Musica popolare calabrese
Sonatori calabresi del 1775
CARCIOFFOLA'
“La notte quanno dormo penzo tanto
E quanno penzo a buje mm’adormento
Vado ppe te parlare e non te siento,
Carcioffolà
Afflitti senzi miei martirizzati
Che un’ora di riposo non aviti,
Sono le mie speranze disperati
Vanno contra de mia le stelle uniti.
Amici non crediti a le Zitelle,
Quannu vi fanno squase e li verrizzi.
Ca sognu tutte quante trottatelle,
E pe ve scortecà fanno fenizzi,
Co lo ndà e ndà ndera ndà,
La falanca si è seduta
Non cammina, carcioffolà”.
CARCIOFFOLA' è il
titolo di un canto popolare calabrese che, divenuto famosissimo in tutta Italia
nel XVIII secolo, è oggi completamente sconosciuto.
Caduto nell'oblio
già dal secolo successivo, aveva conosciuto una tale popolarità tanto da essere
inserito nelle opere di Carlo Goldoni, uno dei padri della commedia italiana, e
di Giovanni Paisiello, autore tra gli altri, de 'Il Barbiere di Siviglia'. Nel
1700, infatti, si sviluppò nel teatro napoletano 'l’Opera Buffa', un genere
operistico costituito da storie popolari in cui i protagonisti erano ostesse e
servitori. Spesso tratte dai canovacci della commedia dell’arte e musicate con
arie semplici ed efficaci, gli autori usavano inserire nelle loro composizioni,
canti popolari in voga, espediente che le rendeva ancora più gradite al vasto
pubblico e permetteva di ottenere grandi ovazioni.
Il canto popolare
calabrese 'Carcioffolà' ebbe varie versioni, poichè ogni suonatore lo variava e
lo arricchiva: nella versione trascritta da Goldoni era un canto d’amore alla
innamorata, mentre in quella più famosa usata da Francesco Cerlone e musicata
da Paisiello nel 1770, era un canto di sdegno verso le donne.
A metà '800, l'aria
di Carcioffolà viene ripresa dal grande Salvatore di Giacomo, che la tradusse
in napoletano prima di essere riportata in un'opera musicata da Eduardo Di
Capua. In questo contesto diventò un canto tra madre e figlia, con lo stesso
ritornello, ma con il resto diverso dalla versione calabrese.
Il commediografo
veneziano Goldoni lo inserì nel dramma giocoso in musica “La conversazione” del
1778, nella IV scena, in cui i due protagonisti don Fabio e Sandrino, sono
'vestiti da Calabresi col calascione' e cantano la Carcioffolà. I personaggi
della commedia commentano alla fine dell’aria musicale: “Veramente è bizzarro
il canto calabrese, possono divertir tutto il Paese”.
I 'sonatori
calabresi' cantavano, come ci dice Goldoni, accompagnati dal 'calascione',
specie di grosso liuto con manico lunghissimo, il cui pizzicato era usato come
accompagnamento, e dagli archi della lira calabrese e della ribeca, strumenti
popolari dal suono bellissimo. Dunque, i sonatori ambulanti calabresi, nel
secolo dei Lumi, andavano in giro per tutta Italia, anche nei caffè di Venezia,
a proporre i loro canti che divennero ben presto grandi successi, tanto da
essere inseriti nelle opere teatrali.
Dal libretto
originale di una rappresentazione tenutasi a Cosenza, nella primavera del 1778,
per il governatore del re Tommaso Ruffo, si desume che il personaggio
principale della commedia è donna Checca Spicadossa, donzella calabrese che
spalleggiata dal fratello Vitantonio, cerca di fare imbrogli ed artifici per
riuscire a sposare il ricco barone di Terra Asciutta, scontrandosi con la rivale
Tonina, caffettiera Veneziana. Il contrasto tra la donna calabrese e quella
veneziana, è anche musicale e mentre la Veneziana intona al barone canti con
parole come 'musin, bucchin e putelo', la donna calabrese vince la sfida con un
“Canto sulla chitarra alla Catanzarese” suonato in scena alla “chitarra
battenno” (chitarra battente). Ma la parte musicale più importante è l’entrata
in scena di Vitantonio, calabrese, fratello di Checca, che con la cetra (arpa
portativa) appesa al collo, ha al suo fianco un piccolo ragazzo col violino e
canta l'aria 'Carcioffolà'.
Oggi il testo e la
partitura musicale sono custoditi presso il Conservatorio di S. Pietro a
Maiella di Napoli.
Al seguente link, una bella interpretazione della Carcioffolà: https://www.youtube.com/watch?v=ZhEdBPPp0EQ&fbclid=IwAR1XY2VF72ZTQVIiEs2y_vIPKLKJE_y8Rd8-BrDuIv5MfNsLMK_AHQTC13w
Cosenza, 4 luglio 2019
Domenico e Francesca Canino
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