SONO molte le lamentele dei malcapitati che si recano al Pronto soccorso bruzio e si imbattono nella solita situazione di affollamento, di ritardi, di disagi. Le rimostranze servono a poco, non sortiscono effetto nonostante si alzi la voce, si minacci il personale, di rado si va via, estenuati dalla lunga attesa, prima di ricevere le cure di cui si aveva bisogno. E quando non si sa più a che santo votarsi, ci si rivolge ai media - non solo a quelli locali - che hanno sempre riservato la massima attenzione ai fatti di sanità.
Il
sei gennaio scorso, Striscia la notizia ha mandato in onda un servizio sul
nosocomio bruzio, con tanto di intervista al direttore sanitario Mario Veltri,
il quale ha dichiarato che le condizioni del Pronto soccorso sono tali perché
non ci sono state assunzioni per un lungo periodo e poi perché ‹‹era gestito in
realtà – ha detto Veltri ai microfoni di Striscia - da un primario facente
funzione››. Molti sono stati i malumori sorti tra i cittadini in seguito al
servizio di Striscia, consci che i problemi dell’ospedale civile non sono da
attribuire all’ex primario, che tanto si è speso per gli ammalati, ma ad una serie di criticità che si riversano
inevitabilmente sui pazienti e che non possono essere sanate da un servizio
come il “Pronto soccorso on line” di recente creazione.
Val
la pena ricordare che il Dea, il nuovo Dipartimento emergenza e accettazione
che comprende il Pronto soccorso, è entrato in funzione non più di quattro anni
fa, ma la sua progettazione e i lavori hanno avuto inizio circa una ventina di
anni prima. Al taglio del nastro, il 9 febbraio del 2013, la struttura era già
obsoleta, non rispondeva in pieno ai canoni dell’edilizia sanitaria. Oggi è
ancora più vecchia, ma il punto dolente sono i servizi offerti con ritardo da
personale stanco perché insufficiente.
I
cittadini/contribuenti “pretendono” un’offerta sanitaria efficiente e un Pronto
soccorso che dia risposte più celeri, che sia strutturalmente adeguato e in cui
si rispettino le norme della privacy. Spesso, invece, gli spazi diventano
angusti per l’afflusso esagerato dei pazienti che si rivolgono nell’hub
cosentino da tutta la provincia e, tante volte, anche dalla regione. In queste
condizioni, i locali del Pronto soccorso risultano inidonei, ristretti,
asfissianti a causa del caldo. La sala d’aspetto è la zona più infernale,
perché oltre ad accogliere i pazienti in attesa e i loro familiari, ospita
anche alcune barelle con ammalati che sono in osservazione o in attesa di
essere ricoverati. I posti letto non bastano mai, manca una collaborazione
concreta con gli spoke della provincia e gli sforzi apprezzabili fatti
dall’attuale direttore generale dell’azienda ospedaliera, Achille Gentile, per
ricavare una ventina di posti letto in più, in seguito alle richieste sempre
più numerose, si sono rivelati vani, poiché all’aumentare dell’offerta è
aumentata la domanda. Sarà pure una legge dell’economia, ma applicata a una
realtà come il Pronto soccorso di Cosenza non produce effetti diversi da quelli
che giornalmente sono sotto gli
occhi di tutti. La percezione di quanti vi approdano è che manchi
un’organizzazione adeguata, che il personale sanitario sia insufficiente e che
gli spazi siano poco adatti agli accessi giornalieri.
Mancano,
tuttavia, le alternative al Pronto soccorso: non esistono strutture sul
territorio destinate ad accogliere i codici bianchi; non funzionano come
dovrebbero le guardie mediche e i medici di famiglia sono presenti in orari da
ufficio. Non ci sono altre possibilità di scelta per chi accusa malori, il
Pronto soccorso dell’Annunziata rappresenta l’unico luogo di salvezza, per
questo necessita di essere organizzato al più presto, non on line, ma concretamente.
6-4-2017
© FRANCESCA CANINO
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