‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”. Cosenza, 3 gennaio 1895 Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria
Ci saremmo aspettati quantomeno un comunicato
ufficiale da parte dell’Azienda ospedaliera di Cosenza in merito all’emergenza Coronavirus.
Nelle ultime ore, infatti, sono stati accertati circa un centinaio di casi, circoscritti
al Nord, che hanno generato polemiche e fobie in tutta la penisola.
Si teme di non essere in grado di gestire quella che
è stata definita la “pandemia degli anni ‘20” e se da una parte ci si affretta
a informare la popolazione sui reali rischi derivanti dal contagio da
Coronavirus, sulle precauzioni da adottare per prevenirlo e sulle misure da attuare
se c’è il sospetto di essere stati infettati, dall’altra ci si prepara
concretamente a fronteggiare situazioni di rischio.
A Cosenza, in molti si chiedono se l’ospedale
Annunziata, con i suoi infiniti problemi, sarà in grado di affrontare eventuali
casi di contagio. Per questo motivo, già da ieri sera, i cittadini hanno
sperato di leggere un comunicato dei vertici dell’Azienda per essere rassicurati
che l’Annunziata è pronta a diagnosticare e a prendersi cura dei probabili
pazienti. Nulla, invece, è stato diramato, poiché il commissario dell’Ao bruzia
e il direttore sanitario sono fuori sede. Nel fine settimana, infatti, le due
dirigenti ritornano nella loro Bergamo e l’ospedale si arrangia come può anche
in presenza di problemi straordinari. A dire il vero, la lontananza non
giustifica la mancata diramazione di quattro righe per tranquillizzare i
cittadini, visto che un comunicato poteva essere scritto e inviato agli organi
di stampa anche da Bergamo. Ciò conferma la distanza, non solo fisica, della
dirigenza ospedaliera sia dall’utenza, sia dal nosocomio che dovrebbero guidare.
Ora, la speranza è che ritornino dal Nord senza rischiare la quarantena.
Ci siamo, tuttavia, informati e abbiamo saputo che l’ospedale
di Cosenza è in grado di diagnosticare e predisporre le cure necessarie se si
presenteranno persone contagiate al Pronto soccorso. È, infatti, in condizione
di effettuare il test e sono state ulteriormente potenziate le unità di
Virologia e Malattie infettive. Inoltre, in seguito a una direttiva del
ministero della Salute, nel caso si risultasse positivi al test, il contagiato sarà trasferito all’ospedale “Pugliese” di Catanzaro, che, per la sua posizione centrale in Calabria, è stato individuato dalla Regione
come centro di raccolta.
Solo pochi giorni fa, la sanità cosentina ha toccato
una delle punte più alte dell’indecenza: il Commissario Straordinario dell’Azienda Sanitaria di Cosenza, Daniela
Saitta, mentre da una parte
disponeva la chiusura degli Uffici Legali periferici di Corigliano-Rossano e di
Castrovillari, dall’altra pubblicava una determina con la quale assegnava un
incarico di collaborazione alla figlia.
La notizia ha suscitato, in
poco tempo, una tale indignazione che la stessa Saitta si è vista costretta a
revocare
l’incarico nel giro di qualche ora. Rischia di perdere il posto, ma nessuno ci
crede.
Tornando alla drammatica situazione
sanitaria provinciale creata dall’Asp di Cosenza negli ultimi anni, è
importante evidenziare quanto sta
accadendo all’ospedale di Castrovillari, in via di smantellamento giorno
dopo giorno. Tra reparti soppressi, medici mancanti e blocco dei ricoveri, l’ospedale
del Pollino ha il destino segnato. Una vasta area resterà senza un nosocomio in
grado di prestare cure ai residenti, soprattutto senza un pronto soccorso. I
pazienti si riverseranno naturalmente all’hub di Cosenza, ospedale regionale che
non vive, tuttavia, una delle sue stagioni migliori.
Il silenzio calato da
tempo sull’Annunziata non è indicativo di cambiamenti favorevoli, quanto di una
abulica strategia imposta. Il commissario straordinario, Giuseppina Panizzoli, insediatasi
a luglio scorso, non ha impresso alcuna svolta alla situazione dell’ospedale
cittadino, carente di personale e di organizzazione. A distanza di circa nove
mesi dal suo insediamento, è ricordata solo per la nomina del direttore
sanitario, Bettelini Simonetta Cinzia, il cui ultimo incarico è
stato quello di dirigente medico assegnato al servizio vaccinazioni di Mantova.
Caratterizzate da un immobilismo uguale solo a quello del commissario ad acta per il piano di rientro Saverio Cotticelli, le due donne ricoprono importanti
incarichi solo sulla carta, mentre tutto intorno a loro precipita. L’Annunziata
è allo sbando e gli effetti ricadono sui pazienti dell'intera provincia
cosentina, in special modo su coloro i quali si rivolgono al pronto soccorso,
rinomato per la disorganizzazione e per la penuria di personale. I contribuenti ringraziano.
L’impressione è che negli ultimi tempi si sia
tentato di ri-colonizzare la sanità calabrese con la complicità dei sempiterni domini
locali, che da decenni e decenni lucrano, fagocitano, decidono, impoveriscono l’offerta
sanitaria a vantaggio personale. Stavolta il diktat ha previsto il silenzio e l’inerzia
finalizzati alla distruzione della sanità pubblica cosentina, che favorirà,
avrete già compreso, una nuova sanità privata e le cure fuori regione. Magari
in Lombardia.
Nel mese di dicembre del 2017, la Soprintendenza
archeologica della Calabria presentò in pompa magna il ritrovamento di uno
scheletro fossile completo di Elephas Antiquus, rinvenuto nel lago Cecita. Una
specie estintasi circa 30.000 anni fa. Un vero tesoro archeologico. Nel corso
del convegno fu dato un annuncio importante: il fossile estratto dal lago
sarebbe stato mandato presso l’Università del Molise per essere studiato e
datato con il carbonio 14. L’incarico fu affidato alla dottoressa Antonella
Minelli. La regione Calabria promise un congruo finanziamento per coprire le
spese sostenute per gli scavi, per lo studio e per il restauro dei reperti, i
quali, infine, sarebbero dovuti tornare in Sila per divenire attrazione
turistica.
L'ex presidente della Regione Mario Oliverio, uomo della Sila, si mostrò molto
soddisfatto per la scoperta del fossile, ritrovamento che avrebbe potuto
arricchire l’offerta culturale del nostro territorio, che lui amministrava. Ma,
a due anni di distanza dal ritrovamento, nessuno studio e restauro è stato
effettuato sui fossili dell’Elephas. Gli studiosi e gli appassionati
aspetteranno invano. Perché? Nessuna responsabilità deve attribuirsi alla
Soprintendenza, né tantomeno all’Università del Molise, dove i reperti
giacciono ancora impacchettati da oltre due anni. È la Regione Calabria ad aver
mostrato come sempre poca serietà e interesse, poiché in tutto questo tempo NON
HA EROGATO il finanziamento promesso e, dunque, nessuno studio si è potuto
effettuare. Figuriamoci se si può finanziare una nuova campagna di scavi sul
Cecita, dove il paleolago antico, oggi bacino artificiale, potrebbe rivelare
molte altre meraviglie fossili. Pensate che una sola zanna fossile pesava 800
chili! Che meraviglia, che gigantesco mastodonte! Come sempre, noi calabresi,
abbiamo un tesoro sotto i piedi e non siamo in grado di sfruttarlo.
Questa è la storia di un elefante. Raccontarla
non è semplice poiché inizia in un tempo molto lontano e sfida la memoria e la
storiografia ufficiale. Ma ne vale la pena e ci proviamo anche se c'è ancora
molto da scoprire.
In un’area denominata Incavallicata,
sita nel comune di Campana (Cs), si erge un megalite di circa sei metri
raffigurante un elefante. Di fronte ad esso è posto un altro megalite,
denominato il Gigante o il Ciclope, raffigurante due gambe di quasi sette metri
di cui manca la parte superiore, probabilmente crollata nel corso dei secoli.
Di grande impatto visivo ed
emozionale, le Pietre dell’Incavallicata sono state oggetto di studio da parte
di Domenico Canino, architetto e studioso cosentino, che, esaminando antiche
monete, mappe del territorio e vecchi manoscritti, è riuscito a formulare
alcune ipotesi sulla presenza dei due megaliti di Campana.
Dai primi mesi del 2003, da quando
cioè l'architetto si è imbattutto nelle Pietre dell'Incavallicata,
periodicamente gli organi di stampa locali e nazionali hanno dato spazio ai due
megaliti, una vera e propria scoperta sebbene a Campana queste Pietre siano
note da sempre.
Ma che ci fa un elefante nella Sila
Grande?
Il pachiderma era conosciuto dagli
indigeni sicuramente prima della venuta in Calabria di Pirro e Annibale, come
attestano diverse monete coniate in epoche anteriori ai due condottieri sulle
quali si riscontra l'effigie dei grossi animali. Terra di elefanti, dunque, ma
con le zanne perpendicolari al terreno, particolare che esclude l’appartenenza
al tipo africano e indiano. Si tratta, infatti, del loro progenitore, un
Elephas Antiquus, tesi suffragata dai vari ritrovamenti fossili di questa
specie a Reggio Calabria, nella valle del Mercure in Lucania e nei pressi di
Castrolibero nel cosentino. Verosimilmente, gli antichi abitanti della zona
vollero scolpire sulla pietra i grossi animali così come apparivano ai loro
occhi, non si sa se per idolatrarli o per immortalare momenti significativi.
L’elefante di Campana è rivolto verso Sud-Est, in direzione di Crotone, mentre
il Gigante è rivolto verso Nord-Est, in direzione di Sibari. La posizione e
l’orientamento di queste grandi pietre potrebbero avere un significato di
natura astronomica, come tutti i grandi megaliti europei. L’elefante doveva
avere in groppa un cavaliere, come si evince dalla presenza di due gambe monche
sul suo dorso. Ciò spiegherebbe l’origine del toponimo Incavallicata. Ma c’è di
più. Una zampa posteriore dell’elefante è scolpita in ‘movimento’, come se
l’animale stesse avanzando verso il colosso che ha di fronte. Una battaglia,
forse, alla base del toponimo ‘Cozzo di Callimaco’ o Calamacca (bella
battaglia), con cui l’area è denominata già nelle antiche mappe del 1600,
copiate dalle cartapecore aragonesi della seconda metà del 1400.
Vincenzo Padula, storico acrese, nel
suo libro ‘’Calabria prima e dopo l’Unità’’ scritto intorno al 1876, parlando
di Campana non può fare a meno di citare le Pietre dell’Incavallicata come
punto notevole del territorio. Ne ribadisce l’origine antica e pelasgica,
citando come possibili autori dell’opera i Pelasgi, ovvero i misteriosi popoli
del mare che intorno al 1100 a.C. avevano combattuto contro i faraoni egiziani
e che avevano navigato in tutto il Mediterraneo.
Nelle ricerche d’archivio sulle
Pietre dell’Incavallicata è stata rinvenuta un'altra preziosa traccia: si
tratta di un componimento del vescovo e poeta Francesco Marino, nativo di
Campana, innamorato del suo paese, ma costretto a starne lontano per lungo tempo
perché nominato vescovo di Isola Capo Rizzuto. Diversi gli scritti dedicati
alla sua terra, tra i quali un sonetto in cui è citato un ‘gran Colosso’. Il
riferimento alla pietra che oggi è denominata il Ciclope o il Gigante sembra
evidente: era come tutti i Colossi dell’antichità una statua enorme
rappresentante un essere umano, che crollò a causa di fortissimi terremoti,
interpretati dallo stesso autore come punizione divina. Apprendiamo dalle fonti
che nel 1600 a Campana si susseguirono tre terremoti: il primo il 27 marzo del
1638, fortissimo, poi altri due di minore intensità nel 1649 e nel 1659. Prima
di allora il gran Colosso era, forse, ancora in piedi. È probabile che i tre
terremoti verificatisi a Campana nel corso del 1600 abbiano distrutto la parte superiore
del gran Colosso o il Gigante, come è denominato sulle mappe della Calabria già
dalla fine del 1500. Quel che resta del Ciclope, oggi, sono le due gambe sino
all’altezza del ginocchio, alte 7,50 metri: qui la statua si interrompe
bruscamente, anche se ci sono due grossi frammenti in bilico sulla sua sommità.
Rappresentava, probabilmente, una persona in posizione seduta, sia per via
della barra che unisce le due ginocchia che per la curvatura particolare della
parte posteriore delle gambe, curvatura che fa presupporre una torsione del
tronco rispetto alla posizione delle gambe, come nei colossi egizi di Memnone.
E
veniamo all'altra Pietra, quella raffigurante un elefante. In tempi recenti,
molti scultori giunti sul sito hanno riconosciuto che è stata una mano umana a
dar forma alle Pietre. Infatti, l’occhio dell’Elefante, sul lato destro, è
stato nettamente scolpito con due colpi d’utensile tagliente dal basso e
dall’alto. Le due gambe mozzate tronco-cilindriche dell’uomo a cavallo
dell’elefante sono presenti sulla parte sinistra e su quella destra ed esclude
che siano rocce naturali, poiché nessun vento scolpisce una roccia in perfetta simmetria su due lati.
Inoltre, la zampa anteriore sinistra (la più consumata) è scolpita nell’atto
del camminare, in un movimento in flessione ponderale che ricorda alcune
sculture greche di epoca classica. E se si osserva con la dovuta attenzione, è
visibile anche la zampa anteriore con un grande profilo cilindrico. La zanna
destra, enorme, incurvata a sciabola verso il basso, fa escludere tutte le
specie oggi esistenti di elefanti e fa pensare all’Elephas Antiquus che ha
popolato la penisola italica sino a circa 3600 anni fa, cioè solo ottocento
anni prima dell’avvento dei Greci in Calabria.
Realizzate
in scala molto più grande del vero da una civiltà antica che sapeva lavorare la
pietra con grande abilità, i due megaliti scolpiti risalgono presumibilmente a
qualche millennio fa. L’interrogativo che queste meravigliose opere d’arte
(preistorica?) ci pongono è: quale civiltà le ha scolpite? Forse gli abitanti
dell’area orientale della Calabria che si affaccia sullo Jonio, ove esisteva,
in epoca neolitica (3500 a.C.), una civiltà di uomini che viveva nelle caverne,
definita Chones dalle antiche fonti greche, ovvero uomini delle caverne? Il
nome Incavallicata, invece, si riferisce alla posizione sovrapposta delle
pietre, cioè pietre accavallate.
Le Rocce della ‘Ncavallicata sono
sculture e non pietre erose dal soffio del vento, come qualcuno sostiene. Non
c’è nessun vento capace di dare alle rocce la forma di due gambe umane (il
Ciclope), di scolpire i caratteri stilistici di un elefante, di delineare una
proboscide o una zanna in maniera quasi perfetta. Tuttavia, gli studi sulle
arcane figure dell’Incavallicata sono appena iniziati, non si escludono,
quindi, nuovi ritrovamenti che potrebbero avvalorare o meno le tesi fin qui
sostenute. Dispiace, inoltre, che la Soprintendenza Archeologica della Calabriasi sia mostrata indifferente dinanzi
ai due megaliti, protagonisti di quella parte di storia calabrese ancora
sconosciuta, ma non per questo da sottovalutare.
Negli ultimi venti anni, sono stati trafugati dalla Biblioteca Civica di Cosenza circa 120 libri antichi e rari stampati tra il 1500 e il 1700. Nessuno sa che fine abbiano fatto, né come sia potuto accadere che oltre un centinaio di volumi sia stato portato fuori dalla Biblioteca. Non sono mai più rientrati. Eppure, ogni utente che si reca in Biblioteca deve compilare una scheda con i propri dati e anche con quelli del volume che intende esaminare, scheda che viene consegnata agli impiegati a fine consultazione. Come mai per queste edizioni antiche e rare, custodite peraltro in locali diversi e sottochiave, non è stata seguita la solita – o una più efficace - procedura? Si è trattato di superficialità da parte degli impiegati o gli utenti/ladri nonpotevano essere sottoposti alle regole valide per tutti i comuni mortali?
Un pesante silenzio è calato su questa vicenda e mentre la città ha perso una parte del suo prezioso patrimonio librario, c’è qualcuno che gioisce nel rimirare i cimeli della cultura cosentina nella propria casa e c’è qualcun altro che ha ricevuto ottimi guadagni dalla loro vendita. Responsabili indiretti dei furti sono coloro i quali non hanno controllato, pur essendo preposti a questa funzione, forse oggi nemmeno più in servizio.
La perdita dei libri antichi è un danno che si aggiunge alle numerose disgrazie che hanno colpito la Biblioteca Civica già da tempo: è stata sfrattata, un paio di anni fa, dalla parte dell'edificio che appartiene al Demanio perché non sono stati corrisposti i canoni di affitto, gli impiegati non ricevono le loro spettanze puntualmente, l'utenza telefonica è stata interrotta nei mesi scorsi per il mancato pagamento della bolletta e nessuno sa se esiste ed è in funzione un sistema di allarme.
Sono anni ormai che la Provincia e il Comune di Cosenza, gli enti finanziatori della Biblioteca per statuto, non stanziano regolarmente i fondi per il suo mantenimento e non programmano piani di rilancio. In questo modo, l’antica istituzione culturale è stata affossata dal loro stesso disinteresse. Infatti, fino a marzo 2019, i bilanci erano fermi al 2013 e i due enti avevano drasticamente ridotto i fondi da erogare alla Biblioteca. Le ultime notizie sul futuro della storica istituzione non piacciono ai cosentini: con molte probabilità, la Biblioteca sarà statalizzata, passerà dunque sotto l'egida del ministero.
Un impianto di 16 megawatt che indebolisce un territorio fragilissimo si sta realizzando in località Aia dei Venti, Mongrassano (Cs). Si tratta di un affare di 40milioni di euro, autorizzato dalla Regione Calabria, che prevede la realizzazione di sei torri eoliche alte 150 metri, su un’area classificata ad alto rischio sismico e idrogeologico.
Nonostante siano state segnalate diverse irregolarità, i lavori sono proseguiti senza rispettare molte delle leggi vigenti. E in seguito alle proteste dei residenti e ai diversi articoli di stampa pubblicati negli ultimi mesi è giunta, pochi giorni fa, una interrogazione parlamentare. È stato, infatti, indirizzato ai Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e per i beni e le attività culturali e per il turismo l’atto pubblicato il 6 febbraio u.s. dai senatori Corrado, Granato, De Lucia, Angrisani, Marilotti, Trentacoste, Montevecchi, Pavanelli, con il quale si chiede se i succitatiministri“siano a conoscenza della situazione e quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di bloccare gli incentivi e agevolazioni relativamente al costruendo impianto eolico ‘Aia del vento’ da parte della Siemens Gamesa Renewable Energy Italy SpA; e quali provvedimenti abbiano adottato oppure intendano adottare al fine di salvaguardare il paesaggio, tutelato dall'art. 9 della Costituzione, e il percorso denominato "via del giovane", atteso che i lavori per l'impianto eolico proseguono, a quanto pare, in violazione della normativa di settore, con autorizzazione unica ormai priva di efficacia giuridica”.
Di seguito pubblichiamo il documento in questione nella sua interezza, nella speranza che possa ristabilire la legalità e la sicurezza in un territorio devastato sotto ogni punto di vista.
Atto n. 4-02863
Pubblicato il 6 febbraio 2020, nella seduta n. 188
Ai Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e per i beni e le attività culturali e per il turismo.
PREMESSO CHE:
con decreto n. 7505 del 20 giugno 2014, pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Calabria n. 32 del 14 luglio 2014, parte II, la Regione, dipartimento n. 5, attività produttive, settore 2, politiche energetiche, attività estrattive e risorse geotermiche, rilasciava alla Siemens Gamesa Energia Italia SpA l'autorizzazione unica alla realizzazione dell'impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica "Aia del vento", da realizzare nei comuni di Mongrassano, San Marco Argentano e Cervicati (Cosenza);
il decreto dava atto che la durata dell'autorizzazione era definita dal punto 10.2, allegato sub 1, della legge regionale n. 42 del 2008, ovvero con una durata massima di 3 anni, prorogabile per una sola volta; prevedeva, inoltre, che i lavori dovevano avere inizio entro 90 giorni dalla data di rilascio dell'autorizzazione unica e che il termine della conclusione dei lavori era fissato in 36 mesi, decorrente dalla data di inizio lavori;
con decreto n. 7356 del 14 luglio 2015, pubblicato sul Bollettino ufficiale n. 9 del 5 febbraio 2016, parte II, la Regione Calabria, dipartimento n. 6, sviluppo economico, lavoro, formazione e politiche sociali, settore n. 7, attività produttive ed energia sostenibile, concedeva alla stessa società la proroga del termine di inizio lavori sino al 6 ottobre 2015, indicato nel decreto di autorizzazione unica n. 7505 del 20 giugno 2014, con termine di conclusione dei lavori fissato in 36 mesi;
CONSIDERATO CHE:
ciononostante, con decreto n. 9583 del 5 settembre 2018, pubblicato sul Bollettino ufficiale n. 93 del 19 settembre 2018, il dipartimento sviluppo economico, attività produttive, settore 5, fonti rinnovabili infrastrutture energetiche lineari concedeva "una proroga per la realizzazione del parco eolico di che trattasi alla Siemens Gamesa Renewable Energy Italia SpA fino al 12 giugno 2019, termine ultimo per la realizzazione dell'opera stessa", agendo in modo palesemente illegittimo, atteso che i lavori non erano iniziati entro la data di proroga di inizio lavori, fissata per il 6 ottobre 2015;
con nota del 16 ottobre 2019 prot. n. 0005461, inoltrata al dipartimento sviluppo economico attività produttive, nonché ad ulteriori 29 destinatari (tra cui gli uffici tecnici dei Comuni di San Marco Argentano e di Cervicati, il Ministero per i beni e le attività culturali, la Terna rete italiana SpA, la Guardia di finanza, il Nucleo Carabinieri tutela patrimonio culturale), il responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Mongrassano riscontrava che i lavori di costruzione del parco eolico avevano avuto inizio in data 26 ottobre 2018, quindi oltre il termine fissato dall'autorizzazione unica del 18 settembre 2014, prorogata al 6 ottobre 2015;
il termine di ultimazione dei lavori era stato oggetto di proroga due volte, in contrasto con quanto disposto dalla citata legge regionale;
il mancato inizio dei lavori entro il 6 ottobre 2015, termine ultimo assegnato, aveva comportato la decadenza ai sensi dell'art. 15, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 del permesso di costruire, sostituito a tutti gli effetti dall'autorizzazione unica (con decreto n. 7505 del 20 giugno 2014);
il tecnico comunale riscontrava, infine, la mancata osservanza delle disposizioni della legge regionale, relativamente alla concessione della proroga di una sola volta del termine di ultimazione lavori e chiedeva al dipartimento sviluppo economico attività produttive di valutare l'esistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l'emissione del provvedimento di decadenza dell'autorizzazione unica;
CONSIDERATO INOLTRE CHE:
i lavori hanno avuto effettivo inizio in data 20 marzo 2019 e proseguono con autorizzazione unica, che deve essere ritenuta affetta da decadenza ai sensi e per gli effetti dell'art. 15, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, senza che la Regione abbia emesso a tutt'oggi alcun conseguente provvedimento di decadenza del titolo autorizzativo, benché l'ufficio tecnico comunale abbia, da ben oltre 4 mesi, riscontrato irregolarità, violazioni normative e, appunto, la decadenza dell'autorizzazione unica;
la costruzione del parco eolico gode di incentivi ed agevolazioni da parte del Gestore dei servizi energetici GSE SpA, quale società interamente controllata dallo Stato attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze, che ha il compito di accertare la sussistenza o la permanenza dei requisiti per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi;
l'impianto insiste sul percorso religioso denominato la "via del giovane" quale itinerario di interesse escursionistico, naturalistico, storico, religioso, culturale e turistico, inserito dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nell'atlante dei cammini d'Italia, poiché collega alcuni luoghi toccati dalla vita e della predicazione di san Francesco di Paola, protettore della Calabria; dal convento di San Marco Argentano il percorso si dirama verso il santuario di Paola (Cosenza) attraversando il territorio di Mongrassano proprio in località denominata "Aia dei venti";
nell'anno 2017, anche con il patrocinio della stessa Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, della federazione italiana escursionismo (FIE), dei Comuni interessati e del santuario di san Francesco di Paola, l'intero itinerario, contenuto nel "Testimonium", ovvero il documento che attesta il compimento del cammino timbrato dai frati dell'ordine dei minimi di san Francesco, è stato inaugurato ed è stato segnalato con l'apposizione di 45 pietre miliari,
SI CHIEDE DI SAPERE:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione e quali urgenti iniziative intendano adottare al fine di bloccare gli incentivi e agevolazioni relativamente al costruendo impianto eolico "Aia del vento" da parte della Siemens Gamesa Renewable Energy Italy SpA;
quali provvedimenti abbiano adottato oppure intendano adottare al fine di salvaguardare il paesaggio, tutelato dall'art. 9 della Costituzione, e il percorso denominato "via del giovane", atteso che i lavori per l'impianto eolico proseguono, a quanto pare, in violazione della normativa di settore, con autorizzazione unica ormai priva di efficacia giuridica;
se non vogliano valutare se nei fatti ricorrano illeciti, con conseguente dovere di denuncia alle competenti autorità.
Che fine ha
fatto il ‘Centro studi
internazionale’ su Telesio ideato nel lontano 2009? Da quel che è dato sapere
funziona a sprazzi, ha richiesto investimenti esosi e risulta essere chiuso per
la maggior parte del tempo. Ma ripercorriamo le tappe del progetto.
Nel mese di giugno del 2015, il comune di Cosenza concesse in
comodato gratuito un intero piano di palazzo Caselli Vaccaro al ‘Centro studi
internazionale’ dedicato a Telesio, Bruno e Campanella. Il Centro, nato in
occasione del cinquecentenario della nascita di Telesio, fa parte di un
articolato progetto ideato dal ''Comitato nazionale per le celebrazioni del V centenario
della nascita di Bernardino Telesio'', composto da circa una ventina di
studiosi. Presieduto da Nuccio Ordine, ordinario dell'Unical, il Comitato decisedi realizzare a
Cosenza, oltre al Centro Studi, anche una Biblioteca
telesiana. Quest'ultima avrebbe dovuto custodire le riproduzioni
digitali di tutti gli esemplari di ogni edizione delle opere di Telesio
presenti nelle principali biblioteche del mondo e la bibliografia
secondaria, un lavoro da compiersi in seguito al censimento di tutte
opere telesiane esistenti. Furono previste, inoltre, le ristampe anastatiche e
la traduzione in francese, inglese e spagnolo delle tre edizioni del ''De Rerum
Natura'', l’opera maggiore del filosofo cosentino, e degli opuscoli
scientifico-filosofici, lavoro che sarebbe servito anche per la realizzazione
di un CD ROM. Dopo aver ricevuto un cospicuo finanziamento da parte di vari
enti, il Comitato iniziò le sue attività nel gennaio 2010.
A distanza di anni, il Centro internazionale, allargato nel frattempo
anche allo studio dei filosofi Bruno e Campanella, stenta a partire
regolarmente, nonostante disponga di una sede nel centro storico di Cosenza,
mai utilizzata. Nel 2016, Nuccio Ordine spiegò i motivi che ritardavano l'inizio
delle attività a palazzo Caselli Vaccaro, che necessitava «di essere attrezzato, servono, infatti,
gli arredi per la Biblioteca, la sala convegni, la foresteria. In questo
momento non abbiamo i fondi per farlo, speriamo di poter partecipare a un POR
per completare la Biblioteca nel giro di due/tre anni. Intanto, il nostro
lavoro continua, pur tra molte difficoltà e lungaggini, abbiamo fatto una
ricerca in tutte le biblioteche del mondo che custodivano le opere dei tre
filosofi, abbiamo tracciato la loro storia e ora sappiamo come ogni opera è
giunta in una determinata biblioteca. Abbiamo promosso la pubblicazione in
lingua straniera di alcuni scritti telesiani, fatto il censimento di tutte le
sue opere e nel mese di agosto avremo la prima bozza di ciò, realizzata grazie
a un finanziamento concesso dalla fondazione Carical, che ci sostiene insieme
alla banca Carime. Al momento - continua Ordine - abbiamo individuato 550 opere
di Telesio sparse nelle varie biblioteche, abbiamo acquistato i microfilm di
250 di esse e per quanto riguarda Bruno, su 1170 opere ne abbiamo 470, mentre
di Campanella non abbiamo ancora una bibliografia, dunque la ricerca è più
complicata. Abbiamo voluto estendere gli studi anche a Bruno e a Campanella per
avere una visione completa del periodo. La casa editrice Carocci ha pubblicato
alcune ristampe anastatiche degli esemplari più completi delle opere di Telesio
reperite nelle varie biblioteche, mentre le traduzioni della bibliografia
secondaria inizieranno quando il Centro sarà pronto. Il lavoro è abbastanza
lungo e impegnativo, ora dovremo definire i dettagli con il comune di Cosenza,
che vorremmo entrasse nel nostro Consiglio di Amministrazione. Solo dopo
potremo fare una programmazione che potrebbe partire non prima dell'inizio del nuovo
anno».
Un lavoro complesso che si sarebbe dovuto concludere nel 2013, ma che
ancora oggi è ben lungi dall'essere completato. Il mondo culturale cittadino ha
mosso diverse critiche al
riguardo.
Anche sui finanziamenti ricevuti dal Comitato le critiche non si sono
risparmiate, considerato che a fronte di migliaia di euro erogati da diversi enti
e fondazioni, il progetto non è stato ancora portato completamente
a termine, rivelandosi, a distanza di anni, più dispendioso e complicato
di quanto previsto. Solo pochi mesi fa, Ordine ha ammesso che per completare la raccolta delle opere sarebbe
servito un investimento di 600.000 euro.
Intanto, sul comodato d’uso, pare si fosse soffermata, la scorsa estate, la
Corte dei Conti per un
presunto danno erariale derivante dai mancati introiti della locazione
dell'immobile. La concessione di beni di proprietà comunale,
infatti, quando non prevede un corrispettivo, può essere
ammesso se l’interesse pubblico perseguito è equivalente o superiore a quello
meramente economico.
A questo punto, è lecito chiedersi se il Centro studi sarà un'altra celebre e dispendiosa incompiuta?
FOCUS
Il comitato propose di realizzare a Cosenza un
Centro Studi e una Biblioteca telesiana, contenente non solo le riproduzioni
digitali di tutti gli esemplari di ogni edizione delle opere di Telesio
presenti nelle principali biblioteche del mondo, ma anche la bibliografia secondaria sul filosofo. Un lavoro da compiere
effettuando un censimento delle opere telesiane sparse nel mondo. Furono
previste, inoltre, le ristampe anastatiche e la traduzione in francese, inglese
e spagnolo delle tre edizioni dell’opera maggiore, degli opuscoli
scientifico-filosofici e la traduzione italiana del 'De rerum natura' (tuttavia
già esistente perché effettuata da Luigi De Franco), lavoro che sarebbe servito
anche per la realizzazione di un CD ROM.
Con un
finanziamento totale di circa 150.000 euro, erogato da vari enti, il Comitato
iniziò le sue attività nel gennaio 2010.
Due anni
dopo, era stato realizzato quanto segue: era in corso di pubblicazione la
ristampa anastatica di tutte le opere di Telesio, era stato pubblicato il primo
volume della prima edizione del 'De rerum natura' (1565), probabilmente non in
distribuzione a Cosenza, e l'opuscolo 'Ad Felicem Moimonam'.Erano in
corso di pubblicazione il secondo volume con la seconda edizione del 'De rerum
natura' (1570), tre opuscoli, un'edizione
spagnola del 'De cometis', gli atti del convegno su Telesio tenutosi a
Barcellona e una traduzione spagnola del 'De rerum natura' del 1570. Per quanto
riguarda la Biblioteca, per la cui realizzazione la Provincia promise la somma
di 200.000 euro, continuavano le ricerche dei testi in tutto il mondo e si
contava di avere, per fine 2012, il censimento delle opere per poi acquistare i
microfilm e tutti gli scritti su Telesio. Intanto erano stati spesi circa
64.000 euro, come si apprendeva dal sito appositamente costruito per le celebrazioni.