‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

07 luglio 2020

Azienda ospedaliera di Cosenza: Atto aziendale adottato solo per ottenere il bonus economico


All’indomani dell’incontro con le sigle sindacali dei medici, ne sappiamo di più sul recente passato e sul futuro dell’AO di Cosenza. La Commissaria Dr.ssa Panizzoli, con quanto detto, ha dato l’impressione di essere in procinto di smobilitare e non avere più interesse a lasciare nell’ombra alcuni eventi della sua amministrazione.

Ha esplicitamente dichiarato che il nuovo Atto Aziendale risponde solo all’esigenza di raggiungere uno degli obiettivi impostogli dal Decreto Calabria. Ha aggiunto che è stato formulato sull’idea di base di non danneggiare nessun dirigente e su alcune precise richieste dei Direttori di Dipartimento. Una di queste riguarda l’U.O.S.D. Terapia Intensiva Pediatrica, a suo tempo conquista dell’impegno del Garante per l’infanzia e l’adolescenza Dr. Marziale, oggi cancellata su richiesta del Dr. Scarpelli Direttore del Dipartimento Materno Infantile.

La Dr.ssa Panizzoli ha inoltre tentato di disimpegnarsi dalle accuse di inerzia nel risolvere la criticità dell’Azienda con la motivazione che non possono essere addebitabili a sue responsabilità. Quando le si è fatto notare che il suo incarico nasceva proprio dalla necessità di trovare delle soluzioni ai problemi esistenti, ha usato un’espressione che ha tradito un senso di insofferenza verso il suo ruolo di Commissaria all’AO di Cosenza quasi fosse una “prescrizione medica” subita mal volentieri. Ce ne sarebbe già a sufficienza per dichiarare il fallimento completo di questo management, ma non è ancora abbastanza. Il piano delle assunzioni, che dovrebbe dare ossigeno a tutte le U.O dell’Annunziata, ha numeri risibili e spalmati in tre anni. In pratica neanche sufficienti a coprire i pensionamenti che ci saranno nello stesso periodo. Alla domanda sul futuro dell’Onco-Ematologia Pediatrica, la risposta è stata che, di questo centro, non vi è traccia in nessun documento aziendale. Ignora o fa finta di ignorare che il centro fu istituito nel 2001 con la Delibera n° 399 del Dr. D’Alessandro, all’epoca Direttore Generale dell’AO. Lo stesso centro veniva accreditato nel 2005 con apposito verbale d’Audit dall’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica.

Anche sul versante dei rapporti con la Dirigenza Medica, la gestione è del tutto deficitaria. In sei mesi non si è ancora completato l’adeguamento al nuovo CCNL. Pare sia responsabilità della società, “imposta dalla Regione” con la quale è pressoché impossibile interfacciarsi. Nulla, però, è stato fatto per ottenere una loro doverosa maggiore efficienza, visti i compensi non certo di favore. A questo punto la palla e la responsabilità ricade sul Commissario ad Acta Gen. Cotticelli e sul suo ufficio. Certe dichiarazioni dovrebbero essere più che sufficienti a bocciare questo nuovo Atto Aziendale che, per ammissione stessa della Dr.ssa Panizzoli, ha visto la luce solo per ottenere il bonus economico per il raggiungimento degli obiettivi. Ne dovrebbe quindi scaturire, di conseguenza, la rimozione immediata della Commissaria dell’AO di Cosenza. Permetterle il raggiungimento della naturale scadenza, sarebbe l’equivalente di rendersi complice del danno erariale che ne conseguirebbe ai danni della Regione Calabria e quindi dei Calabresi.

Cosenza, 7 luglio 2020

Dr. Rodolfo Gualtieri   Segretario Aziendale CISL Medici   AO Cosenza

Dr. Luigi Ziccarelli      Segretario Aziendale ANAAO            AO Cosenza


Mariano Santo, uno scandalo della sanità cosentina

 

 

Il Mariano Santo, dopo l’evacuazione avvenuta nel 2015 e l’inizio dei deprecabili lavori di ristrutturazione, si presenta oggi come un cantiere semi abbandonato. I lavori sono fermi da tempo, a tratti riprendono per qualche ora e poi vengono di nuovo abbandonati. Da cinque anni ormai, l’ex sanatorio realizzato negli anni ’30, è chiuso e senza speranze. Non interessa a nessuno che ritorni ad essere operativo, nonostante le somme spese finora per la sua ristrutturazione – mai avvenuta completamente – e nonostante rappresenti un presidio utile per la provincia. 

La chiusura del Mariano Santo non ha mai convinto chi ne ha seguito le fasi fin dal febbraio 2015. Molte sono state le proteste dei cittadini e dei sanitari contro la chiusura dell’ex sanatorio, si chiedevano tempi rapidi per la riapertura e soprattutto si chiedeva il perché di quei lavori e dello spreco di denaro che ne sarebbe conseguito.

È necessario, a questo punto, fare un passo indietro e ricordare le traversie della struttura sanitaria cosentina: “Con una relazione inviata all'Ufficio tecnico dell'ospedale, la ditta che stava eseguendo i lavori di ristrutturazione del Mariano Santo (2015) informò l'azienda ospedaliera che alcune travi dell'edificio erano a rischio crolli, quindi la struttura risultava pericolante. La ditta esecutrice aveva vinto una gara senza mettere in discussione alcuni saggi effettuati in precedenza, pertanto il reale pericolo, riscontrato solo in un secondo momento, faceva sorgere diversi dubbi. Da una nota diramata in seguito dall'azienda ospedaliera, si apprese che le criticità della struttura erano dovute al calcestruzzo utilizzato per la realizzazione dell'ultimo piano della struttura. Erano stati i rilievi predisposti dall'impresa appaltatrice a far emergere il problema e a mettere anche in evidenza alcune limitate situazioni di degrado delle strutture (travi e pilastri) dell'ultimo piano. L'edificio doveva essere evacuato.

Immediate furono le reazioni dell'intersindacale dei medici, di alcuni consiglieri comunali e di qualche sanitario che volevano scongiurare il rischio evacuazione, anche in virtù del fatto che la ditta appaltatrice si era impegnata a compiere i lavori mantenendo i pazienti e il personale nella struttura. I vari interventi sarebbero stati eseguiti realizzando delle paratie per evitare ai pazienti rumori e polvere. La direzione sanitaria dell'ospedale rilevò in seguito che invece delle paratie furono usati dei tendoni, forse per risparmiare tempo e denaro.

Si chiedeva, dunque, una perizia 'terza' per conoscere le reali condizioni della struttura e la pubblicazione, sul sito dell'azienda ospedaliera, dei vari atti, visto che non era dato sapere se la perizia effettuata dalla ditta appaltatrice potesse, in qualche modo, essere o meno in contrasto con i risultati dei vecchi carotaggi.

Le ''carte'', in realtà, non furono mai esibite pubblicamente, né durante l'incontro che i sanitari ebbero con il vice Prefetto, né dopo la richiesta pressante di un ex consigliere comunale, l'ingegnere Francesco Caruso (oggi vicesindaco), il quale sosteneva che non si poteva decidere uno sgombero se in nessuna relazione era acclarato un rischio.

La relazione predisposta dalla ditta sembrava descrivere lo stato di una situazione insoddisfacente, forse riferito agli obiettivi del progetto, ma non riportava che esisteva un effettivo rischio per l'incolumità. Mancava, dunque, il requisito di pericolosità imminente, essenziale quando si ordina uno sgombero. Nel giro di pochi mesi, tuttavia, l'ex sanatorio fu evacuato: la direzione dell'Ao programmò il trasferimento delle Unità operative e dei pazienti in parte all'Annunziata e in parte al Santa Barbara di Rogliano, quest'ultimo ben lieto, insieme al suo comitato, di ospitare alcune Unità del Mariano Santo. Da allora i riflettori sul vecchio ospedale cittadino si spensero e successivamente i lavori si fermarono perché si rese necessario rivedere alcuni elementi strutturali.  

A distanza di oltre un anno, ed esattamente nei primi di maggio del 2016, fu approvata una perizia di variante, ritenuta necessaria dopo le criticità rilevate dalla ditta appaltatrice. Equivale a dire che a lavori già iniziati – e poi bloccati – si dovette predisporre una variante per il consolidamento della struttura, a causa di problemi che non erano stati individuati o che sono intervenuti in un secondo momento. La ditta “Consorzio Gico srl” accettò di eseguire i lavori suppletivi, poiché era stato completato l'iter amministrativo-tecnico di riassegnazione del cantiere alla società aggiudicataria che convalidò la predetta perizia. I lavori sarebbero dovuti terminare entro 540 giorni, senza comportare alcun aumento di spesa, visto che gli imprevisti rientravano nel quadro economico”.

Di giorni ne sono passati 1520 e nessuno sa quanti altri ancora ne serviranno per terminare i lavori, sempre che vi sia la volontà di portare a compimento un’opera che è già costata diversi milioni. È vero che siamo nel paese delle incompiute, dei lavori inventati per favorire le ditte amiche, degli sprechi del denaro pubblico, del disinteresse dei decisori politici per la salute dei cittadini contribuenti, ma il caso Mariano Santo non deve cadere nel dimenticatoio. Merita giustizia per tutti i disagi causati agli ammalati che furono trasferiti nel maggio 2015, data dell’inizio dei lavori, e per tutto il denaro inutilmente speso finora. 

Cosenza, 7 luglio 2020

© Francesca Canino


03 luglio 2020

Ospedale di Cosenza, lo sfascio è compiuto, avanti con la sanità privata


 

Scappano dall’Annunziata di Cosenza medici e cittadini bisognosi di cure. Questi ultimi, stremati dalle interminabili code al Cup, preferiscono rimandare le prenotazioni o rivolgersi agli ambulatori privati. Alcuni medici, invece, scelgono di lasciare la barca colata a picco, o quasi, per approdare in altre strutture, magari private. Rischioso rimanere a fare il medico all’ospedale di Cosenza, depauperato di personale e risorse, disorganizzato a causa dello scarso impegno profuso finora dall’attuale commissario Panizzoli, che da un anno circa guida il nosocomio bruzio. L’ospedale è ora nel caos, il personale sanitario è insufficiente, oberato di lavoro e subisce in prima persona la mancata organizzazione e l’incompetenza dei vertici. Ma è davvero solo un problema di competenze?

Nei mesi scorsi, il management dell'azienda ospedaliera di Cosenza ha rinunciato, di fatto senza motivazioni plausibili, all'opportunità di un reale aggiornamento tecnologico attraverso il finanziamento di 10 milioni di euro, che avrebbe permesso l'acquisto di nuove attrezzature (come il robot Da Vinci, assolutamente indispensabile per mantenere a un livello di qualità le nostre chirurgie; una seconda Pet; un nuovo agiografo digitalizzato). L’ospedale di Cosenza, dunque, è stato privato di strumenti avanzati di cura che avrebbero contrastato l'emigrazione sanitaria. I motivi di questa rinuncia potrebbero risiedere nella volontà di favorire la sanità privata, volontà manifestata anche dalla Regione Calabria, che con l’ordinanza n. 35 del 24/04/2020 ha riaperto, dopo il confinamento, le strutture sanitarie private dal 27 aprile 2020 e dopo 15 giorni ha disposto la riapertura delle strutture pubbliche.

Ancora oggi, le visite ambulatoriali in ospedale o presso il poliambulatorio di via Popilia non sono riprese a pieno regime, mentre tutte le strutture private lavorano a pieno ritmo. Come mai?

É risaputo che in Calabria ci sono gruppi di potere che hanno le mani nella sanità, ricevono ogni anno accreditamenti milionari dalla Regione e siedono sugli scranni regionali solo per aumentare il loro volume di affari. Sono molte le risorse pubbliche destinate ai proprietari di case di cura e similari, che vedono accrescere il loro potere e la loro forza economica grazie ai finanziamenti regionali che potrebbero, invece, essere investiti nella sanità pubblica. Spesso coadiuvati da politici compiacenti con cui dividono la torta, i manager della sanità privata vantano oggi un potere abnorme e sono in grado di orientare le ordinanze, decidere le nomine dei dirigenti e le sorti della sanità pubblica.

Ultimamente si attribuisce la responsabilità della malasanità calabrese e dei problemi dell’Hub cosentino alla Lega e al Decreto Calabria, entrambi sicuramente non ‘salutari’ per i cittadini/contribuenti. La sanità da terzo mondo che i calabresi si ritrovano è da imputarsi allo smantellamento della sanità pubblica a vantaggio di quella privata, un processo cominciato anni addietro e portato avanti sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra per arricchire gli amici di turno, imprenditori della sanità, in cambio di voti, sostegno economico, protezione. La piaga che affligge l’ultima regione d’Europa non è (solo) la Lega e la sua intenzione di colonizzare la sanità regionale, ma la sanità privata e chi la gestisce (calabresi) a suon di milioni.

A riprova di ciò, chiediamoci perché non è stato nominato il direttore generale all’Azienda ospedaliera di Cosenza a partire dal 1° maggio scorso, come previsto dal famigerato Decreto Calabria (art. 3, comma 9), e si è preferito lasciare un commissario assente e poco preparato che ha affossato l’Annunziata (missione compiuta?); perché il direttore sanitario dell’ospedale, legata al commissario, è stata nominata commissario dell’Asp? Ricordiamo che le risorse che gestisce l’Asp sono immense e una gran parte di esse sono destinate alla sanità privata. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Cosenza, 4 luglio 2020

© Francesca Canino

 

 

 


Sila, allarme processionaria, la risposta insensata della Regione

Nello scorso mese di febbraio abbiamo segnalato agli organi di stampa, e in seguito anche ai Carabinieri forestali, che molti esemplari di pini silani erano stati attaccati dalla processionaria. Un problema molto serio, considerato che il lepidottero si nutre delle foglie delle conifere, causando la defogliazione totale dell'albero. Le processionarie, infatti, nidificano soprattutto su pini e querce, arrivando in molti casi a distruggerli.

Abbiamo ricordato nel nostro precedente comunicato che la “disinfestazione dei bruchi di processionaria in Italia è obbligatoria dal 2008, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale che prevede le disposizioni per la lotta obbligatoria contro la processionaria del pino. Incaricati alla rimozione dei nidi di processionaria su piante poste in luoghi pubblici sono il Corpo forestale o i professionisti della disinfestazione, che possono rimuovere manualmente i nidi di processionaria, tagliando le estremità della pianta infestate. Questo procedimento viene abitualmente svolto durante l’inverno, prima che le larve escano dal nido. Si può, in alternativa, utilizzare un insetticida biologico, innocuo per persone e cani, che agisce rapidamente, bloccando l’attività trofica delle larve. L’insetticida può essere diffuso per via. Inoltre, si possono utilizzare le trappole ai feromoni per ridurre la possibilità di incontro e di procreazione tra il maschio e la femmina di processionaria”.

A distanza di alcuni mesi, i Carabinieri forestali ci hanno inviato la risposta che hanno ricevuto dalla Regione Calabria, Dipartimento 8 “Agricoltura e Risorse Agroalimentari”, firmata dal Dirigente generale e dall’Ispettore fitosanitario. Questi ultimi citano un Decreto ministeriale del 2007 e rammentano che gli interventi per eliminare la processionaria devono essere effettuati dai proprietari o dai conduttori dei fondi su cui sono radicate le piante infestate.


Vogliamo ricordare al dirigente e all’ispettore che molti dei pini infestati non si ergono su fondi privati, ma su fondi pubblici. Prendiamo atto del pressapochismo dei dirigenti regionali e dello scarso interesse mostrato nei riguardi della natura e di una delle bellezze naturali uniche al mondo, quale è la nostra Sila, che se perde i suoi pini, perde inevitabilmente la sua anima.

Comitato Alberi Verdi

 


02 luglio 2020

Ospedale di Cosenza, dirigenti colpevoli

Da AdnKronos

Ospedale Cosenza: Ordine dei Medici, ‘non si opera perché manca il personale’ Eugenio Corcioni: “colpa esclusiva della direzione generale”. Interventi chirurgici solo in caso di emergenza nell’ospedale dell’Annunziata a causa della carenza di personale. “È uno scandalo” afferma il presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza Eugenio Corcioni in un’intervista rilasciata all’Adnkronos. “Le sale operatorie lavorano a scartamento ridotto per colpa esclusiva della direzione generale. Il commissario dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza Giuseppina Panizzoli può assumere, – spiega Corcioni – ma c’è una procedura tecnica che non sa attivare ed è tutto bloccato. È una follia. Non è accettabile che non si possa procedere alle assunzioni già autorizzate, con graduatoria pronta. Il risultato è che i pazienti devono andare fuori regione anche per un’ernia inguinale. Si aumenta così la migrazione sanitaria e i costi a carico della sanità calabrese”. 

“Il coronavirus ha incancrenito questa situazione. Non si tratta di una questione di dispositivi di protezione che in sala operatoria – chiarisce il presidente dell’Ordine dei Medici di Cosenza - erano obbligatori anche prima del Covid-19. È un dato di fatto che mancano ferristi ed infermieri, personale prezioso in quanto i medici senza loro non possono operare. Le iniziative del Governo hanno dato massima libertà nell’assunzione di nuovo personale e se l’Azienda Ospedaliera di Cosenza non ha acquisito né medici, né infermieri la responsabilità è della direzione generale. Questa è la verità, non ci sono impedimenti tecnici o giuridici, ma l’incapacità di aumentare l’organico. Mi chiedo perché abbiano riaperto i termini per quattro concorsi (di reparti essenziali quali oncologia, cardiologia interventistica, otorinolaringoiatria, chirurgia pediatrica) bloccando l’iter anche se gli iscritti già c’erano”. 

“È evidente che se le sale operatorie (che per me dovrebbero lavorare h 24) non sono attive almeno 12 ore al giorno per sei giorni alla settimana, ma funzionano solo per le urgenze, i bilanci saranno sempre in passivo. Il commissario per il piano di rientro dal debito sanitario Saverio Cotticelli ha stilato le linee per il riordino della rete ospedaliera in emergenza Covid-19, ma è una sorta di imbroglio, di fatto non è stato fatto nulla. Un esempio su tutti. L’aumento dei posti letto in terapia intensiva senza finanziamenti per rifarle, visto che sono un sistema chiuso con un riciclo di gas altamente infettivo, è impraticabile. Si parla quindi di posti da riconvertire, togliendoli ad altri reparti già in sofferenza (medicina, gastroenterologia, cardiologia, ecc.). 

È un piano teorico – denuncia Corcioni - di cui non vedremo mai neanche la nascita. Il problema oggi è l’ordinario: se 100 persone vanno in pensione e non ci sono nuovi assunti, l’ospedale si paralizza. Fino a dicembre siamo a rischio emergenza, però le sale operatorie devono lavorare, non basta fare le visite ambulatoriali se poi non si può intervenire con la chirurgia. Il Covid non c’entra, l’attività chirurgica è ferma perché manca personale”.


30 giugno 2020

Ospedale di Cosenza, il disastro dell'atto aziendale e l'inadeguatezza dei manager cittadini e regionali


Qualche tempo fa è stato pubblicato un ottimo articolo, un’analisi abbastanza impietosa, in grandissima parte condivisibile, del nuovo Atto Aziendale dell’A.O. di Cosenza. Ne veniva fuori un quadro a dir poco devastante non solo e non tanto per il documento in sé, ma soprattutto perché delineava l’assoluta pochezza, se non la perniciosità, dell’attuale management. 

Adottare un nuovo Atto Aziendale solo ed esclusivamente per effettuare un’attività che nel regno animale viene indicata come “marcatura del territorio”, è l’equivalente della celeberrima frase di Alberto Sordi, ne Il Marchese del Grillo, “io so’ io e voi non siete un c….”, questa volta indirizzata a tutti i cittadini della provincia di Cosenza. 

L’Atto Aziendale è, per un’Azienda Sanitaria, l’equivalente del Piano Industriale di una qualsiasi azienda produttiva. Dovrebbe delineare obiettivi e modalità per raggiungerli; strategie per abbattere i costi migliorando o, almeno, mantenendo qualità e numerosità dei servizi; tagliare ciò che risulta non necessario, mantenendo ed implementando quello che serve ai suoi clienti. Tutto ciò tenendo ben presente che, un’azienda sanitaria, nel computo dell’economicità delle sue attività, deve tener presente in più anche i costi sociali determinati dalle sue scelte e non solo il suo bilancio interno. Oggi, nulla di tutto ciò. Non c’è analisi dei fabbisogni, non c’è visione e neppure progettualità per il futuro. Mero gioco delle tre carte dove l’asso lo trova solo e sempre il compare di turno. 

A questo disastro provinciale riesce a dare anche una valenza regionale l’azione compiuta dal Commissario Cotticelli e dalla sua vice Crocco. Tutto il loro gran da fare per correggere e salvare un Atto Aziendale irricevibile, si è risolto in una delibera integrativa da parte del management dell’A.O. di Cosenza che, definire di semplice maquillage, è un’offesa all’estetista della periferia della solita Voghera. 

Se si esclude il furto perpetrato ai danni dell’U.O.C. di Oculistica della “Banca regionale trapianto ed innesti corneali”, da sempre eccellenza di questa U.O., il resto è solo cambio di denominazioni a contenuti invariati. Quel documento, ovvero l’Atto Aziendale dell’A.O., spacciato per necessario e risolutivo per il buon funzionamento dell’Hub di Cosenza, è rimasto fermo quattro mesi per queste offensive banalità. A questo punto, le possibili ragioni che hanno portato a questa perdita di tempo ed alla odierna integrazione sono due: la prima è che, vista l’assoluta inutilità per la razionalizzazione delle attività, ci si poteva permettere di perdere tempo per fare i “furbetti” e far finta di fare modifiche senza farlo; la seconda, è che risponde veramente alle prescrizioni dell’ufficio del Commissario ad Acta. Nel primo caso si tratterebbe della certificazione dell’inadeguatezza di un management aziendale che doveva essere rimosso già da tempo. Nel secondo, visti i quattro mesi persi per la valutazione di questo nulla assoluto, avremmo la certificazione che anche l’Ufficio del Commissario ad Acta è assolutamente inadeguato

Alla fine della fiera, in qualunque caso, la sanità cosentina e regionale deve assolutamente cambiare rotta e timonieri se vuole ancora sperare di risollevarsi da una situazione non più gestibile da nessuno, calabrese o meno.

 

         Dr. Rodolfo Gualtieri                                                                     Dr. Luigi Ziccarelli

Segretario Aziendale CISL Medici                                                  Segretario Aziendale ANAAO

 

Considerazioni a margine

Modificato in notturna, secondo la tendenza nazionale, l’atto aziendale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, è stato licenziato dalla Struttura Commissariale agli inizi di marzo scorso e rivisto alcune notti fa. Ecco le discutibili variazioni su un testo già contestato:

UOC Accettazione, Accoglienza, Attività Sanitarie: viene cambiato il nome e diventa “Spedalità, Accoglienza, Specialistica Ambulatoriale e A.L.P.I” al fine di mantenerla all’interno dell’ospedale e giustificare, così, un Dipartimento del genere o per creare un primariato per chi si è sempre interessato di ALPI. Ulteriore conseguenza, non si sa fino a quanto non voluta, è stata dare risposta alla domanda su quali dovessero essere i criteri per diventarne Direttore. C’è praticamente già il nome. Nella foga del maquillage, è scappata quella “Specialistica Ambulatoriale” che nulla ha a che vedere con l’AO, essendo di competenza dell’ASP.U.O.C. Terapia del dolore, la quale, su richiesta del suo Direttore e in coerenza con le linee programmatiche della Conferenza Stato-Regioni del 2017, passa dal Dipartimento dell’Emergenza a quello Onco-Ematologico. Ma, è d’obbligo ora chiedersi: perché fino ad oggi andava bene la sua errata localizzazione nell’Emergenza e ora finisce nell’Onco-Ematologico? Sarà per evitare contrasti di leadership nel Dipartimento Emergenza? Perché questa stessa Conferenza Stato-Regioni viene tenuta in considerazione per la Terapia del Dolore e non per la Terapia Intensiva Pediatrica che, dove c’è (e c’è, vedi DCA 89/2017), dice debba essere gestita in locali e personale diversi da quelli dedicati agli adulti?

U.O.S.D. Banca Regionale Trapianto Innesti Corneali (esistente da quasi 20 anni come U.O.S. all’interno di Oculistica, viene costituita come dipartimentale per rispondere al DCA 62 del 06/03/20, aggiornamento ed integrazione del DCA 112/16, posteriore all’adozione di questo Atto Aziendale del 05/03/20). Anche qui due pesi e due misure con la TIP. Non se ne comprende, poi, il suo inserimento nel Dipartimento dei Servizi e non in quello di Neuroscienze (dove è allocata Oculistica) o Chirurgico Polispecialistico insieme ad altre chirurgie. Essendo in un Dipartimento diverso da Oculistica, quali medici vi afferiranno? Il bando di ammissione in una struttura Dipartimentale, dovrebbe essere intra dipartimentale. Anche qui, sarà forse solo accentramento di potere, da più tempo inseguito dal Direttore del Dipartimento dei Servizi, più che razionalizzazione?

Dipartimento Materno-Infantile Area Nord, sparisce la dicitura Area Nord “al fine di distinguere questo Dipartimento gestionale Aziendale da quello funzionale trasversale interaziendale tra AO Cosenza e ASP Cosenza” (citazione dalla Delibera). Peccato che nel testo dell’articolo 35 “Dipartimento Materno-Infantile”, tranne il nome, rimane tutto com’era, continuando a considerare interaziendale lo stesso Dipartimento e mantenendo all’interno tutte le strutture dell’ASP compresa Neuropsichiatria Infantile ed i Consultori Familiari.

Dipartimento del Governo Clinico cambia solo nome e diventa “Dipartimento di Staff” in aggiunta alle strutture di Staff che rimangono.

UOC Neurologia con Stroke Unit di II livello sparisce dalla denominazione “Stroke Unit di II livello” perché già presente una UOS, con lo stesso nome, sotto ordinata.

Ci si chiede: Per queste modifiche, banali e inconcludenti, è lecito ritardare (siamo già a 4 mesi) l’applicazione di un Atto Aziendale che, a parole, doveva razionalizzare ed efficientare l’Azienda?

Cosenza, 30 giugno 2020

© Francesca Canino

 



25 giugno 2020

Cosenza, la città dei sette colli ne perde uno



Cosenza, come Roma, è la città dei sette colli, anche se da tempo ne ha perso uno. Sono in pochi a sapere, infatti, che nel 1994 Colle Triglio è scomparso dalle carte della Variante al Piano Regolatore Generale che, in violazione della legge 1497/39, lo ha designato come zona edificabile. Un’area di grande interesse storico e paesaggistico, tutelata dalla legge, è così destinata ad essere distrutta, con conseguente alterazione dell’immagine della città antica.

Uno studio compiuto dal ‘Comitato per la Difesa della Bellezza e del Paesaggio di Colle Triglio’ dal titolo “Colle Triglio, della bellezza, dell’ambiente, del paesaggio”, riporta le fasi, le motivazioni e gli interessi di speculatori e amministratori comunali che hanno fatto sparire uno dei sette colli cosentini. Nella Carta fatta stampare dal comune di Cosenza in seguito alla Variante al PRG del settembre 1994, Colle Mussano è indicato come area di espansione sino a comprendere Colle Triglio, la cui denominazione scompare.

«L’area di Colle Triglio – precisa il Comitato – viene denominata Colle Mussano; Colle Triglio viene indicato come un quartiere alle pendici di Colle Mussano. Con sprezzo della storia… Si realizzerebbe così una insanabile mutilazione dell’organismo urbano costituito da Cosenza vecchia, mentre la città perderebbe uno dei colli più verdi, il più celebrato dagli artisti che visitarono la città tra il ‘700 e l’800. La trasformazione di Mons Triliens lo Triglio in area edificabile, prima che una sfrontata impudenza – sostiene il Comitato - è un delitto che colpisce l’identità, la cultura, la bellezza, l’ambiente e il paesaggio di Cosenza».

Nessuno ha sollevato obiezioni, il Colle è stato escluso dal centro storico e da zona A, in cui è impedita ogni nuova edificazione, è diventato zona di espansione, edificabile, tralasciando un particolare: l’area è a rischio idrogeologico. Non solo, Colle Triglio, come tutti i colli cosentini, emblema della città, è tutelato dal Decreto Ministeriale del 15/7/1969, che «legittima -  continua il comitato - la Dichiarazione di notevole interesse pubblico del centro storico ed aree limitrofe del comune di Cosenza. E mette queste aree sotto la tutela della legge 1497/39. Inoltre, una consistente porzione del suo territorio (nella sua interezza quello collinare posto a sud del centro) è sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale… in forza del pronunciamento della commissione riunitasi nel Capoluogo in data 23/2/1967».

A difesa dell’ambiente di Colle Triglio è opportuno ricordare che la tutela del paesaggio nel nostro paese ha il suo fondamento nell’art. 9 della Costituzione e la conservazione degli elementi costitutivi delle morfologie e dei beni paesaggistici è prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, «che prevede il minor consumo di suolo – conclude il Comitato - e finanche il ripristino dei valori paesaggistici da parte degli amministratori comunali».

Pertanto, la costruzione di villette a schiera sulla sommità di Colle Triglio, progetto già pronto e al momento sospeso dalla Soprintendenza, cancellerebbe la veduta storica della città, garantita dal ‘Disciplinare per gli interventi di recupero, conservazione e messa in sicurezza del Patrimonio storico costruito’ (2016), che all’art. 3 tutela “la conservazione del paesaggio e delle prospettive visuali, ivi compresa la visualizzazione da e verso il centro storico”.  

Il dio cemento cancella vincoli, storia e bellezze naturali per assecondare gli interessi di speculatori e amministratori pubblici, pur consci che a Cosenza sono numerosi gli edifici vuoti. Non c’è alcun bisogno di nuove costruzioni se non per arricchire i soliti noti e consumare suolo. Le aree storiche, soggette a vincoli, devono essere preservate da ogni tentativo di deturpamento. Scriveva Enzo Stancati nella sua monumentale opera “Cosenza nei suoi quartieri” che su Colle Triglio furono ritrovate alcune tombe di una modesta necropoli, in seguito la collina ospitò templi pagani e vi si costruirono tre importanti edifici raffigurati nella Carta dell’Angelica. Ancora oggi è dominato dal maestoso Palazzo Arnone, ex tribunale e carcere, sede della Galleria nazionale, e ospita storici edifici, tra cui Villa Rendano, palazzo Mollo, i ruderi della chiesa di Santa Teresa, l’ex orfanotrofio Vittorio Emanuele II e la chiesa di Santa Croce. Rinomato per la sua rigogliosa vegetazione, in parte distrutta dagli incendi (dolosi?) e dai tagliatori comunali, Colle Triglio è ora in procinto di essere deturpato. Che dirà la città?

Cosenza, 25 giugno 2020
© Francesca Canino