Riceviamo e pubblichiamoÈ luogo
comune ormai ripetere che dopo la pandemia Covid-19 nulla sarà come prima. E
forse sarà proprio un QR code lo spartiacque a segnare la differenza tra come
eravamo prima e come saremo dopo la pandemia. Se un codice è diventato la nuova
forma di linguaggio che ci identifica, allora è attraverso questa forma che con
questa azione artistica si vuole spingere alla riflessione, a rimanere con uno
sguardo attento in questo momento di grande cambiamento.
Grandi QR
code si aggirano affissi per Recanati, “disturbati” nella loro sequenza
algoritmica solo da piccoli virus verdi, gli umani. Ma basta puntarli con uno
smartphone per capire di che pass si tratti… 11 QR code che indirizzano al sito
del Senato verso quegli articoli della Costituzione che in questo momento, a
torto o a ragione, vengono tirati in causa.
Un
piccolo quadratino bianco pieno di segni, che in fondo non sappiamo neppure
cosa significhino se non siamo in rete, ha permeato così tanto ogni aspetto del
nostro quotidiano (dal menù del ristorante, al biglietto di viaggio, ai libri
catalogati in biblioteca) che a poco a poco ha acquisito una valenza sociale e
istituzionale tale da diventare il
criterio di riconoscimento di ognuno di noi. Anzi della nostra idoneità o meno per poter accedere a forme primarie
di vita sociale, in primis il lavoro.
Se
scontato è dire che la comunicazione, oggi come ieri, utilizza codici e simboli
per veicolare concetti e idee e che la nostra identità è sempre più destinata a
passare attraverso un simbolo, meno scontato è a mio avviso quello su cui si
deve riflettere sull’ulteriore passaggio che sta avvenendo. Con troppa
leggerezza e con un certo grado di non consapevolezza, con scelte adottate
nell’urgenza e nel carattere “emergenziale” in cui siamo immersi, abbiamo in
qualche modo metabolizzato che un QR code venga applicato anche alla nostra
sfera più privata e intima, al nostro corpo, alla nostra salute. Trasfigurati in una sequenza numerica, si
abolisce sempre di più il confine tra pubblico e privato, tra la legittima possibilità
di scelta e il supremo “bene collettivo”.
Non basta più essere sani. Dobbiamo avere una salute implementata.
Come Arte pubblica, questi
manifesti vogliono sganciarsi da qualsiasi strumentalizzazione polemica verso
argomenti già ampiamenti dibattuti, ma sono volti a riflettere e soprattutto a
non dimenticare che la nostra identità e dignità non possono essere codificate
ed oggettivizzate in maniera così violenta e superficiale: identità e dignità
si costruiscono e consolidano su fondamenti universali che non hanno bisogno di
un “permesso per”.
Teniamo
ferme le nostre radici perché saranno proprio questi principi Umani e
Costituzionali, Interculturali e Condivisibili, il terreno ricco e fertile su
cui ricompattare e fortificare la società.
Federica Amichetti
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