Il 14 settembre scorso è
stato sottoscritto il Contratto Istituzionale di Sviluppo (CIS), che
prevede lo stanziamento di 90 milioni di euro da investire per il centro
storico di Cosenza. La firma del contratto è stata preceduta dai rituali
comunicati stampa che hanno elogiato l’impegno di quanti si sono finora spesi
per raggiungere questo obiettivo. Tra i primi a scrivere è stato il consigliere
regionale Mimmo Bevacqua, che in un comunicato del 12 settembre scorso ha
dichiarato tra l’altro: «Non nascondo un legittimo
orgoglio per un’azione da me avviata nel novembre 2017 allorché, accogliendo un
mio invito, il Ministro Franceschini visitò il capoluogo bruzio, ebbe modo di constatare la situazione in
cui versa il centro storico e decise di inserire anche Cosenza nei
progetti organici di ristrutturazione che già comprendevano Napoli,
Taranto e Palermo». Una affermazione che stride con la tesi di alcuni movimenti
locali che rivendicano la paternità del finanziamento perché autori di un
progetto digitale. Come avrebbe potuto un ministro, sull'onda emotiva di una
proiezione digitale, decidere di assegnare alla città una cifra così consistente?
Queste sono decisioni che seguono vie politico-amministrative lunghe e diverse,
spesso traverse, come già scritto nelle scorse settimane (http://francescacanino.blogspot.com/2020/07/90-milioni-per-il-centro-storico-di.html).
A leggere l’elenco degli
interventi finanziati si rimane tuttavia perplessi nell’apprendere che migliaia
di euro finiranno per essere investiti in opere che sono state oggetto di precedenti
restauri o destinatarie di altri fondi, come ad esempio piazzetta Toscano, già
beneficiaria di un progetto di 900.000 euro, a fronte di un milione e 200.000
euro che riceverà con la sottoscrizione del CIS. Sono stati anche finanziati: istituti
scolastici situati oltre i fiumi; l’illuminazione pubblica nonostante i fondi già
stanziati nel programma Agenda Urbana; il parcheggio realizzato e abbandonato a
Portapiana; palazzo Caselli Vaccaro, restaurato di recente e messo in vendita
dal comune già da anni, tutti interventi discutibili per le ragioni suddette.
L’intervento più insensato è
apparso quello relativo al “Centro
internazionale di studi Telesiani, Bruniani e Campanelliani” situato a
palazzo Caselli Vaccaro, concesso in comodato gratuito (su cui si è posato la lente della Procura regionale
della Corte dei Conti, poiché il comodato gratuito su un immobile di proprietà
comunale, senza una immediata utilità pubblica, potrebbe configurare un danno
erariale per le casse del comune, a causa del mancato incasso di un corrispettivo,
visto che i locali erano stati ristrutturati prima dell’affidamento) che
prevede il completamento di un biblioteca unica al mondo con tutte le opere dei
tre filosofi cosentini. Un vecchio progetto ideato dal ''Comitato nazionale per
le celebrazioni del V centenario della nascita di Bernardino Telesio'',
composto da circa una ventina di studiosi. Presieduto da Nuccio Ordine,
ordinario dell'Unical, il Comitato decise di realizzare a Cosenza, oltre
al Centro Studi, anche una Biblioteca telesiana. Quest'ultima avrebbe
dovuto custodire le riproduzioni digitali di tutti gli esemplari di ogni
edizione delle opere di Telesio presenti nelle principali biblioteche del mondo
e la bibliografia secondaria, un lavoro da compiersi in seguito al
censimento di tutte opere telesiane esistenti. Furono previste, inoltre, le
ristampe anastatiche e la traduzione in francese, inglese e spagnolo delle tre
edizioni del ''De Rerum Natura'', l’opera maggiore del filosofo cosentino, e
degli opuscoli scientifico-filosofici, lavoro che sarebbe servito anche per la
realizzazione di un CD ROM. Dopo aver ricevuto un cospicuo finanziamento da
parte di vari enti, il Comitato iniziò le sue attività nel gennaio 2010.
Si tratterebbe, dunque, di un doppione, un lavoro complesso che si sarebbe
dovuto concludere nel 2013, ma che ancora oggi è ben lungi dall'essere
completato (per
approfondimenti: http://francescacanino.blogspot.com/2020/02/il-centro-studi-internazionale-dedicato.html).
Sperpero di denaro pubblico?
Non si può poi non citare la
realizzazione di tre “parcheggi raggiunti dalla grande viabilità esterna su
colle Pancrazio, di un ascensore di collegamento del parcheggio esistente sul
Lungofiume e l’area Duomo”, che saranno le solite opere impattanti che il
centro storico non merita.
Sfortunatamente, i 90 milioni
devono essere investiti per migliorare le strutture pubbliche (spesso in buona
salute) e nemmeno una minima parte può
essere dirottata sugli edifici
privati pericolanti, che costituiscono una priorità nel contesto degli
interventi che dovrebbero interessare la città vecchia. Crolli e pericoli sono all’ordine del giorno e per mettere in
sicurezza gli edifici privati esistono fondi regionali a cui finora nessuno ha
mai pensato di accedere, lasciando vivere tante persone nel degrado e con il
rischio di dover trovarsi sotto qualche tetto che cede.
Mi sono occupata spesso del
centro storico e ho visto appartamenti fatiscenti in cui vivono famiglie con
minori, costrette a sistemare delle bacinelle sul pavimento quando piove perché
i solai sono danneggiati; ho visto l’insofferenza dei ragazzini che non
riuscivano a studiare perché infastiditi dalle gocce di pioggia che bagnavano i
libri e i quaderni; ho sentito l’odore fastidioso dell’umidità che avvolge ogni
altra cosa; ho ascoltato storie di disperazione e di miseria; ho percepito il
dolore di tante persone senza più speranze e impaurite per eventuali crolli. Per
questi motivi sono sempre stata critica nei riguardi del CIS, a metà tra una
chimera e una mangiatoia per i soliti noti e sono stata accusata di essere
menzognera e populista. In realtà ho sempre voluto e sperato che i 90 milioni
venissero impiegati – pur sapendo che non sarebbe stato facile – per migliorare
la vita dei residenti di Cosenza vecchia e per salvare il grande patrimonio
storico-artistico della Caput Bruttiorum. Mi è costato attacchi personali anche
violenti, ma torno a ribadire che la cospicua somma, se sarà utilizzata, non
apporterà grandi benefici ai residenti. E bisogna vigilare affinché non
finiscano in mani poco raccomandabili o che le opere iniziate non saranno
lasciate a metà. Sono questi i timori di tanti cosentini, cioè che dei 90
milioni non resti niente per la comunità.
Cosenza, 16 settembre
2020
© Francesca Canino
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