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27 ottobre 2020

Ospedale di Cosenza, quanti sono realmente i posti letto Covid e i sanitari contagiati?

 

 


 

La Direzione aziendale dell’ospedale di Cosenza ha diramato nelle ultime 48 ore comunicati rassicuranti, sia in relazione ai contagi del personale sanitario, sia in ordine ai posti letto. I vertici dell’Annunziata hanno fatto sapere che sono stati riattivati i posti letto all’ospedale di Rogliano, aumentati quelli in Terapia intensiva (11 in più) e ripristinato integralmente l’assetto ospedaliero emergenza Covid-19. «La situazione al momento è sotto controllo, anche rispetto agli operatori sanitari», è stata la chiosa del secondo comunicato. Nel primo, invece, è stato riportato il numero del personale sanitario contagiato, in tutto quattro infermieri, un medico, un Oss e tre amministrativi «ma il contagio – si legge in conclusione della nota - è ricollegabile a noti focolai esterni all’Azienda».

Si può davvero stare tranquilli? I bene informati dicono altro e cioè che non c’è stato un aumento dei posti letto, quanto una riconversione di quelli esistenti, molti dei quali occupati nella giornata odierna, mentre i contagiati sarebbero di più rispetto a quelli riportati dal comunicato dell’Azienda. Il laboratorio di Virologia che processa numerosi tamponi al giorno, a causa del sovraccarico di lavoro delle ultime settimane ha bisogno di tempi più lunghi per poter dare risposte agli utenti. Tra questi vi è anche il personale ospedaliero, che pur godendo di corsie preferenziali rispetto agli altri, deve, in questo periodo, fare i conti con tempi di attesa maggiori. Viene da chiedersi se i sanitari sottoposti a tampone perché presentano i sintomi SARS-CoV2-19, mentre aspettano il risultato rimangono sul posto di lavoro o vengono mandati a casa. La carenza di personale ospedaliero non consentirebbe a nessuno di assentarsi, ma i casi sospetti potrebbero, se risultassero positivi, diffondere il virus tra le corsie. E sarebbe la fine. Il buon senso non manca di certo, mancano invece supporti al laboratorio di Virologia e si attende che vengano riattivati i laboratori di Corigliano-Rossano e di Castrovillari. Ovviamente con calma.

Cosenza, 27 ottobre 2020

© Francesca Canino

25 ottobre 2020

LETTERE: Cosenza, città e corso principale invivibili

 


Già qualche tempo fa abbiamo denunciato attraverso gli organi di stampa le situazioni di pericolo che si trovano ad affrontare i cosentini non appena mettono il naso fuori casa. Tra strade dissestate, deiezioni di cani, immondizia in ogni angolo e traffico senza regole, le persone devono destreggiarsi con cura se non vogliono ritrovarsi impelagate in qualche problema. 


Ma ciò che ci premeva e preme maggiormente è ribadire il pericolo costituito dalle troppe biciclette, che a volte sono dei veri e propri motorini, che sfrecciano a velocità inaudita sull’isola pedonale e sui marciapiedi del centro. 




A queste si sono aggiunti da qualche tempo anche i numerosi monopattini che percorrono corso Mazzini e altre vie ad altissima velocità. Guidati per lo più da ragazzini, questi rendono la passeggiata sul corso un vero e proprio inferno per chi è anziano o ha bambini o porta a passeggio il cane, e prima o poi ci scapperà la tragedia. È stata inoltre una sorpresa notare che sui monopattini c’è lo stemma del comune di Cosenza, quindi dovremmo concludere che è il comune che li mette a disposizione dei ragazzi, mettendo a rischio i passanti. 



Grazie a tutti gli amministratori che di pensate simili hanno riempito le città. A tal proposito ci vediamo costretti a stigmatizzare la pericolosità delle piste ciclabili realizzate nei pressi di piazza Matteotti, agli incroci con via Quattromani e via Trieste. Lì le bici tagliano la strada alle macchine senza alcuna attenzione e purtroppo non è peregrino pensare che anche qui prima o poi ci scapperà la tragedia. Ci chiediamo come sempre dove siano i vigili urbani, spariti dalla città e soprattutto dalle zone a rischio, mentre spuntano quando devono fare le multe. Il corso principale e tutta la città hanno bisogno di controlli costanti, di regole che devono essere rispettate, di maggiori precauzioni da adottare per poter vivere tutti bene e in tranquillità. Troppi anche le bancarelle dei venditori ambulanti e i chioschi che preparano il cibo di strada, rendendo il salotto buono della città una vera fiera paesana. Non vorremmo che anche questa volta il nostro appello cadesse nel vuoto, la città è allo sbando e le responsabilità sono da attribuire senza alcun dubbio a chi omette i controlli e consente azioni che limitano la libertà e il benessere dei cittadini, specialmente dei più deboli. Infine è d’obbligo chiedere all’amministrazione comunale che ha reso questa città una discarica a cielo aperto, perché è stata così celere ad inviare le bollette Tari quando la spazzatura non viene raccolta e la città non viene pulita? E perché non concede l’acqua per un numero maggiore di ore al giorno specialmente in questo periodo di Covid in cui bisogna seguire norme igieniche più stringenti?  
Comitato Cosenza vivibile

 





20 ottobre 2020

Cosenza, acqua col contagocce e contagi in aumento

 


Cosenza senz’acqua nonostante il Covid. Anche in questo periodo la città usufruisce dell'acqua corrente solo per poche ore al giorno, mentre i contagi crescono e le raccomandazioni di lavare spesso le mani, che da febbraio scorso giungono da più parti, restano lettera morta.

Il problema idrico che connota la città dei Bruzi non è stato mai risolto, sebbene si possa contare su cinque acquedotti e oltre una mezza dozzina di pozzi che servono i vari quartieri. Non sono, però, sufficienti, visto che l’acqua continua a mancare nelle case e le lamentele dei cittadini aumentano.

È certamente inspiegabile la penuria idrica in una città che sorge ai piedi della Sila, peraltro in una regione come la Calabria che è la più ricca d'acqua in Europa. È parimenti inspiegabile che in tanti anni di gestione delle acque calabresi da parte di Sorical SPA nessun miglioramento sia stato apportato in quei quartieri cosentini che da sempre “hanno l’acqua col contagocce”.

Oggi, però, il problema diventa ancora più grave a causa del Covid e delle regole che ognuno è tenuto a rispettare per evitare i contagi. Lavarsi di frequente le mani è tra le principali raccomandazioni ribadite dal ministero della Salute per evitare la diffusione del virus e i danni connessi. Ci chiediamo: “Come possono i cosentini lavarsi di frequente le mani se l’acqua manca?”.   

Cosenza, 20 ottobre 2020

© Francesca Canino

 

19 ottobre 2020

LETTERE: Ex hotel Jolly, il sottosegretario Orrico tace


I riflettori riaccesi nei giorni scorsi sui lavori dell’ex hotel Jolly, in seguito all’intervento della senatrice M5S Margherita Corrado, hanno spronato alcuni cittadini a fare delle considerazioni sul patrimonio storico-artistico di Cosenza ormai alla deriva. La richiesta di informazioni inoltrata dalla senatrice Corrado alla Soprintendenza e al Nucleo TPC dei Carabinieri di Cosenza sul progetto di “Riqualificazione della confluenza dei fiumi Crati e Busento e realizzazione del Museo di Alarico” ha riaperto il capitolo sulle vicissitudini del Jolly e sul destino del centro storico bruzio. Intanto è bene sottolineare che la decisione assunta anni addietro dal comune di Cosenza per la realizzazione del Museo di Alarico – detto Museo del Nulla perché ad oggi non è stato ritrovato nemmeno un cimelio riferibile al Balta o ai suoi soldati – non poggia su alcun fondamento proprio per le ragioni appena citate. Inoltre, tutta la vicenda relativa all’abbattimento del Jolly presenta una serie di irregolarità amministrative compiute, a detta della Corrado, da Comune, Provincia e Soprintendenza. Sarebbe interessante conoscere le irregolarità di cui si parla da tempo e sapere soprattutto se sono state concesse le autorizzazioni richieste in questi casi. La domanda che tuttavia in tanti ci poniamo è la seguente: “Ma perché di tutto ciò se ne occupa la Corrado e non il sottosegretario ai Beni culturali Anna Laura Orrico? Ritengo che sarebbe stato più consono un interessamento concreto del sottosegretario su questa faccenda del Jolly che di lati oscuri ne ha a iosa. Questo suo comportamento lascia ipotizzare che le irregolarità a cui accennavo sopra non interessano alla Orrico. Perché? E perché il sottosegretario non ha mai messo piede in Soprintendenza? Chi non deve disturbare in questa città sulla quale è calata una densa nebbia che appanna manovre al limite della liceità? Se la Soprintendenza è allo sbando con una Soprintendente che è presente 3 ore la settimana, chi controllerà, chi seguirà i 90 milioni per i lavori nel centro storico? Perché non si pone questo problema la sottosegretaria?

Un ex impiegato Mibact

18 ottobre 2020

Mongrassano: rumori eccessivi dal Parco eolico, quali i risultati dei rilevamenti effettuati nei mesi scorsi?

 


Il Comitato cittadino “Ambiente e territorio” di Mongrassano ha inviato una lettera al direttore del Dipartimento Servizio Radiazioni e Rumori dell’Arpacal, al sindaco di Mongrassano e alla Siemens-Gamesa per conoscere «l’esito dei risultati ottenuti dai rilevamenti eseguiti nel centro abitato di Mongrassano Cs, da vostro personale nei trascorsi mesi estivi a seguito di segnalazioni per l’elevata rumorosità prodotto dall’impianto eolico denominato Parco eolico “Aia dei venti” sito nei comuni di Mongrassano, S. Marco Argentano, Cervicati, rilevato che il rumore prodotto dalla rotazione delle pale in particolari condizioni ventosità e di direzione continua a creare disagio e disturbo alla quiete pubblica».


Solo qualche mese fa, il gruppo di minoranza ‘Mongrassano rinasce’, a sostegno della lotta di un gruppo di concittadini faceva notare che «il frastuono delle pale eoliche sopra la nostra testa è incessante di giorno come di notte, che dobbiamo fare? Andarcene dal nostro paese, dalle nostre case, dai nostri ricordi più cari, dalla nostra storia e dalla storia dei nostri avi? O cercare di salvare il salvabile, lottare per attutire almeno in parte questo ‘guaio storico’ che la nostra generazione ha combinato? Quanto al tavolo tecnico che il sindaco di Mongrassano ha fissato per il 25 maggio con l’Arpacal e la Gamesa, ci sembra veramente inopportuna la presenza della suddetta società perché è la responsabile del ‘probabile inquinamento acustico’». (http://www.iacchite.blog/mongrassano-parco-eolico-frastuono-incessante-e-dubbi-sul-tavolo-tecnico/).


Sulla vicenda era intervenuta anche la senatrice M5S Margherita Corrado a fine aprile scorso, che con una lettera indirizzata ai Vigili urbani e al sindaco di Mongrassano e all’ing. Francesca Tarsia A.R.P.A. Calabria – Cosenza chiedeva di «disporre al più presto gli opportuni accertamenti dell’impatto sonoro e delle distanze in ottica CEM e che a valle di quelli, stante il principio di precauzione, vogliate mettere in atto tutte le misure utili a scongiurare danni alla salute degli abitanti del borgo».

La richiesta della senatrice nasceva dalle segnalazioni ricevute dai cittadini di Mongrassano, i quali lamentavano «il rumore eccessivo prodotto dal contatto dell’aria con le torri e le eliche delle turbine eoliche recentemente entrate in funzione a monte dell’abitato, rumore che non dà tregua durante le 24 ore. Poiché l’ascolto dell’audio dei filmati associati a dette segnalazioni mi sembra confermare la fondatezza di tali lamentele, e posto che sia la mole colossale degli aerogeneratori in questione sia la breve distanza dal paese, in linea d’aria, rendono plausibile lo scenario prospettato, sono certa che converrete con me che, essendo la salute psicofisica un diritto costituzionalmente garantito, s’impone alle Autorità competenti un’attenta verifica di quanto segnalato dai residenti. Non è accettabile – concludeva Corrado - che la popolazione raggiunta dall’inquinamento acustico del parco eolico – e forse anche, mi chiedo, dai campi elettromagnetici (CEM) ad esso riconducibili, che com’è noto interagiscono con i tessuti biologici?! – sia esposta a rumori che superino la normale tollerabilità e men che meno ad una dose di radiazioni non ionizzanti oltre il limite dei valori soglia».   

A distanza di diversi mesi, non si ha alcuna notizia dei risultati delle rilevazioni, i residenti sono pertanto costretti a subire rumori assordanti che incidono sulla loro vita, procurando grossi disturbi fisici e psichici. Intanto, il dubbio che le pale siano state sistemate a distanze minori rispetto a quelle concordate avanza sempre più.

Cosenza, 18 ottobre 2020

© Francesca Canino

 

 

 

 

 

  

13 ottobre 2020

Bimba gravemente malata ricoverata all'ospedale di Cosenza non può tornare a casa per mancanza di assistenza domiciliare e di una stanza attrezzata

 


Jacqueline è una bambina ricoverata all’ospedale civile di Cosenza dallo scorso mese di febbraio a causa di una infezione da pneumococco che, nonostante le cure, le ha provocato grossi danni al cervello. È in stato vegetativo con necessità di assistenza ventilatoria da febbraio.

Oggi la bambina potrebbe lasciare l’UO di Terapia Intensiva Pediatrica dell’Annunziata e tornare a casa, a Rombiolo in provincia di Vibo Valentia, dove l’attendono i genitori, i due fratellini e il resto della famiglia. Ma al momento ciò è impossibile perché la piccola non troverebbe un ambiente idoneo alle sue condizioni di salute. La famiglia vive in una casa popolare composta da due stanze, manca uno spazio da riservare esclusivamente alla piccola che, per continuare a vivere, necessita di apparecchiature che ne sostengano la respirazione e l’alimentazione.

La famiglia ha fatto richiesta di un appartamento popolare con una stanza in più rispetto a quella in cui vive ora, specificando che sarebbe meglio se le venisse assegnata una casa a Vibo, in quanto è di vitale importanza avere un ospedale vicino. Nessuna risposta è giunta finora. Ha fatto anche domanda all’Asp per poter usufruire dell’assistenza domiciliare, visto che Jacqueline ha bisogno di un ventilatore per respirare, una pompa che permetta la sua alimentazione attraverso una gastrostomia; assistenza continua per mantenere pulite le vie respiratorie, la tracheostomia e la gastrostomia; assistenza fisioterapica.

In tutta la regione non esiste una struttura in grado di accogliere e assistere bambini come Jacqueline, che non sono pochi, ma sono completamente ignorati dalle istituzioni. L’unica soluzione per dare a questi bimbi un po’ di calore umano resta il ritorno a casa, in famiglia, che però deve essere supportata da una sufficiente e adeguata assistenza sanitaria domiciliare, che sarà concessa, ma per un tempo troppo limitato. Può essere sufficiente e adeguata un’assistenza domiciliare di 90 minuti al giorno, suddivisi in più turni, e per tre/quattro giorni la settimana, esclusi i festivi? Una soluzione che ha gettato nello sconforto la giovane madre di Jacqueline, inesperta in pratiche sanitarie e con altri due bimbi molto piccoli da accudire. La donna teme di non essere in grado, almeno per i primi tempi, di poter curare la bambina nella giusta maniera ed è cosciente che un errore potrebbe essere fatale.

La piccola non può più rimanere all’Annunziata, in una Terapia Intensiva non più necessaria per le sue condizioni, e neppure tornare nella sua casa dove non sopravvivrebbe, viste le attuali condizioni e l’assistenza domiciliare concessa per poche ore a settimana.

Ci chiediamo se l’Asp e i servizi sociali del comune in cui risiede la famiglia di Jacqueline hanno compreso la gravità della situazione e se hanno intenzione di aiutare la sfortunata bambina. Ci chiediamo anche se in Calabria esiste ancora il garante per l’infanzia e se ci sono e operano le varie associazioni di volontariato che solitamente scendono in piazza a raccogliere fondi periodicamente. È, infatti, ipocrita propugnare i diritti dei minori, dei malati, degli indigenti, parlare di aiuti alle famiglie dei disabili e assistere poi ai soliti teatrini dello scaricabarile o del disinteresse o del “non si può fare”. La bambina ha bisogno di una casa, di cure continue, di affetto, non sarà certo l’insensibilità delle istituzioni a impedire che possa vivere come un essere umano merita.

Cosenza, 13 ottobre 2020

© Francesca Canino

 

09 ottobre 2020

Pediatri da Cetraro a Corigliano, le disposizioni contestate del commissario Bettelini e di Gianfranco Scarpelli

 


Un ordine di servizio urgente firmato dal commissario straordinario dell’ASP di Cosenza, Simonetta Bettelini, e da Gianfranco Scarpelli ha disposto che a decorrere da ieri, 8 ottobre, il direttore dell’UOC di Pediatria del P.O. Paola-Cetraro «assicuri, già a partire dai turni che vanno dalle ore 20.00 di oggi alle ore 8.00 di domani, la guardia attiva pediatrica presso il Punto nascita del Presidio Rossano- Corigliano stante la necessità e l’urgenza di garantire la continuità dell’attività del Punto Nascita in oggetto… il mancato rispetto di quanto disposto avrà ricadute dirette sulla S.V. in termini di responsabilità dirigenziale e di interruzione di pubblico servizio».

 

Perentorio. Si depaupera Paola-Cetraro, nella speranza che non vi giungano casi gravi, per garantire l’attività nel Punto nascita di Corigliano-Rossano, seppur legittima. Lo Spoke jonico è in sofferenza da anni a causa della mancanza di pediatri e finora si è cercato di arginare il problema facendo fare turni aggiuntivi ai neonatologi, al costo di 720 euro a notte. Una cifra esosa.

 

Alle disposizioni del commissario Bettelini ha fatto seguito una interrogazione urgente del consigliere regionale Aieta, che ha chiesto l’intervento del presidente della Regione al fine di impedire al Commissario straordinario dell’Asp di Cosenza «Simonetta Cinzia Bettelini la chiusura definitiva del reparto di pediatria dello Spoke Cetraro Paola… Un ordine di servizio che ancora una volta si mostra indifferente alle varie richieste formulate e dimostra come l’inadeguatezza del management dell’ASP di Cosenza sta solo causando danni…».

 

Il consigliere, però, non cita che il cofirmatario dell’ordine di servizio è Gianfranco Scarpelli, direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’ospedale di Cosenza, che, non essendo un dipartimento interaziendale, non ha alcuna influenza sull’Asp bruzia. Un abuso questo che non è preso in considerazione alcuna nemmeno dai sindacati, dormienti anche nei confronti dei comportamenti medievali messi in campo.

 

Non è da sottovalutare, infine, lo spreco di denaro pubblico per i turni aggiuntivi, 720 euro a notte, in una regione che è soggetta a Piano di rientro da dieci anni.

 

Cosenza, 9 ottobre 2020

© Francesca Canino

 

 

 

 

 

 

 

08 ottobre 2020

LETTERE: Partoanalgesia all'Ospedale di Cosenza, tra successi e propaganda


Solo pochi giorni fa, l’ospedale civile di Cosenza ha fatto sapere tramite un comunicato che è stato riconosciuto punto di riferimento per la partoanelgesia. Pino Pasqua, direttore della UOC Terapia Intensiva e Rianimazione, ha detto che “All’Annunziata pratichiamo il parto analgesico dal 2002” e che “Il Punto nascita dell’Annunziata di Cosenza ha tutte le carte in regola per garantire il diritto delle mamme ad un parto indolore in totale sicurezza”. 

Ne prendiamo atto, ma… vorremmo chiedergli dopo avergli fatto notare che parto analgesico  letteralmente significa "parto che non fa sentire dolore"e non parto indolore o partoanalgesia: “E’ lei che aveva voluto la partoanalgesia autonoma e nel Dipartimento Materno-Infantile? E’ sempre lei che ha fatto lievitare questa struttura ad anestesia area materno-infantile e partoanalgesia sempre nel Dipartimento Materno-Infantile? E’ ancora lei che, diventato Direttore della Terapia Intensiva, ha lasciato scomparire tutta la struttura? Infine, è lei che nel nuovo Atto Aziendale, non ancora approvato dalla Regione, ha voluto che ricomparisse la partoanalgesia però come Struttura Semplice all’interno dell’U.O.C. che lei dirige e, conseguentemente, nel Dipartimento d’Emergenza? Se tutto questo è vero, cosa c’è da essere soddisfatti? Il suo comunicato stampa appare per quello che è: una delle veline di bassa propaganda che la premiata e consolidata ditta Scarpelli-Pasqua periodicamente propinano per mascherare i loro limiti”.

Lettera firmata

Comitato Alberi Verdi: No al taglio del bosco di Cozzo Cervello - Paola

 Riceviamo e pubblichiamo:


Il Comitato Alberi Verdi esprime solidarietà e vicinanza ai cittadini di Paola che in questi giorni hanno cominciato di nuovo a lottare per salvare Cozzo Cervello dai tagli. A un anno di distanza circa dalla grande manifestazione degli ambientalisti sulla montagna paolana, organizzata per impedire il taglio di migliaia di alberi, il sindaco di Paola ci riprova a disboscare Cozzo Cervello. Eppure, sono ancora vive nel ricordo di tutti le parole che il sindaco ha pronunciato ai microfoni di Rai3, parole che oggi nega mentre riprova a disboscare 20 ettari di bosco, un taglio che potrà causare l'attivazione di frane e farà sparire per sempre 2.000 alberi.

Oggi si assiste sempre più a un vero e proprio sacco boschivo nel nostro paese, abbattimenti voluti da amministratori compiacenti per fare cassa e alimentare le centrali a biomasse, vere rovine dei territori e delle finanze, visto che ricevono anche contributi pubblici. Ettari ed ettari di faggeta sono ora destinate a sparire per sempre dalla Catena Costiera, un danno incalcolabile per l'ambiente e per la salute delle persone, oltre che per prevenire il dissesto idrogeologico.

Il sindaco faccia un passo indietro e abbandoni per sempre l’idea malsana di tagliare gli alberi, pensi, invece, a caldeggiare la proposta istitutiva del "Parco Naturale di Monte Caloria e della Catena Costiera" che è stata da tempo accantonata. È quanto mai necessario oggi proteggere la natura e non distruggerla per meri interessi economici, per questi motivi saremo al fianco delle associazioni che lotteranno per impedire il taglio degli alberi di Cozzo Cervello.

Comitato Alberi Verdi

 

 

 

 

07 ottobre 2020

LETTERE: Carenza di pediatri a Corigliano, commissario Bettelini affida incarichi non dovuti a Gianfranco Scarpelli

 

Vogliamo segnalare che a Corigliano c’è un problema gravissimo da oltre 2 anni. Sono rimasti solo 3 pediatri a coprire i turni in ospedale. In un primo momento hanno fatto fare turni aggiuntivi ai medici della neonatologia a 720 euro a notte. Scoppiò così una polemica sugli anestesisti che facevano la stessa cosa a Praia e, per evitare coinvolgimenti, venne sospeso tutto. Per quasi un anno, hanno fatto fare dei turni a pediatri di base che avevano aderito ad una cooperativa. Visto che non hanno mai ricevuto alcun compenso, questi pediatri hanno provato a recuperare le somme dovute, ma hanno scoperto che non avrebbero preso neppure un centesimo perché non si era mai provveduto a fare una delibera con impegno di spesa. Non essendoci i fondi, non prenderanno nulla. 

Sospeso anche questo traffico, la commissaria dell’ASP di Cosenza, Simonetta Bettelini, quasi sicuramente su suggerimento di qualche solito noto, s’è inventata una disposizione di servizio (in data 3/10/20), con la quale ha disposto che “turni di guardia attiva pediatrica nel periodo suddetto dovranno essere garantiti da parte dei dirigenti medici del reparto di Pediatria dello stabilimento di Cetraro sul Punto Nascita dello stabilimento di Corigliano, secondo articolazione definita dal Direttore Dipartimento Materno Infantile Dr. Gianfranco Scarpelli – che legge per conoscenza – tale da garantire continuità di servizio sia presso il reparto di Pediatria dello stabilimento di Cetraro sia presso il Punto Nascita dello stabilimento di Corigliano”. Il periodo in questione va dal 5 al 31 ottobre 2020. La risposta del Direttore Sanitario di Cetraro, dr. Vincenzo Cesareo, non si è fatta attendere ed ha sottolineato, tra le altre cose, l’esiguità del numero dei pediatri, che non è congruo a garantire il servizio.

Ma cosa c'entra Scarpelli, direttore del Dipartimento Materno Infantile dell’Hub di Cosenza, in un problema che vede coinvolti gli Spoke di Corigliano e Cetraro e quindi l’Asp e non l’Ao? 

L’Atto Aziendale dell’Annunziata, alla terza revisione perché bocciato finora, dava per acquisito che fosse istituito il Dipartimento Interaziendale Materno Infantile (ossia un dipartimento che riunisse quello dell’AO e quello dell’ASP). Per fare una cosa del genere, però, ciò doveva essere inserito anche nell’Atto Aziendale dell’ASP e, dopo, si sarebbe dovuto concordare quale dei due Direttori di Dipartimento (ASP e AO) sarebbe dovuto essere quello Interaziendale. 

Con i soliti barbatrucchi, favoriti dal passaggio della Bettelini all’ASP, Scarpelli viene considerato Direttore del Dipartimento Interaziendale (quindi con influenza gerarchica su tutti i reparti di pediatria, ginecologia, ostetricia, consultori, pediatri di base, della provincia) per “Unzione del Signore”. Il Cesareo, con delicatezza, lo ha fatto notare. Nessuno ha reagito. Sotto traccia, Scarpelli, per Corigliano, sta cercando una delle sue solite soluzioni da “salumiere”, ma sta trovando porte chiuse dappertutto, e meno male diciamo noi, visto che è in forza all’ospedale e che con l’Asp non c’entra niente, sebbene le commissarie del nord stiano cercando il sistema per far sì che l’Unto sia direttore anche dell’Asp.

Lettera firmata

06 ottobre 2020

Ex hotel Jolly e irregolarità, la senatrice Margherita Corrado chiede lumi sulla ripresa dei lavori

 


Il 2 ottobre scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta del Sud un articolo che annunciava l’imminente ripresa dei lavori per la realizzazione del Museo di Alarico, ovvero il Museo del Nulla, come è stato definito dai cosentini. Immediato è stato l’intervento della senatrice Margherita Corrado che, con una lettera indirizzata al Soprintendente ABAP per la provincia di Cosenza, alla DG ABAP – Servizio Tutela del Paesaggio e al Nucleo TPC dei Carabinieri di Cosenza, ha richiesto informazioni sul progetto di “Riqualificazione della confluenza dei fiumi Crati e Busento e realizzazione del Museo di Alarico”. «L’opportunità della decisione sindacale, priva di qualsiasi fondamento logico, e le irregolarità - scrive la senatrice - dell’iter amministrativo seguito dagli Enti locali (Comune e Provincia) sono ben note a codesta Amministrazione, poiché il Servizio V “Tutela del Paesaggio” se n’è occupato a più riprese, rilevando una serie di anomalie alle quali ha concorso, ahimè, anche il contegno di alcuni responsabili della SABAP».



A quali irregolarità si riferisce la senatrice Corrado? Qualche giorno prima della demolizione dell’ex hotel Jolly, esattamente il 10 novembre 2018 (http://francescacanino.blogspot.com/2019/12/ex-hotel-jolly-sospesa-la-richiesta-di.html), ci chiedevamo se «fosse stata approvata la progettazione definitiva, legata a doppio filo a quella preliminare; se fossero pervenute le fondamentali autorizzazioni (VIA) e la pronuncia della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale sull’edificio (ex art. 12 del D. Lgs. 4272004); se fossero state acquisite tutte le autorizzazioni previste dalla legge; se fosse stato attivato il tavolo tecnico tra Amministrazioni (MiBAC, Provincia, Comune) richiesto dal Soprintendente ABAP con nota prot. 8801 del 12.07.2018 “al fine di pervenire a soluzioni condivise per la definizione dell’intervento”; se, come previsto dal bando di gara, poiché detta progettazione definitiva/esecutiva, ricade in ambito territoriale sottoposto a tutela paesaggistica (ai sensi art. 142, c. 1, l. c) fosse stato acquisito il nulla osta paesaggistico definitivo per dimostrare la compatibilità delle opere proposte rispetto ai valori paesaggistici del contesto di riferimento».

Inutile dire che nessuna risposta è mai pervenuta dagli Enti interessati.  Non a caso, la senatrice Corrado così continua nella sua lettera-richiesta: «Nel rammentare alle S.S.L.L. che pure il Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza e la locale Procura sono stati giocoforza coinvolti, sono a chiedere lumi circa gli sviluppi adombrati nell’articolo citato. L’eventuale rilascio delle autorizzazioni all’esecuzione dei lavori fino a “ieri” negate a giusta ragione, getterebbe infatti più di un’ombra sulla residua credibilità del MIBACT, evenienza da scongiurare date le già numerose occasioni in cui codesta Amministrazione ha dato, a Cosenza, cattiva prova di sé».

‘Cattiva prova di sé’ di cui si è avuto la ‘prova’ nel dicembre scorso, quando si apprese che era stata sospesa la richiesta di autorizzazione sismica “per revisione dei dati progettuali”. Il comune di Cosenza aveva, infatti, inoltrato istanza per ottenere l’autorizzazione sismica e procedere alla «ristrutturazione delle strutture dell’ex Jolly con adeguamento sismico dell’esistente mediante inserimento di struttura interna in acciaio con controventi e fondazione in platea». Il progettista, in data 13 dicembre u.s., aveva chiesto la sospensione dell’istanza per rivedere i dati e, in seguito a ciò, la regione Calabria, Dipartimento lavori pubblici, aveva sospeso “l’istruttoria della richiesta di autorizzazione sismica”. Anche su questo punto non è dato conoscere gli sviluppi.

Gli interventi sul Jolly non sarebbero dovuti, forse, mai iniziare, abbiamo, infatti, spesso ricordato che le fasi della demolizione e quelle della ricostruzione dell’ex Jolly Hotel non potevano essere scisse, in quanto costituiscono un tutt’uno propedeutico a qualsiasi scelta progettuale e sono da valutare unitamente alle opere che interessano l’ambito fluviale; abbiamo chiesto che fosse esibita la documentazione relativa alla demolizione e ai lavori di ricostruzione; abbiamo poi saputo che era stata sospesa l’istruttoria della richiesta di autorizzazione sismica e oggi, a distanza di quasi un anno, si ricomincia con la solita storia della ripresa dei lavori del Museo di Alarico. Cosa custodirà questo controverso spazio nessuno può saperlo, ma questa è un’altra storia che vi racconteremo presto.

Cosenza, 6 ottobre 2020

© Francesca Canino

 

 

 

05 ottobre 2020

Cosenza, Troppi assembramenti pericolosi nelle zone della movida

 


Il Comitato di quartiere Santa Teresa, piazza Cappello, via Roma segnala per l’ennesima volta le pessime condizioni in cui sono costretti a vivere i residenti delle zone in cui si trovano i locali della movida cosentina. Tra sporcizia, rifiuti accatastati e non raccolti, marciapiedi mai spazzati e bottiglie in ogni dove, si consuma la tragedia dello smodato divertimento serale basato su alcol, musica altissima e rombi di motori. Da Santa Teresa a via Arabia, da via Roma alle traverse di corso Mazzini non solo non è più possibile riposare e trascorrere le serate davanti alla tv a causa degli schiamazzi, ma si deve anche sopportare tutto quello che ruota intorno alla movida. La situazione è diventata incandescente dopo il lockdown, non si conoscono limiti e purtroppo questa situazione è avallata da chi dovrebbe far rispettare regole e limitazioni. Ora, con la risalita del numero dei contagi, e nonostante le raccomandazioni di non assembrarsi, gli avventori dei locali sembrano aver perso ogni controllo. Sono migliaia le persone che specialmente nel fine settimana, ma anche negli altri giorni, si ritrovano nelle zone della movida senza mascherina e soggiornano per serate e nottate uno vicino all’altro. La loro irresponsabilità è un danno futuro per tutti noi che già li sopportiamo da anni.

Quasi ogni sera telefoniamo alle forze dell’ordine per segnalare queste scorrettezze, ma questi hanno sempre una scusa pronta per non intervenire. Ciò è scandaloso perché il cittadino in questo modo non è tutelato da chi è pagato per farlo. D’altra parte, si dovrebbe intervenire perché siamo in emergenza sanitaria e quando le forze dell’ordine ricevono le telefonate dei cittadini esasperati per tutti i disagi suddetti, devono sapere che a questi oggi si aggiunge un problema in più, cioè il pericolo di contagio dovuto agli assembramenti. Come al solito, siamo costretti a far notare la mancanza assoluta di senso civico e responsabilità dei nostri concittadini che vivono di movida, ma anche l’irresponsabilità di chi non fa rispettare le regole, in particolare quelle imposte per limitare i contagi Covid. Chi è deputato a far rispettare la legge nella nostra città lo faccia, senza addurre scuse infondate, e siccome il sindaco è il primo responsabile della salute della sua città intervenga per evitare catastrofi sanitarie. Non vogliamo ammalarci per colpa di chi conduce una vita da beone e da menefreghista tutte le notti e il giorno dorme mentre noi dobbiamo lavorare dopo notti insonni. Si facciano controlli seri sul territorio, si sanzionino tutti coloro che non rispettano le regole, si dia sicurezza e si garantisca la salute ai cittadini.   

Comitato di quartiere Santa Teresa, piazza Cappello, via Roma

02 ottobre 2020

LETTERE: San Giovanni in Fiore, l'appello di una paziente oncologica

 

foto dal web

Con questa mia lettera vorrei raccontarvi, sperando di riuscirci in poche parole, alcuni paradossi della nostra terra, in cui non sempre le cose funzionano a dovere, ma quando esse vanno per il verso giusto c’è sempre qualcuno o qualcosa che si attiva per non farle funzionare più. Non darei la colpa al destino, bensì ai tanti esseri umani che pensano prima al loro tornaconto e poi al bene della comunità.

Sono un malata oncologica della Presila e mi sottopongo alla chemioterapia presso l’ospedale di San Giovanni in Fiore, il cui ambulatorio può essere definito un fiore all’occhiello della sanità calabrese, sia per la struttura che per il personale. Proprio quest’ultimo merita un plauso particolare per la competenza e l’umanità che ogni giorno mette in campo per cercare di limitare i rischi del cancro e per alleviare le angosce e spesso la disperazione che solo chi è colpito da questa terribile malattia può conoscere.

Tra dolori, interventi chirurgici, calvari burocratici, viaggi della speranza e discese agli inferi, la vita del malato oncologico riesce a risollevarsi un po’ davanti al sorriso e alla comprensione di chi lo cura. Inutile girarci intorno, il malato oncologico è una persona che dal momento in cui scopre la sua malattia vivrà per sempre con un piede sulla terra e uno verso l’aldilà, non si torna più alla normalità anche quando le cure fanno effetto. E nel frattempo che la terapia dia i suoi frutti, si vive nell’incognita del futuro e in un presente traballante. Ci aggrappiamo con tutte le nostre forze fisiche (poche a dire il vero) e morali ai sanitari che ci curano, alle loro indicazioni, ai loro sorrisi. Sono il nostro stimolo, ci riempiono il cuore e ci infondono speranze.

A San Giovanni lavorano persone meravigliose, professionisti in gamba e attenti alle nostre esigenze e alle nostre paure. L’ambulatorio oncologico, dove mi sottopongo alla chemio, è una piccola eccellenza della nostra terra, i due medici e gli operatori sanitari che vi prestano servizio sono impagabili. Il dottor Caputo mi segue personalmente e il mio recupero è visibile, soprattutto perché mi sostiene moralmente nella mia lotta al cancro. Ora, purtroppo, sarà impegnato anche a coprire dei turni nel reparto di Medicina e ciò significa che i pazienti oncologici saranno penalizzati e perderanno un importante punto di riferimento.

Pur volendo comprendere la necessità degli altri reparti che presentano carenze di personale, vorrei sottolineare che l’oncologia non può rimanere sguarnita della figura centrale. Altre soluzioni possono essere trovate, basta un po’ di buona volontà, ma il dr. Caputo che ci segue da tempo e potrà seguire altri pazienti in futuro non deve essere spostato, perché, come dicevo prima, il malato oncologico è un paziente che forse più degli altri ha bisogno di un punto di riferimento, di fiducia, di gesti e parole che ricuciano l’anima. Oltre alla professionalità, ma questo è implicito. Ecco perché voglio farmi portavoce di quelle che sono sicuramente le esigenze dei malati come me che nell’ambulatorio dell’ospedale di San Giovanni hanno trovato una speranza di vita, affinché nessuno ci tolga questa speranza né le cure che il dr. Caputo ci somministra. Per favore, lasciate il nostro oncologo in ambulatorio. Grazie.

Una malata oncologica