‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

06 gennaio 2018

LE ORIGINI CALABRESI DI OTTAVIANO AUGUSTO, PRIMO IMPERATORE ROMANO Domenico Canino




Ottaviano Augusto da giovane si faceva chiamare Octavius Thurinus. Suo nonno proveniva da Thuri, la città fondata sulle rovine di Sibari. Sono molte le fonti latine, tra cui Svetonio, Marco Antonio e Orazio, che confermano questa sua origine.
Svetonio scrisse: “Quando era neonato gli fu imposto l’appellativo di Thurino, in memoria dell’origine degli avi, o perché il padre Ottavio aveva combattuto con buona fortuna in quella regione contro gli schiavi fuggiaschi”, che, aveva già scritto prima il biografo, erano bande superstiti delle rivolte di Spartaco e di Catilina.
Sappiamo da Svetonio che l’origine thurina di Cesare Ottaviano Augusto si ricava dalla genealogia richiamata da Antonio, il quale, segnalando la sua discendenza, intese dire che non poteva accampare alcuna origine senatoria: “Avus, funarius, pater argentarius, ipse thurinus”, con riferimento al fatto che era di umile origine e non poteva vantare discendenza senatoria. Il nonno, dice l’epigrafe, era costruttore di funi, un umile cordaio, forse ex-schiavo, il padre banchiere, egli stesso Thurino, nativo di una città periferica. Marco Antonio aveva fatto incidere questa frase sulla statua di Ottaviano, quando, come suo avversario politico, era riuscito a proscriverlo da Roma con decreto del Senato. Augusto non si curò della scritta e quando rientrò a Roma, dopo aver sconfitto il suo irriducibile avversario Antonio, lasciò che l’epigrafe campeggiasse ancora ai piedi della sua statua.
Inoltre, il poeta Orazio, già compagno di studi di Ottaviano ad Atene, in una sua Ode, la III, 9, raccontò di una rivalità in amore per la bella Lidia con un potente chiamato Thurino; ebbene questo è un altro indizio che Augusto si faceva chiamare in gioventù Thurino. Quando divenne imperatore, Augusto fece coniare delle monete (denari) con il simbolo del toro cozzante di THURIOI, fondata nel 444 a.C. da Pericle, e che ai tempi di Augusto era ormai una colonia romana, in cui si venerava ancora un’antica statua in bronzo del toro cozzante. Nel dritto della moneta c'è il busto di Augusto e nel rovescio c'è il toro cozzante, usato da Augusto come riferimento alla sua origine THURINA, che non gli dispiaceva affatto, visto che la città calabrese poteva vantare di essere stata fondata dal grande statista ateniese Pericle, figura di prestigio per il primo l’imperatore di Roma.

6-1-2018
© Domenico Canino

 
 



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