Per le poesie declamate e dedicate,
per l'amicizia,
per la gioiosa meraviglia di scoprire giorno dopo giorno
un rivoluzionario che sembrava un professore
un rivoluzionario che sembrava un professore
A una settimana circa dalla scomparsa del professor
Leopoldo Conforti, presidente dell’Accademia cosentina, rivolgo un ricordo insolito
a un uomo che lascia un segno profondo nell’ormai esiguo mondo culturale
cosentino.
Critico verso la città dei Bruzi, paragonata spesso
a un suo personalissimo Giano bifronte, il cui volto guardante al passato rappresenta
la città colta, mentre il volto proteso verso il futuro raffigura la Cosenza illetterata,
barbara, prepotente. Un discorso, questo, affrontato di frequente durante le lunghe
passeggiate su corso Mazzini, dove era facile incontrarlo e intraprendere inconsuete
conversazioni. Ero concorde quasi sempre con le sue analisi sulla società odierna,
sull’Accademia cosentina, su Bernardino Telesio e sulla deriva culturale di Cosenza,
città che vanta, tuttavia, un passato degno di rispetto.
Animato da ‘uno spirto guerriero’, seppur celato
sotto le sembianze del classico insegnante di Latino e Greco, il professor
Conforti mi esternava, con tono burbero e sguardo inizialmente accigliato, riflessioni
acute che suscitavano in me meraviglia e sorrisi, poiché alla fine di ogni
considerazione l’ironia era in agguato e il suo sguardo si rasserenava, tutto
il suo viso cambiava espressione per farmi intendere che nulla, alla fine, è
così scontato, grave, irrimediabile se si decide di lottare. E per alleggerire
i fardelli della vita usava declamare brevi poesie del mondo classico, cercando
sui volti di chi lo udiva i canoni della bellezza greca. I versi poetici lo
rinvigorivano e lo spronavano a nuove avventure, come i cambiamenti necessari che
avrebbe voluto apportare all’Accademia cosentina, una Istituzione importante, oggi
immobile e poco feconda per la cultura cittadina. Mal tollerava certe regole
che la ingessano e ne arrestano quei processi di modernizzazione essenziali per
il suo cammino verso il futuro. Auspicava aperture ai giovani e propugnava l’importanza
dei media per la diffusione del sapere. Come giornalista, spesso mi rivelava il suo scoramento per il disinteresse che giornali e tv
locali manifestavano verso le attività dell’Accademia. Si infervorava molto
quando si parlava di questo argomento, sfoderava una vis polemica inusuale per
chi aveva attraversato quasi cento anni di storia, diventava un giovanotto dai
capelli bianchi pronto a partire per il fronte. E il suo fronte è ora l’eredità
che lascia a chi lo ha conosciuto e stimato, a noi tutti, affinché non si
disperda il patrimonio culturale dell’antica città di Telesio e dell’Accademia
e si disperda, invece, la defixio, la maledizione che ha colpito Cosenza, rendendola la città dei balocchi.
Cosenza, 8 agosto 2020
© Francesca
Canino
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