‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

30 aprile 2017

Diminuiscono le donazioni in Calabria

Donazioni in calo in Calabria. Il fenomeno preoccupa gli addetti ai lavori che hanno provato a correre ai ripari con alcune iniziative svoltesi nei giorni scorsi nella città dei Bruzi, tra cui un incontro per presentare i dati recenti. Il coordinatore del centro regionale trapianti ha esposto il problema attraverso i numeri, che mostrano inequivocabilmente un calo delle donazioni e del consenso alle donazioni.
Nel tentativo di stimolare la sensibilità delle persone alla donazione è stato preparato uno spot da trasmettere nelle varie reti televisive con il coinvolgimento di alcune società calcistiche, che si sono dette pronte a cooperare per portare avanti alcune iniziative sociali.
Nel corso dell’incontro si è parlato anche della penuria di sangue nell’ospedale di Cosenza, un problema che si presenta puntualmente ogni estate. «Lo scorso anno - ha dichiarato Marcello Napolitano, dirigente medico del Centro trasfusionale dell’Annunziata - a causa della carenza di sangue ho pensato di incontrare i presidenti di alcune associazioni di volontariato. Ho, dunque, contattato il CSV di Cosenza per fare rete con tutte le associazioni che fanno capo ad esso. Avevo intuito la necessità di creare una rete, perché da soli non si ottiene nulla e con questa strategia, già nello scorso anno, abbiamo avuto 1600 donazioni in più rispetto all'anno precedente. Dall’inizio del 2017 siamo diventati centro di arruolamento per chi vuole iscriversi alla donazione di midollo osseo. Insieme con il CSV, inoltre, stiamo per presentare un progetto che mira a ridurre le sofferenze di alcuni pazienti cronici, come le piaghe da decubito».
Presente all’incontro anche Renzo Bonofiglio, direttore dell’UOC di Nefrologia dell’Annunziata che, sconfortato dai dati illustrati, si è soffermato sulla mancanza di etica da parte della politica e sull’indifferenza delle persone.
I partecipanti hanno auspicato un’inversione di rotta e lanciato un appello affinché possa cadere il muro dell’indifferenza, partendo proprio dalla comunicazione, essenziale per portare a conoscenza di tutti il valore della donazione.

30 aprile 2017

© Francesca Canino

25 aprile 2017

25 aprile, la festa stuprata


Mi indignano le manifestazioni, i discorsi, i post sui social che inneggiano alla libertà dei nostri giorni, figlia, secondo molti, del sacrificio dei partigiani. Ma a quale libertà si riferiscono? A quella che ha fatto del nostro un paese di clientes a vita del politichicchio-tiranno di turno? A quella che in nome di un poco specificato modernismo ed europeismo condanna i giovani studenti a una ignoranza che non ci appartiene? O a quella che ha messo il bavaglio a tutte le voci libere ancora circolanti?

Nessuna difesa, negli ultimi decenni, si è levata a favore dei diritti del cives, conquistati con il sangue dei soldati italiani, dei dispersi, dei dissidenti, dei dimenticati, dei partigiani. Il risultato è una società anestetizzata, impoverita, strumentalizzata, funzionale ai governanti che hanno determinato l’attuale situazione del popolo italiano, caratterizzato, tra le altre cose, da una scuola ormai alla deriva.

Ritenete che si possa essere liberi senza la dovuta istruzione?

E dopo anni di studio niente lavoro se non si vota e non si fa votare il candidato dalle mille promesse disattese. Nessuna pensione, di conseguenza, quando si invecchierà e limiti di età posti per le poche offerte lavorative.

Ritenete davvero che si possa essere liberi senza un lavoro equamente retribuito?

Devi vivere? Allora emigra e se all’estero trovi un lavoro poco attinente agli studi compiuti, a chi importa? In alternativa puoi rimanere nella tua terra e affollare i carrozzoni politici in attesa di...
Esiste la libertà di emigrare? Ed esiste la libertà di poter scegliere se accettare l’immigrazione selvaggia degli ultimi anni che arricchisce associazioni, imprenditori, cosche e politici e trasforma i migranti in nuovi schiavi e i minori non accompagnati in dispersi? Ma davvero gli Italiani vogliono queste aberrazioni?

I sedicenti eredi dei protagonisti del 25 aprile 1945, che ancora si fregiano dell’azione e dell’idea partigiana, sono diventati simili a coloro che sono stati combattuti dai partigiani stessi e sono quelli che oggi continuano a distruggere il mercato del lavoro, la scuola, l’informazione. Hanno subito una totale involuzione, le cui conseguenze hanno trasformato il cives in paria, lo hanno defraudato dei suoi diritti, tartassato di balzelli che non migliorano il paese, ma che vengono investiti per arricchire gli amici degli amici e consolidare le posizioni di politici e amministratori. E guai a dirle o a scriverle queste cose! Per i giornalisti liberi c’è sempre un bavaglio in agguato, una querela all’orizzonte, le porte del carcere pronte ad aprirsi nonostante il loro sovraffollamento.

Ritenete che si possa essere liberi senza un’informazione scevra dai condizionamenti politici o mafiosi?

Dov’è la libertà di denunciare i reati e sperare di ottenere giustizia in tempi accettabili?
Manca la libertà di vivere, di imparare, di farsi curare, di morire, di ribellarsi, di pretendere l’uguaglianza, di essere felici. Si dovrebbe riacquistare la libertà dei Briganti, quella esemplare del Ninco Nanco di Bennato e del suo «Quant’è bell muriri accis», una sintesi di ribellione e libertà a cui tutti dovremmo anelare.
E sono stanca di sentire e leggere ogniqualvolta si scrive qualcosa non in linea con i diktat del potere che noi giornalisti siamo faziosi, non obiettivi, ‘’assoldati’’ dagli avversari politici, come se esistessero avversari, ovvero una opposizione all’attuale establishment.

La libertà non ha alternative, riappropriamocene ed esercitiamola in ogni momento della nostra vita. Si cominci da qui: lasciate un commento, un’opinione, una reazione, non vi censurerò, né vi trascinerò in Procura per un like o un non like lasciato in libertà.

© Francesca Canino
Cosenza, 25 aprile 2017  

10 aprile 2017

Cosenza vecchia, un tesoro in rovina


Cosenza vecchia, la città che fu
Da “Il Quotidiano del Sud”, marzo, aprile, maggio 2016

TRA QUALCHE settimana sarà l'argomento principe in ogni dibattito e nella presentazione di tutti i programmi politici. Sui media e nelle piazze reali e virtuali non vi sarà discorso o promessa o intenzione che non verterà su ciò che è ormai una bandiera da sventolare per raccattare più voti. Su Cosenza vecchia tutti si riempiranno la bocca di parole vacue, come è accaduto dopo i crolli della scorsa estate. Processioni di politici, interpellanze urgenti al Governo, lettere ai giornali, promesse e soprattutto tanta propaganda per fare davvero poco.
Negli ultimi tempi non 'ha fatto più notizia', nonostante i problemi non risolti - e probabilmente aggravati dall'incuria - siano visibilissimi a chiunque si addentri nei vicoli della città vecchia. È ciò che abbiamo fatto in un sabato di marzo per verificare le attuali condizioni di tanti edifici che sorgono nelle varie zone del centro storico.
Senza sorpresa ci siamo imbattuti in situazioni di degrado e di scarsa igiene, in palazzi pericolanti e strade dissestate, in tanti cani randagi e in nugoli di zanzare sebbene fosse ancora inverno. Ma la nostra attenzione si è concentrata in particolare sugli edifici, molti dei quali disabitati perché fatiscenti e a rischio crolli. Le uniche impalcature che abbiamo trovato, tuttavia, sono quelle che sostengono il palazzo crollato a maggio scorso in via Bombini. Purtroppo, la maggior parte dei palazzi appartiene a privati e ciò rende più complicato la messa in sicurezza. Un sistema, però, si deve trovare per salvare Cosenza vecchia e tutti i residenti da eventuali altri crolli. Sarà, senza dubbio, il primo problema che dovrà porsi la nuova amministrazione comunale all'indomani delle elezioni di giugno, se non vuole affrontarne poi di più gravi.
Nella passeggiata che abbiamo fatto partendo da Lungo Crati, abbiamo notato le prime costruzioni da abbattere o da ripristinare subito dopo l'ex hotel Jolly. Spettrali, tanto da farci affrettare il passo e raggiungere la 'Vinella da nivi', bella e con tanti edifici ormai disabitati, visto che sono numerose le finestre senza vetri. Lesioni e intonaco caduto sono le caratteristiche che accomunano i diversi palazzotti della vinella e delle altre che la circondano. Infatti, imboccando un vicoletto si giunge in un'area poco distante, che si contraddistingue per un muro crollato a metà e per le lesioni degli edifici. È via Carelli, suggestiva e bisognosa di urgenti lavori. Siamo sbucati su corso Telesio per raggiungere, attraverso un groviglio di vicoli, la Ficuzza, di cui vi parleremo prossimamente.

VIAGGIO NELLA CITTÀ VECCHIA 2

Da corso Telesio a via del Seggio passando per la Ficuzza


PROSEGUIAMO la nostra passeggiata nella parte vecchia della città, ri-partendo da corso Telesio. Anche qui abbiamo notato la presenza di un palazzo in pessime condizioni situato di fronte alla Casa delle culture. La vegetazione spontanea che abbellisce le finestre cadenti e le pareti in prossimità delle canalette è il segno inequivocabile dell'abbandono.
Lasciamo il corso dedicato al grande filosofo naturalista cosentino e, attraverso uno dei tanti bui e umidi vicoli che lo intersecano, percorriamo le viscere della città. Ovunque sporcizia, deiezioni di cani, insetti, palazzi anneriti e malridotti. La strada che porta alla Ficuzza, così denominata per il grande e antico albero di fico che ha le radici nel muro di una casa, è costeggiata da alti palazzi antichi, disabitati e cadenti, alcuni dei quali presentano logge che richiamano l'arco ribassato catalano. Nei vicoli, le pareti sono ricoperte dal muschio e alcune sono sostenute da piccole impalcature. Qualche balcone è stato rifatto, ma sono tante le costruzioni percorse da numerose lesioni. Tra queste vi è un palazzo a tre piani che sembra venir giù da un momento all'altro. Accanto si ergono altre case scrostate con l'immancabile vegetazione sui davanzali e il profilo di un uomo glabro, disegnato sul muro, dall'espressione disgustata.
Giungiamo alla Ficuzza e lo scenario non muta: solite lesioni nelle pareti, balconi e finestre rotte e piene di fogliame, edicole votive tra i ruderi e, come una nota stonata, un murales dai vividi colori affisso di recente. Sotto di esso, l'intonaco è caduto e sono visibili le pietre con cui è stato realizzato l'edificio. Una caratteristica comune a tante altre case di Cosenza vecchia, da recuperare al più presto se non si vogliono perdere per sempre gli antichi manufatti e con essi pezzi della nostra storia.
Dopo aver fotografato, in via del Seggio, uno dei più maestosi edifici pericolanti che sorgono nell'area, abbiamo la consapevolezza che il disinteresse mostrato per il centro storico può essere letale come gli attacchi di alcuni gruppi terroristici ai danni del patrimonio dell'umanità.

VIAGGIO NELLA CITTÀ VECCHIA  3

Da via Messer d'Andrea a Santa Lucia,
edifici pericolanti e problemi igienici


DALLA FICUZZA raggiungiamo via Messer d'Andrea dopo aver oltrepassato, in salita, altri vicoli umidi. Anche qui alti edifici abbandonati si mostrano ai nostri occhi, in contrasto con la parte posteriore del complesso di san Francesco d'Assisi che è, invece, in buone condizioni. I palazzi abbandonati si riconoscono subito per la mancanza di infissi, ma quando sono presenti, appaiono sempre spalancati e ricoperti di vegetazione spontanea. Su un lato della via, in un piccolo slargo, l'intonaco caduto dai muri è il biglietto da visita di un altro edificio in pessime condizioni, affiancato da un vecchio palazzotto che è stato decorato con alcuni disegni.
Proseguiamo per Vico II Santa Lucia nell'intento di fotografare altri palazzi cadenti, ma la nostra passeggiata è ostacolata da quattro cani che ci sbarrano il passaggio e ci mordono le scarpe. Ce ne liberiamo a fatica e non riusciamo a fotografare tutto, nonostante l'area sia più 'aperta' rispetto ai vicoli. E proprio nello spiazzo che si presenta alla nostra vista, notiamo una lunga fila di elettrodomestici abbandonati e addossati lungo le pareti di una casa bassa, unita a un edificio di quattro piano in condizioni disastrose, con le finestre aperte e l'immancabile murales.
Lasciamo subito la zona per avviarci in altri vicoli e lungo il cammino è frequente imbattersi in case di proprietà comunale occupate abusivamente dopo essere state ristrutturate. Giungiamo a Vico I Santa Lucia dopo un lungo girovagare tra un dedalo di vicoli disseminati di sacchetti di spazzatura. Qui non abbiamo fotografato gli edifici cadenti perché un gruppetto di residenti si è avvicinato per chiederci di essere latori dei disagi che vivono giornalmente. In primis le condizioni igieniche peggiorate da quando molte case pericolanti e senza servizi igienici sono state occupate da extracomunitari e Rom. La preoccupazione dei residenti risiede nel fatto che i ruderi adibiti ad abitazioni sono un pericolo per quanti vi risiedono perché a rischio crolli. C'è poi una questione di decoro che i residenti denunciano, visto che le pubbliche stradine sono usate come toilette da chi vive nelle case/ruderi e ciò peggiora le già problematiche condizioni igieniche dei quartieri della città vecchia. Si affaccia, ora, da quelle finestre aperte e piene di erbacce un serio problema sociale di cui vi parleremo prossimamente.

VIAGGIO NELLA CITTÀ VECCHIA 4

La ‘’questione’’ sociale

COSENZA vecchia è l'anima della città, ma è un'anima dilaniata dalla miseria, dal degrado, dall'abbandono.
Di frequente si parla dei problemi strutturali del centro storico, evidenziando i palazzi pericolanti, i crolli già avvenuti, la storia che si perde per sempre e con essa gli stilemi di un'architettura unica. Non si parla, invece, del problema sociale che si annida tra i vicoli e gli edifici pericolanti, tra le residenze di lusso dei nobili cosentini di un tempo ormai lontano e quelle che ospitano, oggi, enti pubblici, banche, scuole, luoghi di culto e di cultura. Quasi un universo in proporzioni variabili, a seconda della prospettiva da cui lo si consideri: se il punto di vista materiale ci proietta un agglomerato variegato, in cui si alternano realtà contrastanti derivanti dalla lunga storia che ha attraversato Cosenza, il punto di vista sociale ci rimanda le storie di persone semplici e spesso cariche di problemi di ogni sorta, che vivono nei vicoli e negli slarghi della città vecchia. Sono vite rese difficili dalle ristrettezze economiche e, tante volte, anche dalle malattie che peggiorano le loro già gravi condizioni finanziarie. A ciò deve aggiungersi la mancanza di aiuti da parte delle istituzioni, ma anche di controlli. Ecco perché in questo settore della città non è difficile imbattersi in zone che sono diventate terra di conquista da parte di chi, non possedendo una casa, ha pensato di occupare abusivamente edifici disabitati, sia pubblici che privati. Episodi del genere si sono verificati ad opera di Rom ed extracomunitari, che si sono insediati in case abbandonate, e probabilmente pure pericolanti, spesso prive di servizi igienici. Occupazioni abusive sono state compiute anche da cosentini ai danni di case di proprietà comunale. Ciò accade quando le politiche abitative, ma più in generale quelle sociali, sono assenti, pertanto ognuno si arrangia come può e a nessuno viene in mente, occupanti e istituzioni, che questo 'arrangiarsi' può sconfinare nell'illegalità. E se i controlli latitano, può accadere che vaste aree del centro storico siano controllate, invece, da residenti che si comportano come se fossero i padroni assoluti di intere zone di Cosenza vecchia. Dalle foto che vi mostriamo si può notare come in tanti punti la città vecchia è diventata un cortile privato, una discarica privata, un garage privato, cioè suolo pubblico ad esclusivo appannaggio di chi si se ne è arbitrariamente impossessato. Ne deriva un problema igienico-sanitario a causa delle numerose carcasse di elettrodomestici e pezzi di auto accatastati da tempo, ma anche per i rifiuti abbandonati ovunque che, in certe zone, rendono l'aria irrespirabile e popolata da insetti.
Esiste, però, un problema più grave. Durante il ''viaggio'' compiuto nella città storica, non sono stati poche le abitazioni fatiscenti che abbiamo visitato. Appartamenti cadenti, con i muri scrostati e i solai poco integri che lasciano passare l'acqua piovana. L'odore di muffa è fortissimo e le bacinelle sono sparse sul pavimento in direzione dei fori del soffitto. Non solo anziani e bambini vivono in queste condizioni, anche ragazzi in età scolare che devono adeguare la loro vita ai disastri della loro casa. Se piove si sta in un angolo della stanza, se fa freddo lontano dagli infissi, se fa caldo si va per strada e chi ha davvero molta voglia di apprendere, pochissimi, porta i libri con sé e studia, chi ha meno voglia, i più, accantonano i libri perché distratti o impediti da ciò che li circonda. Quale futuro si prospetta, viste le premesse, per i giovanissimi del centro storico? E quale sarà il futuro di Cosenza vecchia, viste le attuali condizioni, che da grande bellezza è ora un grande disastro? Qualche risposta tenteremo di darla prossimamente.


VIAGGIO NELLA CITTÀ VECCHIA  5

Un futuro per Cosenza vecchia

DA grande bellezza a grande disastro il passo non è stato breve.
Cosenza vecchia, cadente e degradata, paga lo scotto di decenni di incuria, mancanza di controlli e occupazioni abusive di case spesso pericolanti e senza servizi igienici. C’è un'altra città al di là dei fiumi che si inerpica sui colli senza mostrare alcuna continuità con la città nuova, né architettonicamente, né socialmente. Nelle quattro puntate precedenti vi abbiamo mostrato gli edifici pericolanti, le strade dissestate, i cumuli di rifiuti, la povertà di tante persone che vi risiedono e le zone in cui è difficile accedere perché sono state 'privatizzate' da alcuni abitanti. Emergenze che devono essere affrontate e risolte con precedenza rispetto a molte altre criticità cittadine.
Oggi vi mostreremo, a conclusione del nostro viaggio, la maestosità e il grande valore artistico di tanti palazzi della città vecchia, alcuni in buono stato, altri meno. Da palazzo Giannuzzi Savelli, a palazzo Vaccaro, dagli imponenti edifici di Largo Vergini a palazzo Tarsia abbiamo fotografato portali, qualche interno, gli stemmi, tutti elementi che trasudano la storia e l'arte della città dei Bruzi, consci, tuttavia, di presentarvi solo una piccola parte di un patrimonio che merita attenzione e tutela. Alcuni dei palazzi citati sono stati, purtroppo, adibiti a garage e a scantinati abusivi, sminuendo, così, l’importanza dei luoghi. Rifiuti, cassette di legno, cartoni e motociclette abbandonati tra archi, capitelli, scalinate e portici sono scene molto frequenti che testimoniano l'assenza dei controlli e la mancanza di rispetto verso la nostra storia. Gli edifici devono, invece, essere protetti e destinati a usi diversi, più vicini all'arte in tutte le sue forme, agli studi, al turismo. Di proposte ne sono state fatte tante nel corso degli anni, così come numerosi sono stati i dibattiti - o le polemiche - a cui è sempre seguito un nulla di fatto.
Le architetture e la posizione della città vecchia sono perfetti per un set cinematografico permanente, per ospitare istituti di cultura o laboratori artistici seri. Spesso inficiata da opere discutibili, da iniziative risibili e da interessate trovate di associazioni che hanno oltraggiato i luoghi storici con suppellettili obbrobriose, il centro storico richiede iniziative tendenti a ricordare le celebrità locali, da Telesio, grande filosofo naturalista, a Tony Gaudio, il primo Oscar italiano della storia del cinema, ad Alfonso Rendano e a tutti gli altri personaggi che hanno lasciato un segno nella nostra storia. Solo in questo modo si potrà restituire alla città vecchia la dignità perduta.

10-4-2017

© FRANCESCA CANINO


06 aprile 2017

Trasporto sangue, servizio affidato senza gara e a costi elevatissimi


UNA nota del Dipartimento tutela della salute dello scorso mese di febbraio ha invitato i direttori generali delle ASP e degli ospedali calabresi ad attivare con ‹‹estrema urgenza›› l’accentramento delle attività di validazione e lavorazione delle unità di sangue nelle sedi di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. Il sangue raccolto nei diversi spoke regionali dovrà, dunque, essere inviato nei tre hub di riferimento per la lavorazione.
Un documento della Simti (Società italiana medicina trasfusionale e immunoematologia) dei giorni scorsi fa rilevare che il servizio per il trasporto del sangue è stato affidato senza capitolato e gara, ma solo integrando una preesistente convenzione. Con una delibera del 16 marzo scorso (n.438), il direttore generale dell’Asp di Cosenza, Raffaele Mauro, ha approvato, infatti, l’integrazione di una convenzione, posta in essere negli anni scorsi, tra la stessa Asp e l’Avis provinciale per “il servizio di trasporto di materiali biologici”, nelle more dell’espletamento della gara regionale (verbale del 9.3.17). Su questo punto la Simti ritiene che per ‹‹la complessità, l’onerosità e l’importanza del sistema trasporti nel processo da attuare sarebbe stato indispensabile un capitolato e una gara d’appalto regionale, tutt’ora ipotizzata››.
Occorre precisare che nel programma operativo 2016-’18 del DCA 64/2016, il commissario Scura ha descritto il crono programma per “Espletare la gara unica regionale per la riorganizzazione dei trasporti delle unità di sangue e dei campioni biologici”, ma la gara non è partita e oggi, per attivare l’accentramento delle attività con estrema urgenza previsto dal DPGR-CA 58/2014, si ricorre all’integrazione di una pregressa convenzione tra Asp e Avis. Il tempo non è di certo mancato per espletare una gara, visto che l’attivazione dell’accentramento con estrema urgenza è stata prevista nel 2014 e il commissario, nel 2016, ha stilato il crono programma per indire un bando di gara.
Dalla delibera 438, inoltre, emerge che il direttore generale dell’Asp di Cosenza, in accordo con il direttore generale dell’Azienda ospedaliera bruzia, ha previsto che il trasporto riguarderà solo le unità di sangue provenienti dalla raccolta verso Cosenza e delle unità, qui lavorate, e poi inviate verso i servizi trasfusionali di Castrovillari, Rossano, Paola. Si tratta, perciò, di trasporti di sangue non in urgenza. Non è stato indicato nella delibera il tempo entro il quale deve avvenire la consegna e tuttavia la ditta trasportante annota che nel trasporto si possono presentare anomalie o inconvenienti, come ‹‹problemi di viabilità e/o di traffico che possono ritardare o impedire il raggiungimento della sede››, ma non sono stati previsti né percorsi alternativi in caso di incidenti e di blocco del traffico, né altre vetture e personale pronti a intervenire in questi casi. Non viene nemmeno specificato come e quando saranno consegnate le sacche di sangue e come sarà assicurato il trasporto in emergenza-urgenza.
C’è poi l’impegno di spesa che appare decisamente esagerato: l’incarico è stato affidato all’Avis al costo di € 1,69/Km. Applicando questa tariffa, si calcola che un solo viaggio da Cosenza a Castrovillari e viceversa ammonta a € 440. Annualmente la spesa si aggirerà sulle 320.000 euro. Si sarebbe potuto risparmiare affidando il servizio dopo una regolare gara e stabilendo tariffe meno care per il trasporto visto che la Calabria è una regione sottoposta a piano di rientro e che l'offerta sanitaria regionale lascia molto a desiderare.

6-4-2017

© FRANCESCA CANINO


Pronto soccorso di Cosenza senza alternative: ecco i motivi dei disagi, dell'affollamente e dei disservizi



SONO molte le lamentele dei malcapitati che si recano al Pronto soccorso bruzio e si imbattono nella solita situazione di affollamento, di ritardi, di disagi. Le rimostranze servono a poco, non sortiscono effetto nonostante si alzi la voce, si minacci il personale, di rado si va via, estenuati dalla lunga attesa, prima di ricevere le cure di cui si aveva bisogno. E quando non si sa più a che santo votarsi, ci si rivolge ai media - non solo a quelli locali - che hanno sempre riservato la massima attenzione ai fatti di sanità.
Il sei gennaio scorso, Striscia la notizia ha mandato in onda un servizio sul nosocomio bruzio, con tanto di intervista al direttore sanitario Mario Veltri, il quale ha dichiarato che le condizioni del Pronto soccorso sono tali perché non ci sono state assunzioni per un lungo periodo e poi perché ‹‹era gestito in realtà – ha detto Veltri ai microfoni di Striscia - da un primario facente funzione››. Molti sono stati i malumori sorti tra i cittadini in seguito al servizio di Striscia, consci che i problemi dell’ospedale civile non sono da attribuire all’ex primario, che tanto si è speso per gli ammalati, ma ad una serie di criticità che si riversano inevitabilmente sui pazienti e che non possono essere sanate da un servizio come il “Pronto soccorso on line” di recente creazione.
Val la pena ricordare che il Dea, il nuovo Dipartimento emergenza e accettazione che comprende il Pronto soccorso, è entrato in funzione non più di quattro anni fa, ma la sua progettazione e i lavori hanno avuto inizio circa una ventina di anni prima. Al taglio del nastro, il 9 febbraio del 2013, la struttura era già obsoleta, non rispondeva in pieno ai canoni dell’edilizia sanitaria. Oggi è ancora più vecchia, ma il punto dolente sono i servizi offerti con ritardo da personale stanco perché insufficiente.
I cittadini/contribuenti “pretendono” un’offerta sanitaria efficiente e un Pronto soccorso che dia risposte più celeri, che sia strutturalmente adeguato e in cui si rispettino le norme della privacy. Spesso, invece, gli spazi diventano angusti per l’afflusso esagerato dei pazienti che si rivolgono nell’hub cosentino da tutta la provincia e, tante volte, anche dalla regione. In queste condizioni, i locali del Pronto soccorso risultano inidonei, ristretti, asfissianti a causa del caldo. La sala d’aspetto è la zona più infernale, perché oltre ad accogliere i pazienti in attesa e i loro familiari, ospita anche alcune barelle con ammalati che sono in osservazione o in attesa di essere ricoverati. I posti letto non bastano mai, manca una collaborazione concreta con gli spoke della provincia e gli sforzi apprezzabili fatti dall’attuale direttore generale dell’azienda ospedaliera, Achille Gentile, per ricavare una ventina di posti letto in più, in seguito alle richieste sempre più numerose, si sono rivelati vani, poiché all’aumentare dell’offerta è aumentata la domanda. Sarà pure una legge dell’economia, ma applicata a una realtà come il Pronto soccorso di Cosenza non produce effetti diversi da quelli che giornalmente sono sotto gli occhi di tutti. La percezione di quanti vi approdano è che manchi un’organizzazione adeguata, che il personale sanitario sia insufficiente e che gli spazi siano poco adatti agli accessi giornalieri.  
Mancano, tuttavia, le alternative al Pronto soccorso: non esistono strutture sul territorio destinate ad accogliere i codici bianchi; non funzionano come dovrebbero le guardie mediche e i medici di famiglia sono presenti in orari da ufficio. Non ci sono altre possibilità di scelta per chi accusa malori, il Pronto soccorso dell’Annunziata rappresenta l’unico luogo di salvezza, per questo necessita di essere organizzato al più presto, non on line, ma concretamente.


 6-4-2017

© FRANCESCA CANINO