Il Mariano Santo, dopo l’evacuazione
avvenuta nel 2015 e l’inizio dei deprecabili
lavori di ristrutturazione, si presenta oggi come un cantiere semi abbandonato.
I lavori sono fermi da tempo, a tratti
riprendono per qualche ora e poi vengono di nuovo abbandonati. Da cinque anni
ormai, l’ex sanatorio realizzato negli anni ’30, è chiuso e senza speranze. Non
interessa a nessuno che ritorni ad essere operativo, nonostante le somme spese
finora per la sua ristrutturazione – mai avvenuta completamente – e nonostante rappresenti
un presidio utile per la provincia.
La
chiusura del Mariano Santo non ha mai convinto chi ne ha seguito le fasi fin dal
febbraio 2015. Molte sono state le proteste dei cittadini e dei sanitari contro
la chiusura dell’ex sanatorio, si chiedevano tempi rapidi per la riapertura e soprattutto
si chiedeva il perché di quei lavori e dello spreco di denaro che ne sarebbe
conseguito.
È necessario, a
questo punto, fare un passo indietro e ricordare le traversie
della struttura sanitaria cosentina: “Con una relazione inviata
all'Ufficio tecnico dell'ospedale, la ditta che stava eseguendo i lavori di
ristrutturazione del Mariano Santo (2015) informò l'azienda
ospedaliera che alcune travi dell'edificio erano a rischio crolli, quindi la
struttura risultava pericolante. La ditta esecutrice aveva vinto una gara senza
mettere in discussione alcuni saggi effettuati in precedenza, pertanto il reale
pericolo, riscontrato solo in un secondo momento, faceva sorgere diversi dubbi.
Da una nota diramata in seguito dall'azienda ospedaliera, si apprese che le criticità della struttura erano dovute al
calcestruzzo utilizzato per la realizzazione dell'ultimo piano della
struttura. Erano stati i rilievi predisposti dall'impresa appaltatrice a far
emergere il problema e a mettere anche in evidenza alcune limitate situazioni
di degrado delle strutture (travi e pilastri) dell'ultimo piano. L'edificio
doveva essere evacuato.
Immediate furono le reazioni dell'intersindacale dei
medici, di alcuni consiglieri comunali e di qualche sanitario che volevano
scongiurare il rischio evacuazione, anche in virtù del fatto che la ditta
appaltatrice si era impegnata a compiere i lavori mantenendo i pazienti e il
personale nella struttura. I vari interventi sarebbero stati eseguiti
realizzando delle paratie per evitare ai pazienti rumori e polvere. La
direzione sanitaria dell'ospedale rilevò in seguito che invece delle paratie
furono usati dei tendoni, forse per risparmiare tempo e denaro.
Si chiedeva, dunque, una perizia 'terza' per
conoscere le reali condizioni della struttura e la pubblicazione, sul sito
dell'azienda ospedaliera, dei vari atti, visto che non era dato sapere se la
perizia effettuata dalla ditta appaltatrice potesse, in qualche modo, essere o
meno in contrasto con i risultati dei vecchi carotaggi.
Le ''carte'', in realtà, non furono mai esibite pubblicamente, né durante l'incontro che i sanitari ebbero con il
vice Prefetto, né dopo la richiesta pressante di un ex consigliere comunale,
l'ingegnere Francesco Caruso (oggi vicesindaco), il
quale sosteneva che non si poteva decidere uno sgombero se in nessuna relazione era
acclarato un rischio.
La relazione
predisposta dalla ditta sembrava descrivere lo stato di una situazione
insoddisfacente, forse riferito agli obiettivi del progetto, ma non riportava
che esisteva un effettivo rischio per l'incolumità. Mancava, dunque, il
requisito di pericolosità imminente, essenziale
quando si ordina uno sgombero. Nel giro di pochi mesi, tuttavia,
l'ex sanatorio fu evacuato: la direzione dell'Ao programmò il trasferimento
delle Unità operative e dei pazienti in parte all'Annunziata e in parte al
Santa Barbara di Rogliano, quest'ultimo ben lieto, insieme al suo comitato, di
ospitare alcune Unità del Mariano Santo. Da allora i riflettori sul vecchio
ospedale cittadino si spensero e successivamente i lavori si fermarono perché si
rese necessario rivedere alcuni elementi strutturali.
A distanza di oltre un anno,
ed esattamente nei primi di maggio del 2016, fu approvata una perizia di
variante, ritenuta necessaria dopo le criticità rilevate dalla ditta
appaltatrice. Equivale a dire che a lavori già iniziati – e poi bloccati – si dovette predisporre una variante
per il consolidamento della struttura, a causa di problemi che non
erano stati individuati o che sono intervenuti in un secondo momento. La ditta
“Consorzio Gico srl” accettò di eseguire i lavori suppletivi, poiché era stato completato
l'iter amministrativo-tecnico di riassegnazione del cantiere alla società
aggiudicataria che convalidò la predetta perizia. I lavori sarebbero dovuti terminare entro 540 giorni, senza
comportare alcun aumento di spesa, visto che gli imprevisti rientravano nel
quadro economico”.
Di giorni
ne sono passati 1520 e
nessuno sa quanti altri ancora ne serviranno per terminare i lavori, sempre che
vi sia la volontà di portare a compimento un’opera che è già costata diversi
milioni. È vero che siamo nel paese delle incompiute, dei lavori inventati per
favorire le ditte amiche, degli sprechi del denaro pubblico, del disinteresse dei
decisori politici per la salute dei cittadini contribuenti, ma il caso Mariano
Santo non deve cadere nel dimenticatoio. Merita giustizia per tutti i disagi
causati agli ammalati che furono trasferiti nel maggio 2015, data dell’inizio
dei lavori, e per tutto il denaro inutilmente speso finora.
Cosenza,
7 luglio 2020
© Francesca Canino
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