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27 agosto 2020

I popoli italici e i simboli primordiali delle antichissime civiltà



Paestum, busto femminile di terracotta 500 a.C. Italico o greco, si suppone che le svastiche in questo caso essendo su un busto femminile siano simbolo di fertilità
Tra gli oggetti custoditi nel Museo Civico di Cosenza, c’è una fibula in bronzo a forma di spirale risalente al IX-VIII secolo a.C., rinvenuta durante gli scavi del 1888 a Torre Mordillo, quando fu scoperta una vasta necropoli relativa a un centro di età protostorica antistante la piana di Sibari. 
Fibula a spirale

Oggetti della stessa forma sono presenti nei numerosi ritrovamenti fenici rinvenuti in Calabria, Sicilia e Nord Africa, inequivocabile testimonianza di proficui scambi con i Fenici. I reperti consentono di effettuare un confronto tra i popoli e le culture del Mediterraneo, rivelando insospettabili paralleli tra l’iconografia dei popoli italici della Calabria arcaica e quella simbolica dei Fenici. 
 
Scarabei
I Fenici furono, tra i popoli antichi, i primi ad usare stabilmente la navigazione come strumento di scambio culturale e mercantile tra le diverse sponde del Mediterraneo. Dalla loro base in Siria, si spinsero a commerciare in Egitto, Grecia, Italia, Spagna, Tunisia fino alle coste dell’Africa Atlantica molto prima dei Greci. Sembra, addirittura, che abbiano attraversato lo Stretto di Gibilterra per giungere nell’attuale Gran Bretagna.
Molteplici testimonianze di questi scambi, sono state ritrovate negli scavi archeologici della Calabria, in un arco temporale molto vasto, che va dall’VIII sec. a.C. sino alla conquista romana della regione. I rapporti commerciali cominciati con gli Italici prima, continuarono con i Brettii, in seguito con i coloni Greci e poi con i Romani fino alle guerre puniche.
I Fenici scambiavano i loro oggetti d’arte con l’olio, il vino, il prezioso legname della Sila e l’ancor più preziosa pix brutia (pece), materiali necessari per la costruzione ed impermeabilizzazione delle navi della loro flotta mercantile: infatti, nelle colonie fenicie Nord-Africane, non vi erano foreste e l’approvvigionamento di legname avveniva in Calabria fin dai tempi remotissimi, essendo la Sila l’altopiano coperto da grandi foreste più a Sud di tutta l’Europa, il cui disboscamento, quindi, iniziò molto prima dei Romani.
Vettori di una nuova cultura materiale nata in Oriente, i Fenici portarono in Calabria con il loro commercio, oggetti d’arte, stoffe, porpora, avorio, tecnologia nautica e culti che contaminarono ben presto le popolazioni autoctone con il fascino esotico ed esoterico di alcuni oggetti ritrovati durante gli scavi effettuati in Calabria. In particolare, a Francavilla Marittima i ritrovamenti di orientalia (provenienti dal Mediterraneo orientale e dall’Egitto) nella necropoli di contrada di Macchiabate e nel santuario sul Timpone della Motta, hanno evidenziato il valore profilattico e terapeutico attribuito agli amuleti orientali. Legati al mondo femminile ed alla protezione magica sull’infanzia, un gran numero di perle di vetro, divinità egizie, scarabei usati anche come pendagli e sigilli, vasetti di profumo sono stati rinvenuti in tombe femminili, con chiari riferimenti alla sfera della riproduzione e dell’infanzia.
Tra i primi oggetti di importazione, invece, è la preziosa e bellissima coppa di bronzo decorata a sbalzo (prima metà dell’VIII secolo a.C.), proveniente da Timpone della Motta, documento unico per l’alta cronologia, per la raffigurazione e soprattutto per la forma, segno di un rapporto antichissimo tra i popoli italici ed i navigatori fenici provenienti da Oriente.

Rimane, tuttavia, un affascinante mistero archeologico il fatto che l’antica civiltà italica conoscesse già, ben prima del loro arrivo, gli antichi simboli primordiali presenti anche nelle culture antichissime della Mesopotamia e dell’India.
I nostri antenati usavano, infatti, simbologie antiche per la decorazione dei loro oggetti, quali la svastica o croce uncinata, antichissimo disegno indicante il ciclo solare (abusato dai nazisti 2800 anni dopo), presente oltre che in Calabria ed in Lucania, anche nelle decorazioni di oggetti ritrovati in Siria e Mesopotamia, negli insediamenti Sumeri ed Assiro-Babilonesi e persino in India e Tibet, visto che la svastica è il simbolo principale del Bardo Todhol,  il libro tibetano dei morti.
E, ancora, spirali, probabilmente la rappresentazione stilizzata del disco solare, barche solari, uccelli acquatici, tutti elementi presenti nei gioielli delle donne di Francavilla Marittima, Torano Castello, Torre Mordillo, sito questo, da cui provengono i numerosi reperti conservati nel Museo Civico di Cosenza.
Forse una matrice comune tra i vari popoli del mondo antico, visto che gli stessi simboli ricorrono presso le civiltà pre-colombiane, dunque dall’altra parte del mondo mediterraneo, ad indicare come un unico ceppo di origine indo-asiatica si sia propagato sul pianeta in epoca antidiluviana, portando con sé i segni che oggi accomunano diverse civiltà distanti tra di loro.

Una dea fenicia a Roma

Venerata come dea italica, la figura fenicia di Anna Perenna si impone nella tradizione cultuale romana dell’età imperiale. Riferita da Ovidio nei Fasti (III 522 – 710), ove si racconta la fuga da Cartagine della principessa tiria Anna dopo la morte della sorella Didone, diretta verso la costa ionica della Calabria.
Una seconda tradizione, ricostruita da Silio Italico (Punica, VIII 1 – 221), vuole che la dea fenicia sia apparsa in sogno ad Annibale in un momento difficile della guerra contro Roma, per incoraggiarlo alla imminente battaglia di Canne.
Alcuni la ritengono una personificazione femminile dell’anno e del suo perpetuo ritorno, infatti era anche chiamata Anna ac Peranna e presso i Romani vigeva l'augurio di: annare perannareque commode (passare un buon anno dall'inizio alla fine). La sua festa, comunque, era il 15 marzo (Idi di marzo) e dava occasione a banchetti in un bosco sacro alla dea sito lungo la via Flaminia.

Cosenza, 27 agosto 2020
© Francesca Canino






























25 agosto 2020

LETTERE: Discarica di Celico, traffico di camion che sversano abusivamente

Foto dal web

La discarica di Celico necessita di urgenti e costanti controlli, visto che ultimamente abbiamo notato uno strano traffico giornaliero di grossi camion che sversano consistenti quantitativi di rifiuti, non si sa di che natura, provenienti da fuori regione. Si tratta di camion bianchi che non recano alcuna scritta, che arrivano da nord e che percorrono le stradine della Sila e della Presila arrivando così alla discarica. Dall’inizio dell’estate, il traffico è aumentato, i cattivi odori sono arrivati ai livelli di qualche anno fa. La discarica è quasi a pieno regime, contando che alcune vasche sono chiuse. Siamo molto preoccupati perché riteniamo siano sversamenti non autorizzati e quindi potrebbero contenere di tutto.
Nonostante le continue proteste del Comitato Ambientale Presilano, che da anni si batte per questa causa, siamo costretti purtroppo a segnalare nuovi abusi e nessuna volontà di risoluzione di un problema che va avanti da anni, che ha distrutto il nostro meraviglioso paesaggio (è stata scavata una collina per realizzare la discarica alle porte della Sila, cose che solo in Calabria avvengono) e che allontanerà tanti di noi dalla nostra terra per i rischi che correremo tra qualche tempo a causa degli effetti nocivi che la discarica produrrà. Ci teniamo a precisare che l’ordinanza regionale n. 45 del 20/5/2020, la quale disponeva uno sversamento di 300 tonnellate al giorno per due mesi configurava una palese violazione ambientale, tant’è che il Tar Calabria, a fine giugno, ha sospeso in parte gli effetti dell’ordinanza n. 45, disponendo che nella discarica “non potranno essere abbancati rifiuti che non hanno la certificazione della compatibilità ambientale”.
C’è inoltre un particolare molto inquietante perché i camion, che sono stati avvistati da alcuni di noi molti Km prima di arrivare alla discarica (li abbiamo seguiti), sversano sicuramente senza il rispetto delle norme: chi ci può assicurare che viene garantita la corretta biostabilizzazione? Dagli effluvi emanati immaginiamo che il tutto venga compiuto senza tener conto della normativa. La situazione è davvero allarmante, chiediamo da cittadini preoccupati che si ponga un subitaneo rimedio agli sversamenti abusivi.
Lettera firmata

21 agosto 2020

LETTERE: Torremezzo, vacanze da incubo



Insieme alla mia famiglia sto trascorrendo le vacanze a Torremezzo, ma più che vacanze devo dire che queste si sono trasformate in un vero e proprio incubo che immagino influenzerà le mie scelte per gli anni a venire. Problemi a iosa, mala organizzazione, scarsa igiene sono alla base della mia insoddisfazione. In tutto ciò, non è però concepibile che la fogna sgorga tra le case, emanando nauseabondi olezzi che ci costringono a tenere le finestre chiuse. Oltre agli effluvi insopportabili, è bene chiarire che ciò è un pericolo per i cittadini, specialmente per i bambini che giocano per strada. È una vergogna di questa amministrazione che si rivela la solita armata Brancaleone, come ce ne sono tante in regione. Devo aggiungere che manca spesso e volentieri anche l’acqua potabile, creando forti disagi per la popolazioni, specialmente in questo periodo di Covid19 in cui l’igiene può evitare tante conseguenze. Il mare, inoltre, è perennemente sporco. In tanti abbiamo segnalato questi problemi, ma nulla si è risolto, mi chiedo dunque se il sindaco di Falconara vuole veramente che d’estate non venga nessuno a Torremezzo, viste le condizioni in cui siamo costretti a villeggiare. Vergogna, i villeggianti scappano, quel po’ di commercio estivo muore e la pubblicità negativa verso il sindaco e la sua giunta incede inesorabilmente. Come tanti altri, dirò addio a questa bella località che per anni mi ha ospitato, ma non posso trascorrere le vacanze nelle fogne.
Lettera firmata

19 agosto 2020

Corso Mazzini, lavori infiniti e autorizzazioni mai richieste


Nei primi giorni di agosto, il comune di Cosenza ha risolto il contratto con la ditta che ha eseguito buona parte della pavimentazione dell’ultimo tratto di corso Mazzini. I lavori, iniziati circa un anno e mezzo fa, furono sospesi nel mese di settembre 2019, in seguito alla notifica, da parte della Prefettura di Cosenza, di una interdittiva antimafia alla ditta aggiudicataria. Ricordiamo che i lavori sarebbero dovuti terminare il 13 agosto 2019 e che il costo dell’opera era stato stabilito in 1.269.095 euro. La ditta impugnò subito il provvedimento e chiese al Tar di sospenderne l'efficacia in attesa del giudizio di merito. Lo scorso aprile, il tribunale amministrativo ha annullato il provvedimento prefettizio e i lavori sono ripresi in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato. Quest’ultima, giunta a fine giugno, ha, invece, ribaltato il dispositivo e confermato l'efficacia dell’interdittiva. Il comune, ora, dovrà affidare ad altra ditta la parte restante dei lavori. Una perdita di tempo e denaro, oltre che di una parte del patrimonio storico-artistico della città. I lavori dell’ultimo tratto di corso Mazzini sono iniziati, infatti, senza chiedere le dovute autorizzazioni alla Soprintendenza, visto che le vie, la piazza e i complessi interessati ai lavori risalgono ad oltre 70 anni fa e sono, dunque, soggetti al vincolo monumentale (come lo è buona parte di corso Mazzini, su cui ogni modifica, rifacimento e altro – vedi paletti di metallo – è stato effettuato senza mai considerare il vincolo in questione).  

È bene ricordare che l’area interessata dai lavori in questione è contrassegnata dalla presenza di architetture e opere d’arte significative, espressione di un periodo compreso nell’arco temporale che va dal 1800 ai primi del ‘900 ed è rappresentato in particolare dalla Fontana di Giugno (l’Etè di Mathurin Moreau, opera della Fonderia artistica industriale Francesco De Luca di Napoli,1889, fusione in ghisa che in precedenza fu presentata come struttura in marmo nell’Esposizione universale di Parigi nel 1855); la chiesa del Carmine e l’annesso convento seicentesco (appartenuto ai Carmelitani dell’antica osservanza, giunti in Calabria nel 1582, fu abbandonato dai frati a causa dei gravi danni provocati dal terremoto del 1783; fu soppresso nel 1809 e divenne sede della Guardia Provinciale, poi caserma dei Carabinieri Paolo Grippo); gli arredi urbani vegetativi e l’arte decorativa del secolo scorso, rappresentata dalle opere di giardinaggio e arredo urbano da recuperare e restaurare. Non si deve tralasciare la circostanza che nel sottosuolo dell’adiacente piazza Matteotti sono stati rinvenuti resti di tombe brettie e romane. Non sembra che sia stato designato un archeologo che segua i lavori, in considerazione del fatto che ogni movimentazione di terra, specialmente in una regione come la Calabria notoriamente definita museo a cielo aperto, deve essere fatta sotto lo sguardo vigile di un archeologo che, in caso di ritrovamenti fortuiti, saprebbe come comportarsi. Siamo di fronte all’ennesima opera abusiva, una prassi nella città dei Bruzi, basti ricordare l’autorizzazione paesaggistica mancante per il ponte di Calatrava, i palazzi del centro storico demoliti senza l’autorizzazione della Soprintendenza, piazza Fera realizzata senza mai inviare la documentazione dei lavori alla Soprintendenza, nonostante quest’ultima l’avesse espressamente richiesta.
Cosenza, 19 agosto 2020


© Francesca Canino

Per approfondire: 




13 agosto 2020

LETTERE: Colonia silana di Camigliatello abbandonata e vandalizzata, il sindaco si vergogni



Riceviamo e pubblichiamo:
“Il sindaco di Spezzano della Sila deve solo vergognarsi per le pessime condizioni in cui giace Camigliatello, soprattutto in questo periodo che accoglie più visitatori. Tralasciando i problemi di igiene e di organizzazione, vogliamo soffermarci su un fatto che ci ha indignato e per il quale abbiamo intenzione di divulgarlo in tutti i modi possibili. Ieri, durante una gita fatta nella bellissima località silana, ci siamo incamminati su una stradina che porta alla meravigliosa Colonia silana Federici. Si tratta di un complesso ormai storico che tanti e tanti anni fa ospitava i bambini malarici nei mesi estivi. La nostra rabbia si è scatenata nel vedere il plesso centrale aperto, distrutto, alla mercé di vandali che hanno sfregiato la struttura e portato via anche le grate. Come è possibile, ci chiediamo, che una monumentale opera come questa, che dovrebbe dar lustro a Camigliatello non solo per la sua bellezza, ma anche e soprattutto per la storia che tramanda, è in stato di abbandono e, peggio, lasciata nelle mani del primo che vi si addentra per arrecarle danni? Può l’egregio sindaco di Spezzano, non diciamo ristrutturarla, ma almeno impedire che i malintenzionati vi si intrufolino distruggendo oltre un secolo di storia e bellezza? Sa il sindaco che la Colonia è patrimonio di tutti e come tale deve vigilare su di essa? O di Camigliatello non gliene importa niente viste le condizioni vergognose in cui versa? E ancora: il sindaco ogni tanto si degna di fare un visitina alla perla della Sila o rimane sempre trincerato dietro la sua scrivania? Oltre a ciò, vorremmo stigmatizzare quanto sentito mentre eravamo alla Colonia: alcuni giovani stranieri presenti nella struttura si sono rivolti a noi scandalizzati chiedendoci il perché di tanto abbandono e degrado nella gloriosa Colonia silana, di superba bellezza e grande storia. Ci siamo stretti nelle spalle e ci siamo vergognati. Ma la vergogna è dell’amministrazione comunale tutta che non può far finta di non vedere o sapere, e se non lo sapesse ora glielo abbiamo detto noi. Salvate la Colonia Federici e vergognatevi per l’incuria mostrata finora”.
Un gruppo di gitanti

Su Camigliatello e la sua Colonia abbiamo scritto tante volte, ecco i link:


08 agosto 2020

I sindacati medici prendono le distanze dal SUL



Le scriventi OOSS dissentono con quanto espresso in un comunicato dal sindacato SUL, sigla peraltro non accreditata in materia sanitaria, né firmataria di CCNL.
I tanti problemi dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza ed in particolare del Pronto Soccorso, non si risolvono in questa maniera. Trasferire personale dalla chirurgia o da altri reparti per sopperire alle carenze del Pronto Soccorso creerebbe un danno ancora più grave ed irreparabile.
È necessario che soprattutto nel periodo estivo si dia la possibilità a tutti di usufruire di un legittimo periodo di ferie.
Soprattutto non si può chiedere ad altri di sopperire a carenze ormai croniche e godere tre medici di Pronto Soccorso in contemporanea del Congedo Parentale Covid e altri tre delle ferie estive proprio nel periodo di Ferragosto. Singolare poi che due dei tre medici in Congedo Parentale siano dirigenti dello stesso sindacato Sul che lamenta le sacrosante carenze di organico.
Le battaglie non si vincono in questa maniera.
Chiediamo pertanto che ove possibile si traghetti con il minor danno possibile fino a settembre ottobre, quando insieme potremo chiedere con forza la risoluzione dell’annoso problema del Pronto Soccorso.

ANAAO, AAROI, CIMO, CISL Medici, CGIL Medici, FVM, SNR, UIL Medici

A seguire pubblichiamo il comunicato stampa del SUL del 6 agosto scorso:

“Il SUL della Calabria, a seguito della proclamazione dello stato di agitazione del personale “UOC Medicina e Chirurgia di Accettazione ed Emergenza del Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera Annunziata – Mariano Santo – S. Barbara di Cosenza” su convocazione della Prefettura di Cosenza, ha esposto ieri le gravi problematiche di carenza di personale medico che il Pronto Soccorso affronta giornalmente, dovute all’impiego di appena 10 medici sui 19 che invece sarebbero necessari e al conseguente eccessivo carico di lavoro che ne deriva. Si potrebbe affermare “eppur si muove” ma in realtà ad un occhio ben attento risulterebbe chiaro l’immobilismo, ed è per questo che ieri abbiamo chiuso negativamente il tentativo di conciliazione, prorogando “ad interim” lo stato di agitazione del personale.
Ma veniamo ai fatti: come SUL abbiamo proposto fattivamente di spostare medici da altri reparti, ad esempio Chirurgie, presso il Pronto Soccorso dove il carico di lavoro è ormai insostenibile, specificando che non si tratta di una emergenza estiva, bensì di una questione attualmente strutturale di carenza di medici dovuta anche a trasferimenti non rimpiazzati. Gli intervenuti per parte Aziendale hanno proposto soluzioni tampone per reperire personale a tempo determinato in attesa di eventuali procedure concorsuali, proposte comunque da sottoporre ad approvazione della Direzione Strategica. Ma scusateci, ciò dimostra non solo che il problema ci sta, ma che comunque l’A.O. ne è a conoscenza, infatti proponendo loro eventuali soluzioni tampone hanno praticamente confermato la sofferenza numerica di medici in Pronto Soccorso, sofferenza che per noi riguarda non solo il personale medico ma anche il personale infermieristico e sanitario.
Ma allora se tutti sapevano diventano d’obbligo i perché:
_Perché si è dovuti arrivare allo stato di agitazione?
_Perché è stato necessario un tavolo in Prefettura se il problema era noto?
_Perché non ci sono state risposte dell’Azienda alle missive del SUL in questi mesi?
_Perché rischiare di non poter offrire un pubblico servizio decente alla collettività?
A voi le riflessioni”.


LETTERE: Perché i dirigenti della Soprintendenza ABAP non rispettano le direttive ministeriali?



Le direttive ministeriali indicano il lavoro agile come metodo per limitare il sovraffollamento nei luoghi di lavoro pubblici e quindi il contagio del COVID 19, razionalizzando il ritorno sui posti di lavoro, ma di tutto punto la Soprintendente di Cosenza, senza indugio e, cosa più grave, senza interpellare i rappresentanti sindacali, riapre gli uffici a tutto il personale in servizio, anche ai soggetti fragili e a chi possiede figli in età scolare, autorizzando pure il pubblico esterno e addirittura una ventina di giovani tirocinanti regionali.
Con un comunicato firmato FP CGIL, CISL FP, UIL PA è stato chiesto «un confronto urgente a livello centrale per la definizione dei seguenti temi:
- Revisione e aggiornamento dei DUVRI in relazione alla mutata presenza del personale ed alla conseguente valutazione dei rischi connessi all’emergenza COVID;
- 50% del personale da adibire al telelavoro;
- Necessità di tutela delle categorie fragili e dei lavoratori pendolari regionali ed extra regionali che utilizzano i mezzi pubblici, dei lavoratori genitori con figli in età scolare».

Il lavoro agile, per il dirigente di Cosenza, non è più necessario in barba a quanto suggerito dal governo e dal Ministero. Ci chiediamo come mai questi dirigenti non rispettano le direttive ministeriali, iniziando dall’ex soprintendente Pagano per finire all'attuale Casule. Nel frattempo, il famoso cerchio magico di Pagano resta saldamente al timone di una nave che ormai da anni è alla deriva dilaniata da contrasti interni e da ispezioni ministeriali che non hanno mai prodotto provvedimenti conseguenziali. In effetti, solo poco tempo fa ci chiedevamo chi comanda davvero alla Soprintendenza di Cosenza (https://francescacanino.blogspot.com/2020/06/icittadinisegnalano-soprintendenza-abap.html).
Lettera Firmata

Il professor Conforti e la maledizione della città dei balocchi



Per le poesie declamate e dedicate, 
per l'amicizia, 
per la gioiosa meraviglia di scoprire giorno dopo giorno
un rivoluzionario che sembrava un professore

A una settimana circa dalla scomparsa del professor Leopoldo Conforti, presidente dell’Accademia cosentina, rivolgo un ricordo insolito a un uomo che lascia un segno profondo nell’ormai esiguo mondo culturale cosentino.
Critico verso la città dei Bruzi, paragonata spesso a un suo personalissimo Giano bifronte, il cui volto guardante al passato rappresenta la città colta, mentre il volto proteso verso il futuro raffigura la Cosenza illetterata, barbara, prepotente. Un discorso, questo, affrontato di frequente durante le lunghe passeggiate su corso Mazzini, dove era facile incontrarlo e intraprendere inconsuete conversazioni. Ero concorde quasi sempre con le sue analisi sulla società odierna, sull’Accademia cosentina, su Bernardino Telesio e sulla deriva culturale di Cosenza, città che vanta, tuttavia, un passato degno di rispetto.
Animato da ‘uno spirto guerriero’, seppur celato sotto le sembianze del classico insegnante di Latino e Greco, il professor Conforti mi esternava, con tono burbero e sguardo inizialmente accigliato, riflessioni acute che suscitavano in me meraviglia e sorrisi, poiché alla fine di ogni considerazione l’ironia era in agguato e il suo sguardo si rasserenava, tutto il suo viso cambiava espressione per farmi intendere che nulla, alla fine, è così scontato, grave, irrimediabile se si decide di lottare. E per alleggerire i fardelli della vita usava declamare brevi poesie del mondo classico, cercando sui volti di chi lo udiva i canoni della bellezza greca. I versi poetici lo rinvigorivano e lo spronavano a nuove avventure, come i cambiamenti necessari che avrebbe voluto apportare all’Accademia cosentina, una Istituzione importante, oggi immobile e poco feconda per la cultura cittadina. Mal tollerava certe regole che la ingessano e ne arrestano quei processi di modernizzazione essenziali per il suo cammino verso il futuro. Auspicava aperture ai giovani e propugnava l’importanza dei media per la diffusione del sapere. Come giornalista, spesso mi rivelava il suo scoramento per il disinteresse che giornali e tv locali manifestavano verso le attività dell’Accademia. Si infervorava molto quando si parlava di questo argomento, sfoderava una vis polemica inusuale per chi aveva attraversato quasi cento anni di storia, diventava un giovanotto dai capelli bianchi pronto a partire per il fronte. E il suo fronte è ora l’eredità che lascia a chi lo ha conosciuto e stimato, a noi tutti, affinché non si disperda il patrimonio culturale dell’antica città di Telesio e dell’Accademia e si disperda, invece, la defixio, la maledizione che ha colpito Cosenza, rendendola la città dei balocchi.
Cosenza, 8 agosto 2020
© Francesca Canino

06 agosto 2020

Pronto soccorso dell'ospedale di Cosenza, situazione insostenibile e medici esasperati



Il Pronto soccorso dell’ospedale di Cosenza sprofonda sempre più negli abissi della vergogna. Agli atavici problemi che quotidianamente occupano le colonne dei giornali – dalla carenza di personale alla cattiva organizzazione, dalla mancanza di barelle e delle sedie alle attese estenuanti – se ne aggiungono altri molto gravi, provocati dal disinteresse dei dirigenti sanitari verso la ‘porta’ dell’Annunziata. Si passa da qui per aver salva la vita, per trovare lenimento ai dolori che a turno colpiscono i cittadini, per poter ottenere un ricovero quando il caso lo richiede. Da queste premesse, appare chiaro che il Pronto soccorso è il ‘reparto’ più importante di un ospedale e che per questo motivo deve funzionare a dovere. Non sempre è così, a Cosenza viene paragonato molto spesso a un lazzaretto e negli ultimi anni la situazione è peggiorata, tanto che ieri, in seguito alla denuncia di un sindacato dei medici, si è svolto un incontro in Prefettura per discutere dell’emergenza Pronto soccorso. Al momento non è trapelato nulla di ciò che è stato detto, né si sa se sono stati adottati provvedimenti urgenti per migliorare le condizioni disperate in cui giace il Pronto soccorso. 


A conferma di ciò - se mai ci fosse bisogno di conferme – riportiamo il grave fatto avvenuto nella giornata di ieri: un medico in servizio, in preda a una crisi dovuta probabilmente al superlavoro e alla disorganizzazione, pare si sia levato il camice e sia andato via, lasciando pazienti e colleghi. È risaputo che il personale in tutto il nosocomio è già molto scarso, specialmente in un periodo di ferie, immaginiamo, dunque le conseguenze che un simile gesto avrà determinato. La situazione è insostenibile, i cittadini hanno diritto alle cure e gli operatori sanitari a lavorare in condizioni non disumane e in sicurezza. Purtroppo, le notizie che da tempo pervengono dal Pronto soccorso sono sempre molto gravi, ieri, però, si è raggiunto il culmine, prevedibile se si considera lo scarso impegno mostrato finora da chi avrebbe dovuto, invece, risollevarne le sorti.
Cosenza, 6 agosto 2020
© Francesca Canino