‘’In fatto di giornali non ne comprendiamo che di due specie: o giornali di partito che essendo l’espressione delle idee, delle aspirazioni, dei metodi di un dato partito, servono a propagare e difendere queste idee e questo metodo; o giornali notiziari cui cura precipua deve esser quella di servire il pubblico... Il giornalismo della prima maniera è missione, quasi sempre nobile e bella missione; l’altro è mestiere (nel senso buono della parola) o, se suona meglio professione. Il primo è vecchio, il secondo è giovanissimo e certo tentativo come il nostro in Calabria deve sembrare stoltezza più che audacia. Fra le due specie ve n’è una terza, il giornalismo di questa terza non è molto amico dell’onestà, per esso non esistono principi, fede, coerenza. Oggi sia lode a Dio, domani a Satana purché il ventre sia pieno, ben pieno”.
Cosenza, 3 gennaio 1895
Luigi Caputo, direttore di Cronaca di Calabria

18 settembre 2021

C’era una volta a Cosenza: L’orfanotrofio "Vittorio Emanuele II"


SONO un ricordo, oggi, gli orfanelli dei tempi passati, reminiscenze che alloggiano nella memoria dei più anziani, quando bambini soli e denutriti si arrangiavano per le strade, facili prede dei malintenzionati, vittime spesso della malvagità e delle frustrazioni di adulti deviati. Se nella società attuale, gli orfani di entrambi i genitori sono quasi inesistenti, visto che molte malattie sono state debellate e che le guerre non chiamano più al fronte padri di famiglia, c’è stato un tempo in cui ‘gli orfanelli’ erano tanti e ad essi bisognava pensare con interventi concreti per una loro stabile sistemazione.

Circa un secolo e mezzo fa, con Decreto del re delle Due Sicilie Ferdinando II, si autorizzava la costruzione a Cosenza di un Ospizio intitolato alla SS. Immacolata Concezione per gli orfani e gli esposti della Calabria Citeriore. Era il 1855 e l’Ospizio doveva provvedere alla loro educazione e all’avviamento ad un’arte o mestiere, favorendo soprattutto gli appartenenti alle zone danneggiate dal forte terremoto del 12 febbraio 1854, che distrusse quasi completamente i due villaggi di Donnici Inferiore e Superiore.

Fu individuato l’edificio del soppresso monastero del Carmine (oggi adibito a Caserma dei Carabinieri) per accogliere gli orfani. Negli anni che seguirono cambiò denominazione, assumendo prima quella di “Orfanotrofio maschile del Carmine” e poi quella definitiva di “Orfanotrofio Maschile Vittorio Emanuele II” nel 1925.


Il patrimonio del Pio Luogo, consistente in £. 800.000, era la risultante delle elargizioni che lo Stato, la Provincia di Calabria Citeriore, il Comune di Cosenza e la città di Rossano, avevano donato all’Istituto.

Nell’articolo 2 dello Statuto del 1925, si legge che in caso di disponibilità di posti, si potevano accogliere anche alunni poveri - o non poveri previo il pagamento di una retta - sempre che non avessero compiuto l’ottavo e superato il dodicesimo anno di età, che fossero di sana e robusta costituzione, non deficienti e non avessero sofferto il vaiolo.

La banda

Nei locali accanto all’Ospizio, operavano la sede dell’Ufficio di Leva e le Scuole Tecniche, ma l’orfanotrofio dei ‘Trovatelli’, come veniva indicato dal popolo, era rinomato per il suo complesso musicale che ogni domenica si esibiva in alcune piazze cittadine.

Durante i periodi delle due guerre, i locali dell’orfanotrofio furono requisiti per ospitarvi le truppe e le Commissioni Cereali. Profondamente danneggiato a causa dei bombardamenti del 1943, fu subito riparato alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, quando le presenze aumentarono.

Il vanto dell’orfanotrofio, trasferitosi intanto a ridosso di Colle Triglio, in via Gravina, in un ex convento di suore adiacente a Palazzo Tribunale, era la tipografia bene attrezzata, in grado di svolgere ottimi lavori per libri, giornali, opuscoli, documenti per il Tribunale, quasi una scuola che avviava gli alunni più capaci. Si era munito anche di un’ampia palestra davanti all’edificio.

Le officine

Gli scolari, divisi in gruppi, si recavano presso le scuole cittadine e amavano il gioco del calcio, anche se risultarono vincitori nei campionati studenteschi locali di atletica. L’Istituto, che si era intanto arricchito di una scuola elementare, era dotato di una cinquantina di stanze sobrie, di lavanderia, magazzini, refettorio, tipografia, officina per la lavorazione del ferro, laboratorio di falegnameria, sartoria. Oltre all’accoglienza dei minori, l’orfanotrofio offriva, quindi, la possibilità di studiare o imparare un mestiere, educando i ragazzi ad una ferrea disciplina. 

Numerosa la beneficenza all’Orfanotrofio, ente morale che non solo consentiva ai ragazzi di rimanere fino al compimento del diciottesimo anno d’età, ma era dotato anche di una buona organizzazione grazie alla presenza di un guardiano notturno, di un direttore, di un medico, un sacerdote, un censore di disciplina, vari inservienti, assistenti sociali ed insegnanti elementari interne.

Nella bella stagione si svolgeva la Festa dell’Estate e poi, se c’erano i fondi, si partiva per la colonia. Nell’ultimo dopoguerra i ragazzi del Vittorio Emanuele erano una novantina circa e le rette, provenienti dai contributi della Provincia, si aggiravano intorno a £. 2800/3000.

Questa situazione si protrasse fino agli anni ’80, quando i ragazzi ospitati erano meno di dieci, non più orfani, ma minori provenienti da famiglie disagiate. Si decise, quindi, di chiudere per mancanza di orfani, con delibera del Comune di Cosenza del 1986.

In seguito la struttura ospitò la scuola per Geometri ed oggi, dopo essere stato completamente ristrutturata sconvolgendo l’antico assetto architettonico, ospita la Scuola alberghiera.

Dell’orfanotrofio rimane una grande targa dedicata a Vittorio Emanuele II.



Cosenza, 2009

© Francesca Canino

 

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