I fiumi come gli alberi, nessun criterio seguito per
le pulizie degli argini e per le potature. A Cosenza non si rispetta l’ambiente:
mentre si oltraggia sistematicamente il verde urbano, sulle sponde del Crati si
elimina, senza alcun criterio, tutta la vegetazione. È chiaro ormai da anni che
il verde non piace agli amministratori bruzi, infatti, nonostante i numerosi appelli
di alcuni comitati ambientalisti, in città si è continuato a tagliare e
capitozzare e ora sono scese in campo anche le ruspe per la pulizia degli
argini fluviali. In poche ore è stato distrutto l’habitat di molte specie
acquatiche, una perdita che si aggiunge a tutte le altre che in città si
verificano a ritmi inauditi. Per i fiumi, tuttavia, la questione si immette su
binari diversi, offrendo l’opportunità per compiere una disamina sui progetti
che hanno interessato e interesseranno i fiumi cosentini.
Da qualche anno, l’attenzione degli amministratori bruzi
si è concentrata in maniera spasmodica sul
fiume Crati: dalla ricerca del tesoro di Alarico, alla costruzione del museo a
lui dedicato in seguito all’abbattimento dell’ex Jolly; dalla riqualificazione
degli argini alla realizzazione del belvedere sul fiume e del parco delle
scienze, progetti che, oltre a richiedere finanziamenti consistenti,
necessitano di una serie di autorizzazioni da parte di altri enti.
Il Quadro
Territoriale Regionale a valenza Paesaggistica (QTRP), approvato con
deliberazione del Consiglio regionale nel 2016, riserva particolari
disposizioni per i principali fiumi calabresi, di cui il Crati è il maggiore.
Nelle previsioni del QTRP, tutti gli interventi su fiumi e torrenti devono
essere effettuati con il metodo dell’ingegneria naturalistica. Sono state
stabilite delle fasce di rispetto e dalle direttive di cui all’art. 13 (comma
4, lett. a e b del Tomo IV) risulta che: “Sono esclusi nuovi interventi sulle
aree fluviali e lacustri, ad eccezione di quelli necessari per la messa in
sicurezza o la riduzione dei livelli di rischio ambientale”. Per questi motivi,
si richiede una progettazione organica e completa per evitare incongruenze
nelle proposte singolarmente pensate e presentate, come accade per il museo di
Alarico o per il cosiddetto belvedere, che esula dai principi dell’ingegneria
naturalistica e appare avulso dal contesto paesaggistico e dalla
naturalizzazione del corso del fiume.
Discorso a parte merita il Parco fluviale del Crati,
che per quanto concerne la ricaduta socio-economica-culturale e ambientale, in
ragione del bacino idrografico interessato dovrebbe essere valutata la
necessità di attivare una procedura VAS e VIA. Poiché le fasce fluviali e gli
intorni degli alvei costituiscono gli elementi portanti degli apparati
paesistici, che devono essere percepiti come ‘paesaggi di vita’, è necessario
tener conto delle preesistenze storiche, artistiche, archeologiche e
paesaggistiche presenti nelle fasce fluviali e nei territori limitrofi. Ci si
chiede, dunque, se negli atti sono contenuti i cosiddetti ‘sbarramenti flessibili’,
per i quali occorrono rendering da più parti e, proprio per il diverso regime
idraulico, con particolari esecutivi in opportuna scala di rappresentazione.
E il Parco
delle scienze? Pare, fra tutte le altre dimenticanze, che non sia stata
verificata la compatibilità della proposta con lo sviluppo ecosostenibile
previsto dalla normativa.
L’ennesimo massacro cittadino è andato in scena, ma
ciò che indigna, a questo punto, è assistere all’immobilismo degli enti che
avrebbero dovuto dare il loro assenso. Provincia, Regione, Segretariato del
Mibact regionale, Soprintendenza, silenti e assenti su quanto avviene in
spregio alla legge. Sono tutti complici?
Cosenza, 14
giugno 2019
© Francesca Canino
Nessun commento:
Posta un commento