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28 ottobre 2021

Tra un 'pass' e l'altro: quattro passi nell'arte del periodo pandemico


Riceviamo e pubblichiamo

È luogo comune ormai ripetere che dopo la pandemia Covid-19 nulla sarà come prima. E forse sarà proprio un QR code lo spartiacque a segnare la differenza tra come eravamo prima e come saremo dopo la pandemia. Se un codice è diventato la nuova forma di linguaggio che ci identifica, allora è attraverso questa forma che con questa azione artistica si vuole spingere alla riflessione, a rimanere con uno sguardo attento in questo momento di grande cambiamento.


Grandi QR code si aggirano affissi per Recanati, “disturbati” nella loro sequenza algoritmica solo da piccoli virus verdi, gli umani. Ma basta puntarli con uno smartphone per capire di che pass si tratti… 11 QR code che indirizzano al sito del Senato verso quegli articoli della Costituzione che in questo momento, a torto o a ragione, vengono tirati in causa.


Un piccolo quadratino bianco pieno di segni, che in fondo non sappiamo neppure cosa significhino se non siamo in rete, ha permeato così tanto ogni aspetto del nostro quotidiano (dal menù del ristorante, al biglietto di viaggio, ai libri catalogati in biblioteca) che a poco a poco ha acquisito una valenza sociale e istituzionale tale da diventare il criterio di riconoscimento di ognuno di noi. Anzi della nostra idoneità o meno per poter accedere a forme primarie di vita sociale, in primis il lavoro.


Se scontato è dire che la comunicazione, oggi come ieri, utilizza codici e simboli per veicolare concetti e idee e che la nostra identità è sempre più destinata a passare attraverso un simbolo, meno scontato è a mio avviso quello su cui si deve riflettere sull’ulteriore passaggio che sta avvenendo. Con troppa leggerezza e con un certo grado di non consapevolezza, con scelte adottate nell’urgenza e nel carattere “emergenziale” in cui siamo immersi, abbiamo in qualche modo metabolizzato che un QR code venga applicato anche alla nostra sfera più privata e intima, al nostro corpo, alla nostra salute. Trasfigurati in una sequenza numerica, si abolisce sempre di più il confine tra pubblico e privato, tra la legittima possibilità di scelta e il supremo “bene collettivo”.


Non basta più essere sani. Dobbiamo avere una salute implementata.


Come Arte pubblica, questi manifesti vogliono sganciarsi da qualsiasi strumentalizzazione polemica verso argomenti già ampiamenti dibattuti, ma sono volti a riflettere e soprattutto a non dimenticare che la nostra identità e dignità non possono essere codificate ed oggettivizzate in maniera così violenta e superficiale: identità e dignità si costruiscono e consolidano su fondamenti universali che non hanno bisogno di un “permesso per”.

Teniamo ferme le nostre radici perché saranno proprio questi principi Umani e Costituzionali, Interculturali e Condivisibili, il terreno ricco e fertile su cui ricompattare e fortificare la società.

Federica Amichetti

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