dal Quotidiano del Sud del 20 marzo 2017
FA
discutere la nota del Dipartimento tutela della salute dello scorso mese di
febbraio che ha invitato i direttori generali delle ASP e degli ospedali calabresi
ad attivare “con estrema urgenza” l’accentramento
delle attività di validazione e lavorazione delle unità di sangue. Disposizioni
confermate dal commissario Scura che prevedono che la lavorazione del sangue e
la validazione biologica degli emocomponenti sia compiuta solo nelle sedi di
Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. Un accentramento nei tre hub regionali
che sembra avviato, almeno in alcune sedi.
La
scelta dovrebbe garantire qualità, sicurezza e sostenibilità delle attività trasfusionali,
accentrate con carattere di ‘urgenza’, però secondo direttive nazionali note da
anni. Esse stabiliscono che i servizi trasfusionali degli spoke dipenderanno da
quello degli hub, cioè il sangue raccolto dal servizio trasfusionale di uno
spoke dovrà essere inviato nell’hub di riferimento con un automezzo per essere
lavorato. In seguito, potrà ritornare nello spoke di partenza per essere
utilizzato. Considerate le distanze e la particolare orografia della regione, un
percorso del genere può richiedere anche quattro ore, salvo imprevisti. È
troppo per un paziente che ha bisogno di essere trasfuso, specialmente se è un
caso di emergenza. L’accentramento delle unità trasfusionali in tre sedi,
dunque, rende i Servizi trasfusionali periferici dipendenti dagli hub e la
sicurezza trasfusionale insufficiente: mancano protocolli operativi che tengano
conto delle distanze, della viabilità principale e secondaria, dell’organizzazione
nell’affrontare le emergenze.
Le
autorità regionali competenti, però, non hanno provveduto in tempo a una
revisione del sistema trasfusionale regionale, organizzato in strutture non
funzionalmente collegate dal punto di vista gestionale, con realtà disomogenee,
di cui alcune riclassificate H 6. Inoltre, nel 2014 è stato deciso di
accentrare le attività di validazione biologica per l’intera regione nel
Servizio trasfusionale di Catanzaro, anche se oggi l’attività non è ancora iniziata.
La
Simti (Società italiana medicina trasfusionale e immonoematologia) ha inviato
un documento al presidente della Regione, al direttore del dipartimento
Fatarella, a tutti i direttori generali delle aziende sanitarie, al centro
nazionale sangue, al direttivo nazionale Simti e ai responsabili dei Servizi trasfusionali
regionali per informarli sulla necessità di una riorganizzare ‹‹e correggere anomalie
derivanti da decisioni sostenute e\o accettate dal Centro Regionale Sangue
nelle attività di alcuni Servizi Trasfusionali››. Il documento individua anche
‹‹l’assenza di una cabina di regia regionale ‘forte’ per la
gestione/monitoraggio delle attività trasfusionali, e quella che dovrebbe essere
una struttura regionale sovraordinata, con il supporto tecnico-scientifico degli
esperti, appare invece un’istituzione che ‘dispensa’ saltuariamente direttive,
lasciando alle singole Aziende e alle Strutture Trasfusionali le successive
fasi, soprattutto di responsabilità penale e civile››.
La Simti si sofferma anche sui trasporti, affidati,
pare, senza capitolato e gara. ‹‹Per la complessità, l’onerosità e
l’importanza del sistema trasporti nel processo da attuare – si legge nel
documento - sarebbe stato indispensabile un capitolato e una gara d’appalto
regionale (tutt’ora ipotizzata) e non appare rassicurante la modalità che
sembra si voglia adottare di affidare temporaneamente il servizio a una
gestione mista, parte alle associazioni di volontariato e parte alle Aziende sanitarie,
senza condivisione dei protocolli d’intesa››.
Attualmente,
oltre l’80% della raccolta di sangue viene effettuata fuori dagli ospedali e
ora potrebbe essere privatizzato, senza gara, pure il trasporto. I
trasfusionisti calabresi auspicano il ritorno dei primari nei servizi
trasfusionali territoriali, che dovrebbero gestire anche le raccolte di sangue
nel territorio, evitando di affidare ai privati incarichi onerosi.
21 3 2017
© Francesca Canino
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