‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

26 gennaio 2016

PIANO A SUD

Piano a Sud


INTRODUZIONE - Dopo il fallimento dei progetti industriali che nel corso degli anni sono stati destinati al territorio calabrese, è necessario ora volgere lo sguardo altrove. Se l’industrializzazione non è riuscita ad attecchire in Calabria dal dopoguerra ad oggi, nonostante i fondi stanziati, le energie profuse, ettari di terre sacrificati in nome di uno sviluppo che non c’è mai stato, forse la causa di ciò risiede nel fatto che si era intrapresa la via sbagliata. L’economia calabrese, da sempre basata sull’agricoltura, ha subito un’involuzione da quando sono stati proposti modelli diversi, purtroppo mai attuati. Di contro si è realizzato l’abbandono dei campi nella prospettiva di veder decollare un sistema industriale fallito sul nascere. Le conseguenze sono tristemente note visto che la regione non sfrutta più le sue risorse naturali, non intraprende piani di sviluppo industriale, subisce una disoccupazione tra le più alte in Europa, vede giovani emigrare in massa e soprattutto è la ‘patria’ di un sistema di delinquenza organizzata che trova facile manovalanza tra i disoccupati stessi. Un circolo vizioso che bisogna rompere creando benessere per tutti e se la Calabria è una terra a vocazione agricola, allora si ritorni al passato per migliorare il presente e preparare basi solide per il futuro, investendo energie e risparmiando denaro. E’ noto, infatti, che gli aumenti dei prezzi dei beni alimentari sono dovuti ai troppi passaggi intermedi che i prodotti subiscono per arrivare dal campo alla tavola, ecco perché sempre più consumatori scelgono la cosiddetta 'filiera corta', fare la spesa, cioè, direttamente dagli agricoltori. A questa logica risponde il progetto “Km 0” promosso da Coldiretti per concorrere alla salvaguardia dell’ambiente inquinando di meno. L’obiettivo è promuovere l’acquisto e il consumo di prodotti nel medesimo ambito territoriale in cui vengono coltivati. I prodotti sono spesso commercializzati attraverso i GAF, gruppi di acquisto famiglie o tramite i mercatini dei produttori che vendono direttamente ai consumatori. I vantaggi ambientali del progetto “Km 0” ricadono direttamente sull’ambiente, con un minor consumo di energia, meno inquinamento e  traffico sulle strade. Inoltre consente alle imprese sul territorio di prevenire il dissesto idrogeologico con una costante attività di manutenzione. Si pensi alla desertificazione o allo stato dei fiumi, emergenze per le quali è fondamentali il contributo dell’agricoltura. Queste nuove soluzioni commerciali di offerte e diffusione dei prodotti favoriscono nuovi investimenti nelle zone, creano occupazione e contribuiscono al mantenimento delle risorse ambientali da cui l’agricoltura dipende strettamente. La loro attuazione in un territorio colpito dal dissesto idrogeologico come quello calabrese potrebbe contribuire a migliorarne le condizioni. Senza tralasciare la positiva ricaduta nel settore occupazionale degli investimenti sulla 'terra', in un momento in cui la disoccupazione è ai suoi massimi livelli e non si intravedono vie d'uscita per il prossimo futuro.
Nel territorio del comune di Cosenza sorgono tre frazioni circondate da terre fertili, dalla forte connotazione agricola, preservate dalla cementificazione e abbandonate, purtroppo, a se stesse. Si può partire da qui per realizzare un programma diverso, pienamente confacente alla tradizione dei luoghi suddetti e sperare che non segua il destino dei piani predisposti in passato per lo sviluppo del Mezzogiorno.


Quadro generale - A Sud del centro storico di Cosenza sorge un vasto sistema collinare su cui sorgono le frazioni di Donnici Superiore e Inferiore, Borgo Partenope, Sant’Ippolito. Di grande valore ambientale e paesaggistico, le colline mostrano da sempre un carattere di forte identità rispetto alla città e a tutta la Valle del Crati; la loro connotazione agricola, mista a una limitata presenza di zone boschive, convive integrandosi con fenomeni di antropizzazione, soggetti a variazioni intervenute in conseguenza all’emigrazione verso altre nazioni o verso la città. Ciò ha contribuito a depauperare il territorio, tanto che il sistema collinare periurbano è in una fase di forte declino. Solo nuovi modelli per uno sviluppo compatibile con la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali potranno far rivivere ambiti abbandonati da tempo e ridurre fenomeni di decadenza e spopolamento. La forte frammentazione della proprietà fondiaria e l’esclusione delle colline da programmi economici e produttivi ne hanno mantenuto la propria identità. Tali aree sono soggette a tutela paesaggistica per la difesa delle caratteristiche naturali, estetiche e culturali in aree omogenee e, se visti nel loro quadro d’insieme, esprimono un concetto evidente di identità del territorio che scaturisce dalla ricognizione dei propri caratteri fisici. Se la pianificazione territoriale per queste aree si è mossa nella direzione dello sviluppo sostenibile, approntando politiche e strumenti che hanno accolto il concetto di preservazione del paesaggio, allora diventa urgente, in un discorso di salvaguardia ambientale, agire secondo la logica della protezione dei luoghi, della ricostituzione delle componenti ambientali e dei connessi equilibri. Morfologicamente le zone a Sud di Cosenza presentano i caratteri tipici delle aree collinari, con pendenze accentuate. Il degrado è da attribuire a fenomeni di erosione e franosità causato dalla mediocre qualità dei terreni e dalle condizioni climatiche. La vegetazione è tipicamente mediterranea, caratterizzata da una massiccia presenza di uliveti, vigneti, querceti e alberi da frutto, con spazi aperti inframmezzati da arbusti e piante erbacee. L’edificazione si concentra in massima parte lungo gli assi viari principali, con tipologie propriamente rurali, caratterizzate da semplici volumi. Il rimanente territorio presenta una scarsa edificazione. La zona è ricca di diversi corsi d’acqua utili per l’agricoltura. Basti pensare ai numerosi mulini ad acqua o a cilindri che in passato sorgevano sul territorio.

A Sud di Cosenza

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Donnici - Già agli inizi del ‘900 era fiorente l’industria dei fichi, del vino, dell’olio, della pasta e una fabbrica di liquori che, con la sua premiata specialità denominata ‘Amaro tonico silano’, sosteneva una distilleria e una raffineria di alcool. Dal 1980, Donnici accoglie in autunno migliaia di persone dai dintorni per la Sagra dell’uva, festa popolare in grado di coinvolgere tutto il circondario. E' la terra di Bacco, ricca di antichi vitigni che danno il rosso ‘cerasuolo’, riconosciuto vino Doc dal ’71. L’assenza, tuttavia, di uno sforzo comune in tutto il settore agricolo ha causato l’abbandono delle terre, intensamente coltivate in passato tanto da rifornire la città di prodotti ortofrutticoli, vista la fertilità dei luoghi ‘invasi’ dalla superba macchia mediterranea. Fu preservata negli anni ’70 dal Piano Regolatore Vittorini, che destinò il Sud della città a zone agricole, ma non si è mai realizzato uno sviluppo agricolo in grado di mutare le sorti della frazione. Oggi si auspica un progetto per l’agricoltura biologica e lo sfruttamento in termini industriali delle acque dello Zumpo, tra le migliori d’Europa. Donnici offre anche un paesaggio ‘verde’ che alcuni del posto vorrebbero utilizzare come richiamo turistico mediante la realizzazione di un agriturismo. Manca, tuttavia, un piano ad hoc in grado di sviluppare le risorse naturali e umane.

Borgo Partenope - Adagiato sulle pendici presilane, il borgo presenta caratteristiche rurali intatte nonostante i terreni siano ormai incolti; ciò ha spinto la popolazione a emigrare verso la città o addirittura verso altre nazioni alla ricerca di lavoro, determinando una sostanziale riduzione del numero degli abitanti. Gradualmente si sono, così, allentati i tratti distintivi del luogo, basati su una rudimentale e tradizionale agricoltura praticata dalle famiglie. Smembrati dall’esodo verso la città, i nuclei familiari hanno tralasciato le secolari occupazioni agricole con conseguente abbandono delle terre, che sempre più spesso, nei periodi estivi, sono minacciate da violenti incendi. Oggi la frazione conta pochi abitanti e nessuna attività, fatta eccezione per il panificio che rifornisce anche la città. E’, però, un quadro arcadico, dove il verde degli ulivi e delle grasse foglie dei fichi d’India delimitano viuzze tortuose tra campi abbandonati, dove animali domestici vagano sulle vecchie aie, dove, fino a qualche decennio fa, i contadini facevano la spola tra vecchie case e campi, mentre donne con le sporte sulla testa si recavano negli orti o alla fontana pubblica. Abbandonata l’operosità degli anni andati, la frazione è attualmente ferma, manca, infatti, una politica specifica in grado di risollevarne le sorti senza sconvolgerne la tradizionale vocazione agricola. 
 
Sant’Ippolito - Nel 2003 era tutto pronto per la nascita di un parco naturalistico a sud della città, tra Borgo Partenope e Sant’Ippolito, come annunciato dall’allora assessore al verde in collaborazione con il WWF. Il progetto prevedeva la valorizzazione di una pineta di proprietà della Forestale situata tra le due frazioni e la creazione di diversi sentieri naturalistici. Un ricordo ancora vivo nella gente delle due frazioni, riguarda, invece, la lunga e triste faccenda dei rifiuti, che dalla fine degli anni ’70 agitò i tranquilli ritmi di vita a causa di una discarica ricavata su un terreno di proprietà privata tra Sant’Ippolito e Pietrafitta. Tre anni più tardi si pensò di bonificare l’ex discarica e nel 2003 il WWF chiese al Comune di Cosenza di valorizzare la pineta e creare il parco naturalistico. Ma niente è stato fatto.


strategie per la valorizzazione del prodotto e del territorio – Uno studio accurato delle zone a sud, con l'individuazione dei terreni coltivabili, sarebbe il punto da cui partire per sensibilizzare i proprietari terrieri alla creazione di imprese agricole, anche familiari, con l'obbligo di rispettare l’ambiente, la salute pubblica e gli animali dell’habitat. La creazione di posti di lavori per la gente del luogo è una necessità non più procrastinabile, da attuarsi anche mediante il consolidamento di attività già esistenti e con la cooperazione tra le imprese.
L'obbligo di produzioni biologiche, la promozione dei prodotti tipici delle frazioni e la vendita diretta al consumatore potrebbe realizzare nuovi modelli di economia, basati sulla tradizione, ma da attuare in linea alle nuove esigenze. Il benessere generale deve essere garantito con la commercializzazione di cibi sani, informando il consumatore sulla sicurezza del prodotto tipico locale. La genuinità del prodotto è l'obiettivo da raggiungere insieme alla sua commercializzazione in ambiti ristretti. Gli incentivi per l’agricoltura attraverso i fondi europei sono una realtà che potrebbero avviare un percorso nuovo e vantaggioso per l'ambiente e per i disoccupati.
Serve un'inversione di rotta visto che da oltre quarant'anni mancano nuove forze nell'agricoltura e se si guarda al futuro ci si chiede quale sarà lo scenario. Si può cominciare promuovendo il ruolo sociale del contadino: in America si finanziano università e organizzazioni no-profit per formare i contadini del futuro. Le facoltà di agricoltura e i corsi di agraria per chi non intende laurearsi sono sempre più frequentate da giovani che vedono la campagna come un lavoro sicuro, non precario come accade nel settore terziario. E' anche in crescita la domanda di prodotti sani dopo anni di cibo precotto o conservato. Un esempio da seguire per salvare il territorio e incrementare l'economia.

Perché un piano per l’agricoltura - Sempre più studiosi affermano che “Il XXI secolo sarà contadino o non sarà”. Assume fondamentale importanza, quindi, il ruolo dell’agricoltura che deve essere promossa previa un’attenta disamina delle caratteristiche intrinseche al sistema agricolo odierno, non solo per realizzare un’efficace difesa del suolo e favorire le prestazioni ambientali, ma anche per ridurre l’esodo della popolazione a causa della mancanza di lavoro.
Il ritorno all’agricoltura consentirebbe di ottenere effetti benefici legati alla produzione e all’ambiente in generale (rigenerazione dei suoli, prevenzione degli incendi, sfruttamento ottimale delle risorse idriche) e può divenire modello espressivo dell’identità territoriale, poiché è in grado di certificare il rapporto diretto tra alimento e territorio. La crescita del consumo di prodotti di origine controllata e protetta e il mutamento delle abitudini alimentari che tendono al consumo di cibi di provenienza locale, ottenuti con processi rispettosi dell’ambiente, evidenzia come l’attività agricola sia da sempre parte integrante del territorio e del paesaggio.
Oggi sono previsti incentivi prevalentemente comunitari per promuovere un modello di agricoltura sostenibile, di cui possono beneficiare gli agricoltori che osservano le norme ambientali e le disposizioni riguardanti la salute pubblica, il benessere degli animali e il mantenimento dei terreni agricoli in condizioni agronomiche soddisfacenti.
Un piano per le terre a Sud di Cosenza, attraverso la creazione di imprese agricole, potrebbe promuovere l’agricoltura non intensiva a basso impatto ambientale e senza l’impiego di OGM, recuperando i semi di specie ortofrutticole quasi scomparse, sacrificate dalla grande distribuzione. Le zone sono rinomate per la produzione di vino, pane, olio, fichi, prodotti da collocare con la vendita diretta, evitando intermediazioni commerciali e aumenti dei prezzi dovuti anche ai passaggi  che i prodotti subiscono prima di arrivare sulla tavola.

12-2-2012
©Francesca Canino