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02 ottobre 2020

LETTERE: San Giovanni in Fiore, l'appello di una paziente oncologica

 

foto dal web

Con questa mia lettera vorrei raccontarvi, sperando di riuscirci in poche parole, alcuni paradossi della nostra terra, in cui non sempre le cose funzionano a dovere, ma quando esse vanno per il verso giusto c’è sempre qualcuno o qualcosa che si attiva per non farle funzionare più. Non darei la colpa al destino, bensì ai tanti esseri umani che pensano prima al loro tornaconto e poi al bene della comunità.

Sono un malata oncologica della Presila e mi sottopongo alla chemioterapia presso l’ospedale di San Giovanni in Fiore, il cui ambulatorio può essere definito un fiore all’occhiello della sanità calabrese, sia per la struttura che per il personale. Proprio quest’ultimo merita un plauso particolare per la competenza e l’umanità che ogni giorno mette in campo per cercare di limitare i rischi del cancro e per alleviare le angosce e spesso la disperazione che solo chi è colpito da questa terribile malattia può conoscere.

Tra dolori, interventi chirurgici, calvari burocratici, viaggi della speranza e discese agli inferi, la vita del malato oncologico riesce a risollevarsi un po’ davanti al sorriso e alla comprensione di chi lo cura. Inutile girarci intorno, il malato oncologico è una persona che dal momento in cui scopre la sua malattia vivrà per sempre con un piede sulla terra e uno verso l’aldilà, non si torna più alla normalità anche quando le cure fanno effetto. E nel frattempo che la terapia dia i suoi frutti, si vive nell’incognita del futuro e in un presente traballante. Ci aggrappiamo con tutte le nostre forze fisiche (poche a dire il vero) e morali ai sanitari che ci curano, alle loro indicazioni, ai loro sorrisi. Sono il nostro stimolo, ci riempiono il cuore e ci infondono speranze.

A San Giovanni lavorano persone meravigliose, professionisti in gamba e attenti alle nostre esigenze e alle nostre paure. L’ambulatorio oncologico, dove mi sottopongo alla chemio, è una piccola eccellenza della nostra terra, i due medici e gli operatori sanitari che vi prestano servizio sono impagabili. Il dottor Caputo mi segue personalmente e il mio recupero è visibile, soprattutto perché mi sostiene moralmente nella mia lotta al cancro. Ora, purtroppo, sarà impegnato anche a coprire dei turni nel reparto di Medicina e ciò significa che i pazienti oncologici saranno penalizzati e perderanno un importante punto di riferimento.

Pur volendo comprendere la necessità degli altri reparti che presentano carenze di personale, vorrei sottolineare che l’oncologia non può rimanere sguarnita della figura centrale. Altre soluzioni possono essere trovate, basta un po’ di buona volontà, ma il dr. Caputo che ci segue da tempo e potrà seguire altri pazienti in futuro non deve essere spostato, perché, come dicevo prima, il malato oncologico è un paziente che forse più degli altri ha bisogno di un punto di riferimento, di fiducia, di gesti e parole che ricuciano l’anima. Oltre alla professionalità, ma questo è implicito. Ecco perché voglio farmi portavoce di quelle che sono sicuramente le esigenze dei malati come me che nell’ambulatorio dell’ospedale di San Giovanni hanno trovato una speranza di vita, affinché nessuno ci tolga questa speranza né le cure che il dr. Caputo ci somministra. Per favore, lasciate il nostro oncologo in ambulatorio. Grazie.

Una malata oncologica

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