‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

31 ottobre 2014

Halloween, streghe e magare in Calabria tra passato e presente


 

 

 

 

STREGHE, maghi, filtri e formule magiche non appartengono solo alla saga di Harry Potter o alla notte di Halloween, ma affondano le loro radici in un mondo antichissimo.
La parola 'Halloween' è una variante scozzese del nome completo 'All-Hallows-Even', che tradotto significa 'la notte prima di Ognissanti' e rappresentava il momento più solenne di tutto l’anno druidico, ricorrenza che presso i Celti segnava la fine dei raccolti e l’inizio dell’inverno, cioè il cambiamento radicale della vita nei mesi successivi. Per un popolo essenzialmente agricolo come i Celti, l’arrivo dell’inverno era associato all’idea della morte e si credeva che gli spiriti esercitassero il loro potere sui raccolti dell’anno nuovo. Secondo i Celti, infatti, il 31 ottobre era una notte piena di magia, durante la quale si assisteva a una temporanea sospensione delle leggi che governavano spazio e tempo: solo per una notte, l'aldilà poteva fondersi col mondo dei vivi e gli spiriti vagare indisturbati sulla Terra. Notte delle streghe, dunque, come spesso è stata definita.
Importata negli ultimi anni in Italia, la festa di Halloween è sentita ancora come una tradizione estranea, anche se alcuni simboli si ritrovano nella tradizione calabrese. Nelle campagne intorno a Cosenza, precisamente a Donnici, le zucche decorate di Halloween erano già usate nel secolo scorso per tenere lontano i malintenzionati e i predatori notturni dai prodotti ricavati dalla terra. I contadini del luogo, infatti, sistemavano alcune zucche scavate, con una fonte luminosa all’interno, vicino ai raccolti per impaurire e allontanare ladruncoli e bestie. Nulla di magico e occulto, solo uno stratagemma utilizzato per proteggere i frutti del proprio lavoro, anche se nella società rurale del Sud il ricorso alle pratiche magiche costituisce una costante della sua storia.
Halloween a parte, magia, magare, spiriti e credenze hanno popolato il passato della nostra regione. Rigurgiti di una cultura pagana che si è sovrapposta e frammista con la religione, producendo l'insieme di riti, carmi e superstizioni di cui la Calabria è ricchissima. Addentrarsi in tale realtà significa entrare in un mondo sconosciuto e sorprendente, un po' come Harry Potter che dalla stazione di King's Cross di Londra, tramite un passaggio magico, raggiunge il binario 9 e 3/4 da cui parte l'Espresso per Hogwarts. Anche il nostro viaggio, seppure parziale, nel mondo della magia calabrese inizia da un passaggio. Si tratta, in questo caso, di un passaggio di credenze che dall'antica tradizione orientale, improntata sull'astrologia e la cabala, approdarono nell'Ellade, poi nella Magna Grecia e infine a Roma. Un vero patrimonio di credenze magiche che si perfezionò nel Medio Evo con un rifiorire delle scienze occulte, di streghe e stregoni, ma anche di caccia alle streghe.
Di matrice antichissima, credenze e superstizioni sono figlie di una cultura alta: i numeri e la loro divina magia, gli influssi della luna, gli auspici tratti dalle viscere degli animali, gli scongiuri e le fascinazioni sono il filo rosso di una tradizione che è stata capace di attraversare i secoli, disciplinando la vita degli uomini e vivendo a fianco della religione cristiana. L'insegnamento di Pitagora e quello di Cristo sono frammenti di una storia che conserva tracce dell'umanità primitiva e che svela analogie con popoli lontani. Il popolo meridionale, mantenuto nella più supina ignoranza nel corso dei secoli, ha ereditato da ogni invasore le credenze tipiche e strane che colpivano la rozza fantasia delle classi inferiori. Nelle menti più grossolane, un inveterato corredo di pregiudizi è sopravvissuto al corso del tempo, costituendo un baluardo in opposizione alla penetrante cultura scientifica moderna.
Non meraviglia, dunque, se fino a qualche decennio fa, prosperava la genìa delle 'cummari', una sorta di fattucchiere tenute in grande considerazione specialmente nelle campagne, che usavano 'carmi' miracolosi per 'carmare' le varie malattie. Derivati dai 'carmina' dei Latini, i carmi del popolo erano delle formule verbali ritenute magiche, di alto valore curativo e accompagnate da riti misteriosi e plateali, alle quali, per effetto del cristianesimo, erano state adattate e inframmezzate preghiere e voti ai Santi. Sono versi spesso monchi e a volte inconcludenti per il passaggio di bocca in bocca, spropositati per le aggiunte e modifiche personali o locali. Poco importa al popolino comprendere il significato del 'carmu', anzi una formula oscura lascia più attonito l’ascoltatore che rimane suggestionato. Praticate da anziane donne che li avevano appresi in condizioni particolari di giorni e luoghi per goderne il privilegio, i carmi sono la fusione di preghiera e di minaccia, di invocazione e spesso maledizioni, ibride fusioni in cui si colgono influssi dell’astrologia orientale. Le malattie da curare con il carmu comprendevano l’affascinu, la verminazione nei bambini, i morsi degli animali velenosi, i mal di testa, di stomaco, l’itterizia, le oftalmie.
Quando una persona mostrava segni di indisposizione generale, senza alcun dubbio la diagnosi ricadeva sull’affascinu, cioè l’azione malefica del fascino o jettatura che alcune persone si pensava emanassero per cattiveria, invidia, vendetta o involontariamente con gli occhi (‘u maluocchio) e con le parole (‘u picciu). Le donnicciole credevano addirittura che si potesse non solo ‘affascinare ppe mali’, ma anche affascinare 'ppe bene'; il fascino era sempre possibile quando gli occhi di una persona restavano fortemente colpiti dai pregi fisici di un'altra, specialmente dei bambini. Queste le ragioni per cui quando si guarda un bambino e si parla della sua bellezza si pronunciano frasi del tipo: for’affascinu, fora mal’uocchiu, benedìca, quasi a volere allontanare i cattivi influssi. Per evitare l’affascinu si usavano diversi oggetti 'contraffascinu': dalla manina che fa le corna, al ferro di cavallo, alla 'petra du truonu', piccola scheggia di silice scura incastonata nel metallo, ritenuta di provenienza celeste e giunta sulla terra con il tuono, che invece si trovava naturalmente nel terreno. Per allontanare i cattivi spiriti dai neonati, si usava 'l’abitiellu', un sacchettino quadrato rosso contenente un frammento di stola sacra, ulivo benedetto, cera d’altare, un pizzico d’incenso e tre granelli di sale. Sale, elemento di stregoneria, tre, misterioso numero dispari che insieme a oggetti sacri costituivano potenti amuleti in grado, secondo la creduloneria del popolo, di allontanare le anime dannate, gli spiriti, le streghe. Di notte essi si divertivano a spaventare la gente, tradizione ripresa da quella latina delle 'Lamiae' di cui Orazio cita nella 'Lettera ai Pisoni', delle 'Larvae', dei 'Lemures', coorti erranti assetate di sangue. Baluardo insormontabile presso i più piccoli sarà il 'crivu', il setaccio, che terrà lontato gli spiriti della notte, cioè l’auguriellu da casa, u monachiellu, ovvero il Lare o Genius dei Latini, il daimon dei Greci, a volte buono e scherzevole, a volte capriccioso e tormentatore. E quando, nonostante amuleti e talismani, il bambino piagnucolava senza un motivo o era irrequieto, una era la diagnosi: era'affascinatu' e si doveva procedere allo 'spascinu' per annullarne gli effetti. Qui entrava in scena 'u carmu' recitato per tre volte, nella stessa seduta, dalla cummara che sbadigliava e recitava formule incomprensibili, imperniate sui seguenti scongiuri: “Chin'è statu chi t'ha affascinatu? Su' stati l'uocchi, 'u core e la mente. Passa affascinu, c'ud'è nnente” o “Escitinni affascinu tuttu, ca chissu è locu brutto, ca chissu picciriddu è assai bruttuliddu”.  
Nella provincia di Cosenza un tempo erano note le 'magare di Pittarella', frazione nel comune di Pedivigliano da cui si sparsero per tutta la Calabria. Nel 1871, Vincenzo Padula nell'opera 'Protogea' riferì l'etimologia di Pittarella alla lingua ebraica, in particolare all'arte divinatoria: «Le donne di Pittarella han magici sguardi,  magiche parole, han diabolico riso; parlano con la luna e coi venti, conoscono l'arte di Circe e di Medea. "Tu sei una magara di Pittarella" è quanto di peggio può dirsi a una donna in Calabria. 'Pethor' significa in ebreo 'Interpretazione dei sogni' e da Pethor si fece Petorel, e in bocca nostra Petorella, e Pittarella al modo che il fiume Gazar di Luzzi diventò Gazrel, ossia Gazzarello: colà doveano condursi i nostri padri semitici per chiedere alle sue sacerdotesse l’esplicazione di loro visioni notturne. Le brave ragazze di Pittarella, che ne sembrano le discendenti, fanno maggiori miracoli che non colui, che dava la parola ad un asino».
I 'maggiori miracoli' di cui scrive il Padula erano opera della magara, una sorta di   fattucchiera-sapiente chiamata in causa quando i rimedi della scienza non sortivano gli effetti desiderati dopo giorni di cure mediche. Il popolo non accettava l'idea dell'inguaribilità o dell'ostinatezza di alcuni morbi, tanto da pensare che il malcapitato fosse stata vittima di una 'magarìa', cioè di una fattura. Anche il paese di San Fili, vicino Cosenza, contava un buon numero di magare, temute, ma anche rispettate, di esse si provava ribrezzo, ma nessuno le allontanava per timore di essere colpito da qualche malìa. E ciò rafforzava il loro potere, perpetuandolo nel tempo.
La magara calabrese era (è?) ritenuta in grado di far ammalare la gente e produrre disgrazie attraverso le erbe, i filtri, le imprecazioni, le fatture, strumenti potentissimi per eccitare gli animi di odio o amore e conoscere le cose occulte. Circondata di gran mistero, di animali, di strane polverine, pronunziava oscure invocazioni con i capelli rigorosamente sciolti, tracciando cerchi, triangoli e altri segni cabalistici per impressionare il povero cliente. Nessun medico avrebbe mai potuto guarire una magarìa: contro una magara si doveva ricorrere ad un'altra magara, conoscitrice dei segreti e degli antidoti magici. Un business infinito basato sulla promessa di sciogliere la fattura fatta all'infermo, di solito molto potente poiché da essa dipendeva il compenso. Impostori a cui non furono inflitte le dovute punizioni affinché si perdesse la voglia di ingrassare sfruttando la buona fede e i patimenti del prossimo.
Storia, mito, leggenda, tutto si compenetra e si fonde in una sopravvivenza spesso incompleta e mista a mitologie pagane e a influssi cristiani, risultato delle sovrapposizioni che le diverse civiltà hanno indotto nella coscienza delle masse.
Ma esistono ancora le streghe? Sì, esse esistono ancora e non solo nella notte delle streghe per antonomasia o in qualche sperduto paesino, ma anche durante tutto l’anno e nelle grandi città. Tengono in pugno la vita di tante persone, sono speculatori e speculatrici che sfruttano la disperazione e la creduloneria di tanta gente per arricchirsi di fama e denaro, a danno degli stessi clienti che molto spesso sono stati rovinati proprio da chi avrebbe dovuto aiutarli. Non solo streghe dagli oblunghi cappellacci neri e dai bastoni sormontati da zucche sghignazzanti che vanno in giro per le strade a far baldoria la notte del 31 ottobre, accanto a ciò prolifera un fenomeno più complesso, in cui veri imprenditori dell'occulto producono un fatturato esorbitante, servendosi anche della pubblicità e dei mass-media.
31-10-2014
© Francesca Canino

30 ottobre 2014

Artrosi, tendiniti, ulcere cutanee: cure innovative all'ospedale di Cosenza

Le solite luci e ombre non potevano non proiettarsi anche sull'Annunziata di Cosenza. Oggi vi mostreremo le luci, quelle rare che quando si accendono riescono ad offuscare anche l'operato dei grandi ospedali. La sorgente di luce parte dal Centro Trasfusionale dell'hub cosentino, dove dal 2009 si pratica una nuova tecnica nel trattamento delle ulcere cutanee, delle tendiniti, dell’artrosi del ginocchio e dell'anca utilizzando il PRP, letteralmente ''Plasma Ricco di Piastrine''. Nel PRP la percentuale di piastrine è elevatissima (95%), è dunque ricchissimo di fattori di crescita piastrinici in grado di stimolare una rigenerazione tissutale molto più rapida del normale. Il PRP si ottiene con un prelievo di sangue dal soggetto da trattare (PRP autologo, evita il rischio di contrarre patologie trasmissibili) che viene sottoposto a processi di centrifugazione e separazione cellulare, dando origine alla nuova sostanza, molto più ricca di piastrine, che sarà iniettata nella zona da trattare.
Della tecnica si è discusso sabato scorso all'Italiana Hotel, nell'ambito di un corso di Ecografia muscoloscheletrica organizzato da Hesham Almolla, radiologo dell'ospedale cosentino. Le diverse applicazioni del PRP sono state illustrate da Marcello Napolitano, specialista in Immunoematologia dell'Annunziata.
Ma perché in un corso di ecografia si discute del PRP? Qui si accende la luce, infatti il Centro Trasfusionale, in collaborazione con l'Ortopedia e la Radiologia interventistica del nosocomio bruzio, è stato fra i primi in Italia a utilizzare l'ecografo per guidare l'applicazione di questo trattamento, soprattutto nell'artrosi dell'anca e nelle patologie dei tendini. É una collaborazione multidisciplinare che rappresenta il vanto dell'Annunziata in quanto, a differenza di altri ospedali italiani che utilizzano tale tecnica, consente di trattare patologie come l'osteoartrosi dell'anca o le tendinopatie. I risultati raggiunti dal team sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali, sulle quali l’Annunziata è risultata essere uno dei migliori centri nazionali per l'utilizzo del PRP.

30-10-14
 
 
© Francesca Canino





 

 

 



 
 

 
 
 

 

 




 
 

27 ottobre 2014

Cosenza - Problemi di quartiere, Santa Teresa e dintorni


 
Piazza Santa Teresa è stata stravolta dai lavori iniziati il 18 luglio scorso nonostante le forti proteste dei residenti che chiedevano, in particolare, la salvaguardia del verde. Oggi, a ventidue giorni dalla consegna dei lavori, si può notare che le aiuole sono state ridotte di molto, due magnolie sono state spostate, una è seccata e l'altra non gode di buona salute. I lavori hanno eliminato una sessantina di parcheggi e chiuso al traffico la strada che da via Arabia immetteva al centro della piazza, impedendo così il collegamento più semplice tra via Parisio e via Frugiuele, sostituito da un percorso arzigogolato spesso occupato dalle auto dei clienti dei locali che là sorgono. Non si è pensato, invece, di ristrutturare la scalinata che da Santa Teresa porta a via Roma che è in condizioni fatiscenti e potrebbe essere pericolosa per i pedoni. Duole constatare che oltre 300mila euro sono stati spesi per riqualificare piazza Santa Teresa invece di riparare i marciapiedi dissestati della zona, coprire le buche sull'asfalto, ripulire le strade piene di rifiuti, soprattutto di escrementi di cani, riorganizzare la differenziata perchè da quando è partita i rifiuti abbandonati per strada sono aumentati con conseguente spettacolo indecoroso, cattivi odori, molti cani randagi e insetti. Ma non finisce qui visto che la piazza ospita cinque locali di svago (a breve ne sorgeranno altri) presi d'assalto dalle 22 in poi, dove si somministra una grande quantità di alcol. Alcuni di essi rendono l'aria irrespirabile per l'emissione di fumi maleodoranti. Il tranquillo quartiere è diventato un'area invasa dai frequentatori dei locali che, sostando in ogni dove, parcheggiano le auto come gli pare, in doppia o tripla fila, impedendo di fatto l’uscita delle auto in sosta e, quindi, a ogni ora della notte si sentono suonare clacson assordanti. Anche il gran vociare delle persone impedisce il riposo notturno fino alle tre/quattro della mattina. A ciò si aggiungono gli assordanti rumori di alcune motociclette che a notte fonda, molto spesso, percorrono tutta via Parisio e via Frugiuele ad altissima velocità. Tranquillità negata per chi vive intorno alla piazza, sebbene più volte sia stato ricordato che numerosi sono gli anziani e i ragazzi in età scolare.

27-10-14

Francesca Canino










 
 

21 ottobre 2014

Un filo apparentemente invisibile lega la Cina, Cosenza e Genova


Un filo apparentemente invisibile lega la Cina, Cosenza e Genova, un legame che sembra basarsi su finanziamenti milionari, appalti e tangenti gestiti da politici e imprenditori.

Nell'inchiesta di Roma sull'ex direttore generale e poi ministro dell'ambiente Corrado Clini, arrestato nel maggio scorso per peculato, emerge che duecento milioni di euro sarebbero stati spesi dal Ministero dell'ambiente in Cina per progetti mai realizzati o mal realizzati. Altri 15 milioni di euro sarebbero stati stanziati per il Montenegro. Oltre a Clini, era finito ai domiciliari per lo stesso reato anche l'imprenditore Augusto Pretner. Quest'ultimo, socio dello Studio Galli, era responsabile del progetto per la salvaguardia e la riqualificazione del territorio iracheno, finanziato sempre dal Ministero guidato da Clini con 54 milioni di euro. Altri indagati nell'inchiesta sono la compagna di Clini, Martina Hauser, e alcuni imprenditori. Il quotidiano 'La Repubblica' ha scritto infatti: “Poi ci sono gli affari di famiglia. Non solo le collaborazioni con imprenditori o architetti amici e le consulenze affidate alla compagna, Martina Hauser, ma anche i contratti stipulati con i figli di Clini”.

C'è una determina dirigenziale di Palazzo dei Bruzi (n. 157 del 2012), sede del Comune di Cosenza, che ha come oggetto la liquidazione di competenze professionali per le attività relative al “Programma di bonifica e risanamento ambientale comprendente i controlli di perdite idriche e della qualità dell'acqua”. Essa dispone il versamento di 40.000 euro «ad avvenuta incamero delle somme erogate dal Ministero» allo Studio Galli Ingegneria Spa di Padova, ovvero la medesima società citata nell’ordinanza di custodia cautelare emanata nei confronti di Clini e Pretner. Gli interventi di risanamento ambientale a Cosenza erano compresi nel programma attuativo dell'accordo tra il Comune di Cosenza e la Direzione generale per lo sviluppo sostenibile del Ministero dell'ambiente, stipulato il 2 agosto 2011, quando Clini era direttore generale del dicastero 'verde'. E a Cosenza l'assessorato all'Ambiente era guidato da Martina Hauser.

«C’è un elemento comune – seppur indiretto e quindi al di fuori della vicenda giudiziaria – tra l’inchiesta della Procura di Ferrara costata i domiciliari all’ex ministro Corrado Clini e l’amministrazione calabrese retta dal sindaco Mario Occhiuto» ha scritto nelle scorse settimane un giornalista calabrese su un importante quotidiano locale con riferimento allo Studio Galli. Ma non è il solo elemento se si considera che nella seconda inchiesta che ha coinvolto l'ex ministro Clini è finita anche la sua compagna Martina Hauser, assessore a Cosenza dall'inizio dell'amministrazione Occhiuto fino a pochi mesi fa, quando cioè è stata indagata.

Alcuni interrogativi sono d'obbligo: perché le attività relative al Programma di bonifica e risanamento ambientale non sono state affidate a uno studio di Cosenza o della Calabria? Perché il sindaco-architetto Occhiuto ha nominato Martina Hauser assessore all'ambiente del comune bruzio?

In una nota a firma del Pse dei giorni scorsi si legge che «Non abbiamo mai avuto risposta alle ripetute interrogazioni rivolte al sindaco in relazione all’attività istituzionale della signora Hauser e ai motivi che l’avevano condotta da Trieste a Cosenza, dove la si ricorda esclusivamente per l’inaugurazione di un canile e per le ingenti risorse a ciò destinate. Ci chiedevamo – e chiedevamo agli uffici – quante volte l’assessore avesse partecipato alle riunioni di giunta ed ai consigli ed a quali costi (indennità, rimborsi, trasferte e altro). Non lo abbiamo mai saputo. Oggi apprendiamo che – secondo la magistratura inquirente – avrebbe, in concorso con l’ex ministro e con altri, incassato e veicolato tangenti per opere in Cina. Naturalmente siamo fermamente convinti del principio costituzionale di presunzione di innocenza. Tuttavia l’oggettiva evidenza dei fatti indica ai cosentini un’altra cosa, e cioè che la nomina della signora, per quanto formalmente legittima, non era dovuta alle competenze della stessa quanto più probabilmente ai legami tra lei, il compagno e l’architetto Occhiuto, il quale, come è a tutti noto, ha lungamente lavorato in Cina, proprio nel settore in cui quella che sarebbe divenuta suo assessore avrebbe – secondo la ricostruzione dei Pm - contribuito a rastrellare tangenti. Dunque ribadiamo ciò che abbiamo detto nelle interrogazioni: non c’era altra figura per l’assessorato all’Ambiente?».

Ultimo interrogativo: perché i milioni (269 in totale) stanziati per la Cina, il Montenegro e l'Iraq non sono stati destinati alle emergenze italiane? Lo sfasciume pendulo è sempre più a rischio e il fango di Genova ne è l'inequivocabile dimostrazione. «Non ci sono soldi» è la frase che i sindaci pronunciano con maggiore frequenza nei loro discorsi e le tragedie, quindi, si susseguono con cadenza quasi mensile. Però si impiegano milioni per finanziare opere da realizzare all'estero, architettando sistemi cervellotici per intascare tangenti e favorire parenti e amici.

© Francesca Canino
21-10-2014

Il Pensiero tattile, sei artisti alla Galleria LB di Cosenza fino al 30 novembre prossimo


Definita quasi un battesimo della scissione, la mostra attualmente esposta alla Galleria LB di via Roma rappresenta un importante passo avanti nell'affermazione di un'identità. Sei giovani artisti calabresi e circa quaranta opere realizzate da Domenico Cordì, Sebastiano Dammone Sessa, Giuseppe Negro, Fabio Nicotera, Vincenzo Paonessa ed Ernesto Spina sono esposte in Galleria da sabato 18 ottobre per realizzare  «un evento con un tempo ben definito - ha detto Marilena Sirangelo della Galleria LB - pensato nel superamento di una definizione che rischia di divenire castrante, limitante di una necessaria libertà operativa ed espressiva in personalità slegate e autonome. Pensiero, tatto, emozione sono le parole chiave che emergono dal confronto 'tangibile' con le opere dei sei protagonisti. Una tangibilità che potrebbe definirsi come strumento che consente di entrare nell’intimo contatto con gli artisti e in cui si coglie, allo stesso modo, una palese attenzione alla componente artigiana, visibile nella laboriosità degli elementi, una componente che non si scinde dalla riflessione, dall’idea che vi è alla base».
La mostra di Cosenza, visitabile fino al 30 novembre prossimo da martedì a sabato dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20 e il lunedì dalle 17 alle 20, segna una tappa importante nel percorso degli artisti che saranno impegnati nei prossimi mesi in alcuni importanti progetti all’estero curati dalla galleria Ellebi.

© Francesca Canino
21-10-2014
 

Dializzati da Cosenza a Rogliano, scongiurato il turno notturno







Non potevo non iniziare da qui e cioè dalle ultime vicende dell'ospedale Annunziata di Cosenza.
Nei giorni scorsi, un'ala del Mariano Santo è stato occupato pacificamente da alcuni pazienti che proprio in questa struttura si sottopongono alla dialisi. A causa di una serie di interventi strutturali programmati per il Mariano Santo, una trentina di dializzati dell'ex sanatorio si sarebbero dovuti trasferire all'Annunziata, già affollatissima, e sottoporsi alla dialisi nelle ore notturne, ovvero dalle venti a mezzanotte. Molti di essi non vivono in città, alcuni non sono autonomi e hanno bisogno di essere accompagnati. C'è anche un ultranovantenne di Palmi. Tutti sono già tragicamente provati dalle precarie condizioni di salute che li costringono a dipendere dal trattamento dialitico.
Dopo due incontri in Prefettura, ai quali hanno partecipato i vertici dell'Azienda ospedaliera cosentina, l'Associazione Sud Italia trapiantati (Asit) e alcuni medici dell'ospedale, si è trovata una soluzione provvisoria grazie anche all'impegno profuso dall'ASP: dalla prossima settimana, una ventina di dializzati del Mariano Santo si sottoporranno al trattamento presso l'ospedale Santa Barbara di Rogliano nel turno pomeridiano. Gli altri, quelli più anziani, resteranno a Cosenza.
Una soluzione che è stata accolta in attesa del 30 novembre prossimo, data entro la quale dovrebbero terminare i lavori nei locali dell'Annunziata che ospitavano la Rianimazione e che sono destinati ad accogliere il nuovo reparto di Nefrologia.
Discutibile il comportamento della ditta reggina vincitrice dell'appalto per i lavori al Mariano Santo, che sembrerebbe decisa ad avviare un'azione risarcitoria nei confronti dell'AO per il mancato avvio dei lavori dovuto all'occupazione della struttura da parte dei pazienti. Convocata per ben due volte in Prefettura nel giro di pochi giorni, la ditta non si è presentata.

© Francesca Canino
     21-10-2014

17 ottobre 2014

Bentrovati

Ho creato questo blog per divulgare i fatti che accadono intorno a noi. Seguitemi e nelle prossime ore vi fornirò notizie e documenti, eventualmente anche foto, per discutere insieme sui problemi del nostro tempo e per mostrarvi i risultati delle mie ricerche storiche.
Francesca Canino