Circa un secolo e mezzo fa, con Decreto del re delle Due
Sicilie Ferdinando II, si autorizzava la costruzione a Cosenza di un Ospizio
intitolato alla SS. Immacolata Concezione per gli orfani e gli esposti della
Calabria Citeriore. Era il 1855 e l’Ospizio doveva provvedere alla loro
educazione e all’avviamento ad un’arte o mestiere, favorendo soprattutto gli
appartenenti alle zone danneggiate dal forte terremoto del 12 febbraio 1854,
che distrusse quasi completamente i due villaggi di Donnici Inferiore e
Superiore.
Fu individuato l’edificio del
soppresso monastero del Carmine (oggi adibito a Caserma dei Carabinieri) per
accogliere gli orfani. Negli anni che seguirono cambiò denominazione, assumendo
prima quella di “Orfanotrofio maschile del Carmine” e poi quella definitiva di
“Orfanotrofio Maschile Vittorio Emanuele II” nel 1925.
Il patrimonio del Pio Luogo, consistente in £. 800.000, era la risultante delle elargizioni che lo Stato, la Provincia di Calabria Citeriore, il Comune di Cosenza e la città di Rossano, avevano donato all’Istituto.
Nell’articolo 2 dello Statuto del
1925, si legge che in caso di disponibilità di posti, si potevano accogliere
anche alunni poveri - o non poveri previo il pagamento di una retta - sempre
che non avessero compiuto l’ottavo e superato il dodicesimo anno di età, che
fossero di sana e robusta costituzione, non deficienti e non avessero sofferto
il vaiolo.
La banda |
Durante i periodi delle due
guerre, i locali dell’orfanotrofio furono requisiti per ospitarvi le truppe e
le Commissioni Cereali. Profondamente danneggiato a causa dei bombardamenti del
1943, fu subito riparato alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, quando le
presenze aumentarono.
Il vanto dell’orfanotrofio,
trasferitosi intanto a ridosso di Colle Triglio, in via Gravina, in un
ex convento di suore adiacente a Palazzo Tribunale, era la tipografia bene attrezzata,
in grado di svolgere ottimi lavori per libri, giornali, opuscoli, documenti per
il Tribunale, quasi una scuola che avviava gli alunni più capaci. Si era munito
anche di un’ampia palestra davanti all’edificio.
Le officine |
Gli scolari, divisi in gruppi, si recavano presso le scuole cittadine e amavano il gioco del calcio, anche se risultarono vincitori nei campionati studenteschi locali di atletica. L’Istituto, che si era intanto arricchito di una scuola elementare, era dotato di una cinquantina di stanze sobrie, di lavanderia, magazzini, refettorio, tipografia, officina per la lavorazione del ferro, laboratorio di falegnameria, sartoria. Oltre all’accoglienza dei minori, l’orfanotrofio offriva, quindi, la possibilità di studiare o imparare un mestiere, educando i ragazzi ad una ferrea disciplina.
Numerosa la beneficenza
all’Orfanotrofio, ente morale che non solo consentiva ai ragazzi di rimanere
fino al compimento del diciottesimo anno d’età, ma era dotato anche di una
buona organizzazione grazie alla presenza di un guardiano notturno, di un
direttore, di un medico, un sacerdote, un censore di disciplina, vari
inservienti, assistenti sociali ed insegnanti elementari interne.
Nella bella stagione si svolgeva
la Festa dell’Estate e poi, se c’erano i fondi, si partiva per la colonia.
Nell’ultimo dopoguerra i ragazzi del Vittorio Emanuele erano una novantina
circa e le rette, provenienti dai contributi della Provincia, si aggiravano
intorno a £. 2800/3000.
Questa situazione si protrasse
fino agli anni ’80, quando i ragazzi ospitati erano meno di dieci, non più
orfani, ma minori provenienti da famiglie disagiate. Si decise, quindi, di
chiudere per mancanza di orfani, con delibera del Comune di Cosenza del 1986.
In seguito la struttura ospitò la
scuola per Geometri ed oggi, dopo essere stato completamente ristrutturata
sconvolgendo l’antico assetto architettonico, ospita la Scuola alberghiera.
Dell’orfanotrofio rimane una
grande targa dedicata a Vittorio Emanuele II.
Cosenza, 2009
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