassata
Dermatologia a Cosenza, ecco i numeri:
Nel 2014 l'Unità
di Dermatologia ha eseguito 12.000 prestazioni, tra cui 2000 visite di
Pronto soccorso e di consulenze urgenti, 350 interventi chirurgici, 750
trattamenti laser, 2000 trattamenti di fototerapia, 1000 visite di
dermatologia pediatrica, 700 dermatoscopia in Epiluminescenza computerizzata,
300 capillaroscopie. É anche centro di riferimento per le malattie rare, per
la psoriasi, per le malattie sessualmente trasmesse, per dermatiti allergiche
da contatto, per tumori cutanei (melanomi ed epiteliomi) ed è l'unico centro
calabrese che effettua microfototerapia con laser ad eccimeri come in
pochissimi centri pubblici del territorio nazionale. Nella stessa sede si
effettua terapia Fotodinamica. Non si comprendono le ragioni che hanno
trasformato l'unità complessa di Dermatologia dell'Annunziata in unità
semplice, mentre a Catanzaro le unità complesse sono state addirittura
raddoppiate.
|
Terapia Intensiva
Neonatale (TIN)
CITTA'
|
UOC POSTI LETTO
|
BACINO DI
UTENZA
|
PERCENTUALE
DEL TERRITORIO REGIONALE
|
COSENZA
|
10
|
800.000 abitanti
|
45%
|
CATANZARO
|
5
|
Cz, Kr, RC, Lamezia
1.000.000 abitanti
|
Cz, Kr, RC, Lamezia 55%
|
CROTONE
|
4
|
||
LAMEZIA
|
2
|
||
REGGIO CALABRIA
|
8
|
C'è poi un progetto denominato Nativity che
è stato accompagnato da una scia di polemiche. Benché sconosciuto a molti
medici è giunto alla sua seconda edizione e si è svolto nelle scorse settimane
a Lamezia. Rivolto ai ragazzi delle scuole elementari e medie e alle loro
famiglie per apprendere i rudimenti della prevenzione sanitaria e le regole
della corretta alimentazione attraverso attività ludiche, è stato voluto dall'ex
presidente Scopelliti per portare in Calabria il meglio della pediatria.
L'ambiente sanitario ha avversato l'iniziativa, poiché l'esperimento fatto
anche a Roma si è rivelato un fallimento. In conseguenza a ciò, il progetto è
stato proposto alle regioni meridionali. Dalle poche notizie circolate, sembra
che il costo dell'iniziativa si sia aggirato intorno alle 200.000 euro e che
siano stati utilizzati i fondi destinati alla formazione del personale. Solo
sprechi mentre all'hub di Cosenza manca l’essenziale.
Mariano Santo
E come se non bastasse, a marzo 2015 si è deciso di evacuare il Mariano Santo. L'ex sanatorio, edificato negli
anni '30, è ancora oggi un punto di riferimento per pazienti affetti da
patologie di gravissima entità. In
seguito ad una relazione predisposta dalla ditta che stava effettuando i lavori
di ristrutturazione dell'edificio, che descrive lo stato di ''una situazione
insoddisfacente'', è stato deciso di evacuare lo stabile, nonostante nella
relazione non si parli di un rischio incombente. Lo sgombero, dunque, è sempre
apparso come un provvedimento forzato. Il problema sembra essere il
calcestruzzo usato per alcune travi dell'ultimo piano della struttura, che non
risponde ai criteri odierni. Una situazione che probabilmente ricorre in tante
costruzioni coeve del Mariano Santo, tra cui l'Annunziata, per la quale già dal
2010 è stato dichiarato lo stato d'emergenza. Il nodo della questione verte tuttavia sulle
''carte'', cioè sulla relazione tecnica disposta dalla ditta appaltatrice dei
lavori che non riportano, tuttavia, il requisito
di pericolosità imminente. Non
si può decidere uno sgombero se in nessuna relazione è acclarato un rischio.
Una contro relazione doveva essere fatta. Infatti, sembra che la relazione
predisposta dalla ditta descrivesse lo stato di ''una situazione
insoddisfacente'', forse riferita agli obiettivi del progetto, ma che non
dichiarasse l'esistenza di un rischio per l'incolumità. Dopo incontri, tavoli
tecnici, servizi giornalistici, a primavera inoltrata, il Mariano Santo si
procede all'evacuazione. Una parte delle Unità operative vengono trasferite
all'Annunziata e le altre al Santa Barbara di Rogliano. I lavori dovrebbero concludersi per la fine del 2015, secondo
quanto sempre dichiarato dai vertici della sanità cosentina e della ditta
appaltatrice.
ULTIME sulle assunzioni all'Annunziata – 26 agosto 2015
IL
DECRETO n. 87 sulle assunzioni firmato dal commissario ad acta Massimo Scura
l'undici agosto è stato seguito, a ventiquattr'ore di distanza, da una lettera
dello stesso commissario che rimodulava alcuni punti riportati nel decreto.
Ricordiamo che quest'ultimo aveva sollevato una serie di dubbi tra gli
operatori sanitari, poiché le assunzioni previste dal documento erano state
subordinate al
raggiungimento di alcuni obiettivi fissati dal commissario, tra cui la
Rendicontazione Obiettivi P.S.N. 2011-2014 e 2015. Nella lettera del 12
agosto, al fine di garantire ''il regolare funzionamento dei reparti e dei
servizi nel periodo estivo e permettere al personale di usufruire delle
ferie'', mettendo da parte gli obiettivi, il commissario acconsentiva, in
deroga a quanto previsto nel provvedimento commissariale, ''il reclutamento
immediato a tempo indeterminato di Infermieri e OSS''. La lettera invitava,
inoltre, i direttori e i commissari delle aziende calabresi ''a preferire lo scorrimento
delle graduatorie concorsuali, in corso di validità, anche delle altre Aziende
del SSR, rispetto alla mobilità volontaria''.
Le ferie
volgono ormai alla fine e il reclutamento del personale disposto dalla lettera
del commissario non è avvenuto a causa dei tempi ristretti. Il 25 agosto è
giunta la notizia che la rendicontazione obiettivi è stata raggiunta e quindi
potranno iniziare subito le procedure sia per la stabilizzazione di tutte le
figure precarie, sia per l'assunzione del personale infermieristico, come
indicato nel decreto 87.
Con il
raggiungimento degli obiettivi di piano - cioè la realizzazione di alcuni
progetti finanziati per la terapia del dolore, per le malattie rare, per il
rischio clinico, solo per citarne alcuni - l'azienda ospedaliera potrà
procedere alle assunzioni delle 142 unità previste dal decreto, tra cui 68 medici, 40
infermieri e 24 OSS. Di questi, la metà dei posti saranno riservati ai
precari. A breve partiranno i telegrammi per i nuovi venti infermieri, per i
quali sarà utilizzata la graduatoria dell'ospedale di Catanzaro. Per i precari
si procederà, invece, con un avviso interno, mentre per tutte le altre nuove
figure, eccetto gli infermieri, sarà bandito un concorso. Le 142 unità si
sommeranno alle altre 36 (20 medici, 16 infermieri per l'area emergenza)
previste dal decreto 17, di cui una parte è stata già reclutata tramite gli
avvisi di mobilità regionale.
In seguito, se ci sarà
bisogno di altro personale, si potrà procedere ad eventuali assunzioni solo se
saranno raggiunti altri obiettivi, previsti sempre dal decreto 87. Si dovrà
dimostrare entro fine anno di aver ridotto la spesa farmaceutica e aver
abbattuto le spese per Beni e Servizi. Obiettivi che, fanno sapere dall'azienda
ospedaliera, saranno quasi sicuramente raggiunti.
SANITÀ
PUBBLICA: il problema è duplice, oltre alle inefficienze
dell'Annunziata che nessuno (né Scura, né Oliverio, né il ministro) ha la
volontà di risolvere, si profila in città una situazione allarmante per
l'espansione dell'impero de 'iGreco'. Questi hanno messo le mani su buona parte
della sanità privata cosentina e ora vorrebbero costruire una struttura
sanitaria che impropriamente chiamano ospedale e che chiederà gli
accreditamenti regionali, ovvero fondi pubblici che finiscono nelle mani di
privati, secondo l'anomalia italiana che permette siffatte situazioni ibride.
In una struttura privata si assume non per concorso, ma per clientelismo.
Immaginiamo, dunque, il peso che avrà la creazione di una casa di cura privata
che chiede, però, fondi pubblici?
Potenti
e legati ad esponenti di peso della classe politica calabrese di ogni colore –
e non solo – iGreco hanno in mente un progetto sanitario che sbaraglierà la
sanità pubblica, o meglio quel che resta da sbaragliare... considerato il suo stato
attuale. Una concentrazione di potere nelle mani di questi fratelli (come se da
noi mancassero famiglie in politica) è preoccupante, anche perché essi sono
vicini agli altri fratelli politici nostrani con cui stringono rapporti di
diversa natura. Hanno un immane patrimonio economico, quindi possono acquistare
beni e persone. Sono vicini agli Occhiuto, ai Gentile, a Scopelliti. Il loro
cosiddetto 'ospedale' probabilmente si farà, mentre il nuovo ospedale di
Cosenza, nonostante gli annunci e le prese di posizioni di Scura e Oliverio
(farlocche) non sarà mai edificato, sia per accordi ed equilibri che non si
raggiungeranno mai, sia per i fondi che non ci sono. Ogni tanto si parla del
nuovo ospedale solo per distrarre le masse e i sanitari cosentini dai veri
problemi dell'Annunziata e allontanare, così, le eventuali risoluzioni degli
stessi.
Si
auspica che le promesse delle assunzioni e dei concorsi non rimarranno solo
sulla carta, visto che il bastimento Annunziata affonda inesorabilmente e con
esso la salute dei cosentini non benestanti. In un anno e mezzo di proteste le
cose sono peggiorate e oggi si è finalmente capito cosa sottende la sanità
calabrese. Il diritto a star bene, a non soffrire, non deve essere assicurato
esclusivamente a chi può permettersi di curarsi fuori dalla Calabria, a maggior
ragione se si pensa che anche chi non la possibilità di emigrare è un
contribuente che paga le tasse con lacrime e sangue.
SANITÀ PRIVATA: A parte
iGreco si devono temere altre situazioni, come il caso del Marrelli hospital di
Crotone. Inconcepibile. Non possiamo permettere che i fondi della sanità
vengano destinati anche a strutture private, specialmente se appartenenti a
gente che ha amministrato la Regione fino a pochi mesi fa e che ha regolato
tempi e modalità della fine della passata legislatura regionale. Se finalmente
ci siamo sbarazzati della Campanella, non possiamo ora consentire che altri
seguano il suo esempio. Basta con il privato finanziato dal pubblico, e non
solo in sanità.
Il caso Marrelli hospital - Non abbiamo fatto in tempo a
liberarci della fondazione Campanella che altri privati della sanità si sono
messi in testa che gli accreditamenti regionali, cioè soldi pubblici, devono
esser PRETESI per finanziare i loro interessi privatissimi, camuffati, invece,
da interessi generali a favore della salute dei cittadini. L’accreditamento viene dopo
che è stato dato il decreto di apertura della struttura e dopo che si dimostra
il possesso dei requisiti. Marrelli ha fatto il contrario, ha assunto anche personale
- non si sa su quale base, sicuramente non dopo un qualsivoglia concorso - che
manda a protestare. Sono pure stati a Roma. Il privato finanziato dal pubblico
è uno scippo di risorse ai cittadini, i quali già soffrono per i tagli e per
gli imbrogli in campo sanitario. I Calabresi in primis. Se poi consideriamo che
Marrelli è il marito di Antonella Stasi, vice di Scopelliti e presidente
facente funzione della Regione Calabria fino a novembre 2014, allora le cose
assumono un aspetto multiforme. Voglio solo ricordare la non volontà della ff a
decidere la data delle elezioni, rimandata più volte per disparati motivi.
Quanti e quali interessi familiari la signora avrà curato in quel periodo?
Quali benefici avrà ottenuto per il Marrelli hospital? Per diverse settimane,
Scura non è sembrato propenso a erogare nulla, ma l'arroganza dei due coniugi
in una trasmissione e con i media in genere, le richieste continue dei
finanziamenti che fanno passare come dovuti, il denaro e certi meccanismi che
muovono il carrozzone Marrelli non lasciano prevedere niente di buono. Dulcis
in fundo, è giunto anche il monito di un vescovo a loro favore. Assurdo! La
chiesa pensi alle sue cose spirituali e non a togliere ai poveri, i cittadini
in questo caso, per dare ai ricchi, Marrelli e sanità privata. Vergogna. Urge
una crociata a favore del pubblico in ogni settore, ma in sanità ancor di più.
Intanto all'Annunziata un altro medico colpito da infarto, i turni sono
massacranti e la cosa grave è che questa persona è il primario di Ortopedia,
unità dell'Emergenza sottodimensionata, anzi disastrata da anni. Questo perché
il Piano di rientro dal deficit sanitario impedisce di assumere personale, la
cui carenza è il vero problema del nostro ospedale. Però diamo i soldi ai
privati...
Sulla polemica del sindaco
di Catanzaro all'annuncio della costruzione di un nuovo ospedale a Cosenza
Ritengo sia scellerato fare
la guerra a una città della stessa regione, il becero campanilismo non DEVE
esistere specialmente nel campo della sanità. Gli ammalati sono tutti uguali e
devono avere TUTTI il diritto di curarsi, ad ogni latitudine. Il sindaco di
Catanzaro sembra aver dimenticato tutti i privilegi che la giunta Loiero – e
qualcuno anche prima di lui – ha concesso alla città capoluogo, benefici a iosa
destinati non agli effettivi bisogni dei catanzaresi, ma alla necessità di alimentare clientele e assurdi campanilismi.
Cosenza è incomprensibilmente penalizzata da decenni in ogni settore: pur
essendo il capoluogo della provincia più vasta ha subito ben nove chiusure di
spoke nel suo territorio e a fronte di ciò ha accolto e accoglie, sebbene con
mezzi e personale insufficienti, pazienti da tutta la regione. E lo farà
ancora, perché gli ammalati sono tutti uguali e non meritano di essere trattati
come argomenti elettorali su cui vincere o come pretesti per fare la guerra a
una città che si è sempre attirata le invidie delle altre calabresi.
E se il Pugliese Ciaccio risale
agli anni ’60, come fa notare il sindaco di Catanzaro, sappia Abramo che l’Annunziata
è stato costruito negli anni ’30, che Cosenza a differenza di Catanzaro non ha
avuto la Campanella (fonte di sprechi, ingiustizie e sbeffeggiamenti a livello
nazionale con la famosa puntata di Report) o l’azienda Mater Domini, né il buco
nero del policlinico di Germaneto chiuso da anni, né ha fatto la guerra ad
alcuno quando a volte ha espresso la volontà di poter ospitare nella sua
università una facoltà di medicina. Catanzaro si è sempre opposta, NON
RICORDANDO che negli anni ’70 si era
stabilito che Catanzaro sarebbe diventato capoluogo della regione e Cosenza
sarebbe stata la sede dell’università della Calabria. Catanzaro, invece, ha
avuto anche l’università. A noi fa piacere che pure le altre città calabresi
siano sede di università e che ognuna abbia ospedali e quant’altro possa far
crescere il popolo calabrese, ma per favore non venga a dirci che Catanzaro
deve venire prima o dopo di Cosenza. Non esiste un prima o un dopo quando si
parla della salute della gente, si valutino le necessità e si operi in base
alle priorità, nel rispetto delle regole e dei bisogni dei cittadini. Abramo ha
dimostrato di non conoscere la realtà sanitaria cosentina e soprattutto – mi
duole scriverlo – ha dimostrato che le frustrazioni nei confronti di Cosenza
sono così grosse che non ha nemmeno colto come l’operato del presidente
Oliverio non sia stato, finora, affatto sbilanciato verso la città dei Bruzi.
«Il "sorpasso" di Cosenza su Catanzaro – scrive Abramo - nella
realizzazione del nuovo ospedale non ci sta bene», il sorpasso, egregio sindaco
Abramo, Cosenza lo ha già attuato abbandonando i campanilismi e dimostrando la
secolare apertura mentale per la quale tante invidie si è attirata e,
purtroppo, ancora continua ad attirarsi.
5-10-2015
©Francesca Canino