‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

06 febbraio 2018

Il meteorite di Telesio



Il 10 gennaio del 1583 un aerolite cadde in un podere presso Castrovillari, nella Calabria Citra, precisamente nella zona delimitata a sud dal fiume Coscile, al tempo indicata come 'terra lucana'.
Bernardino Telesio, filosofo naturalista cosentino del '500, descrisse il fenomeno in una lettera indirizzata al nobile Ferrante Carafa. Lo studioso non si limitò solo a comunicare l'avvenimento, ma si recò immediatamente sul posto per raccogliere le testimonianze di coloro i quali avevano assistito in prima persona allo spettacolo del meteorite in caduta libera sulle campagne calabresi. Esso, infatti, «fu visto da infiniti contadini che stavano alla campagna agli esercitii della terra, et da molte altre persone degne di fede, che si trovarono in viaggio, et nelle terre convicine di Cassano, di Morano, di Castrovillari, della Saracina et di Altomonte» (dalla lettera a Carafa).
Grazie alle dettagliate descrizioni fatte dai presenti, il filosofo-scienziato Telesio enunciò, nel giro di pochi mesi, la sua tesi sull'accaduto nell'opuscolo “De fulmine”.
Ma che cosa avevano visto i testimoni nelle campagne calabresi?
Si trattava di una 'cosa' simile a un fulmine, preceduto da un gran rumore, da cui si levò molto fumo. L'aerolite, caldo e di 'fortissima tempera', a forma di testa di montone, colpì una grossa pietra che frantumò in mille pezzi, sprigionando odore di zolfo.
Il fulmine, come Telesio denomina l'aerolite, non poteva essere il prodotto di una eruzione vulcanica, poiché in questo caso sarebbe stato visibile e si sarebbe sentito il boato al momento della sua fuoriuscita.
Secondo le teorie aristoteliche, la spiegazione che voleva il meteorite sollevato in aria dai venti e trasportato e fatto cadere in altro posto, è da Telesio contrastata (abitualmente il Consentinus demoliva le tesi dei Peripatetici e di Aristotele) e spiegata in base al senso: «Dato che il senso, che non è lecito sottomettere all'opinione di Aristotele, non può di certo ammettere che una pietra della grandezza di un carro sia stata innalzata dai venti, in quanto il senso vede che i venti con la loro estrema violenza ed estrema forza possono trasportare di traverso, ma non di certo anche in alto» (da 'Introduzione a B. Telesio' di L. De Franco).
Una pietra così incandescente, come si presentava il meteorite, non poteva essere generata dalla superficie della terra, né poteva diventare tale durante il breve percorso che aveva compiuto nell'aria. Per Telesio, dunque, l'aerolite era stato prodotto «di una cosa generatasi di certo sulla terra e trasportata nella più alta regione dell'aria e lì condensatasi». Questa ‘cosa’ non poteva essere che la fuliggine. Un'affermazione originale, ma lontana dalla realtà come altre sue teorie fisiche, espressione della cultura scientifica degli anni in cui visse, fortemente segnata dalla modernità di Telesio che si accinse a indagare la natura con una nuova mentalità e in coerenza con i principi fondamentali del suo filosofare.

Cosenza, 6 febbraio 2018

© Francesca Canino