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30 novembre 2017

Il creatore di anarchie libero dalle finzioni sociali

da "Il Quotidiano del Sud" del 24 novembre 2017

«COSA vuole l’anarchico? La libertà – la libertà per sé e per gli altri, per l’umanità intera. Vuole essere libero dall’influenza o dalle pressioni delle finzioni sociali».
Sono le parole pronunciate in un colloquio tra un uomo d'affari dall'intelligenza vivida e un perplesso interlocutore che, seduti al tavolo di un ristorante, tra il fumo denso e aromatico di un sigaro, dibattono sulla possibilità di conciliare ricchezza e anarchia senza alcuna contraddizione logica. Creare libertà è davvero l'unico modo per essere veramente anarchico? Su questo interrogativo si dipana la trama de “Il banchiere anarchico”, uno stimolante racconto di Fernando Pessoa, che analizza con grande abilità un tema storicamente “sentito”: l’anarchia.
L’uomo d’affari, un banchiere, attraverso un dialogo quasi platonico, in modo limpido, geniale e semplice, rivela al suo interlocutore che è possibile conciliare ricchezza e anarchia. Pessoa, mediante il suo solito gioco del paradosso e della relatività del tutto, delinea alcuni concetti fondamentali dell'anarchismo. Il banchiere sostiene di essere anarchico, ma l’amico ribatte che uno speculatore, un uomo elegante, abile conversatore, può definirsi tale solo attribuendo al termine ‘anarchico’ un significato diverso dal solito. Nel corso del conversazione, simile per tanti versi ad alcuni dialoghi filosofici, si enunciano una serie di argomenti idonei a dimostrare che la fede anarchica del banchiere è in realtà la stessa ostentata dagli operai e dalle classi sociali più povere. 

Il “Banchiere anarchico” compare per la prima volta nel 1922 sulla rivista ‘Contemporanea’. Il racconto mette subito in evidenza il paradosso sottile rappresentato dalla figura del banchiere ‘libertario’, sullo sfondo di un’epoca caratterizzata da ideologie divergenti, che origineranno drammatici rivolgimenti sociali. E se da un lato il racconto sorprende per l’invenzione narrativa, dall’altro, il gusto del paradosso contraddistingue l’opera pagina dopo pagina. Emerge, infatti, in un crescendo di emozioni, la delusione dell’uomo d’affari - e di Pessoa – nei riguardi delle masse e delle rivoluzioni sociali, mentre aumenta la consapevolezza di considerare il singolo come lo strumento per il raggiungimento della libertà attraverso la realizzazione di sé.

Pessoa non vuole convincerci che la sua strada sia quella giusta, ma vuole invitarci a percorrere tutte le strade e ad essere capaci di non rifiutare un cammino. È una chiara indicazione di vita che ci chiama a lavorare individualmente per una crescita interiore, che ci invita ad aspirare a diventare più completi. Questo è il suo lascito alla società, operato con la capacità analitica che gli è propria, con l’abilità a portare il lettore nel dialogo filosofico-politico dell’anarchismo del banchiere, che arriva a palesarsi come estremo anarchismo individualista, non così distante dal pensiero dello scrittore che afferma: «Quello di creatore di anarchie mi è sempre parso il degno compagno di un intellettuale». 

Cosenza, 30 novembre 2017 
© FRANCESCA CANINO