pagina tre

13 febbraio 2021

Rumori assordanti dal Parco eolico di Mongrassano, Arpacal non rende noti i risultati dei rilevamenti acustici

 


Da quando è entrato in funzione l’impianto eolico “Aia dei Venti”, ricadente nei comuni di Mongrassano, Cervicati e San Marco Argentano, gli abitanti del piccolo borgo mongrassanese hanno perso la pace. Il movimento delle pale produce un rumore assordante anche durante la notte, al punto che i residenti accusano disagi e problemi di salute derivanti dal continuo frastuono e dal mancato riposo. Sulla vicenda è intervenuta anche la senatrice Margherita Corrado (M5S), che nella scorsa primavera ha richiesto all’Arpacal di disporre gli opportuni accertamenti dell’impatto sonoro e delle distanze in ottica CEM e di mettere in atto tutte le misure utili a scongiurare danni alla salute degli abitanti. Gli accertamenti sono stati eseguiti mesi dopo a causa della pandemia, ma nessuno al momento è a conoscenza dei risultati.

Il Comitato cittadino “Ambiente e territorio” di Mongrassano ha inoltrato a ottobre scorso una formale richiesta all’Arpacal per conoscere l’esito dei risultati ottenuti dai rilevamenti eseguiti nel centro abitato, ma nessuna risposta è stata loro fornita. A dicembre, però, Arpacal ha inviato una lettera al sindaco di Mongrassano per chiedere se fosse «consentito il rilascio delle informazioni richieste all'istante in questione, in riferimento alla normativa vigente in materia (D. Lgs.n.195/2005 disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale, L. n.241/1990 diritto di accesso ai documenti amministrativi, ecc.)». In altre parole, Arpacal ha chiesto il “permesso” al sindaco per sapere se può rispondere alle istanze del Comitato, permesso, tuttavia, mai accordato.

Al momento, dunque, gli esiti dei rilevamenti eseguiti da Arpacal sono top secret sia per i cittadini, sia per la senatrice Corrado, nonostante i solleciti inviati agli enti interessati. 

Intanto, mentre la montagna devastata dalla costruzione del parco eolico frana, il rumore eccessivo prodotto dal contatto dell’aria con le torri e le eliche delle turbine eoliche non dà tregua. Gli abitanti si dicono sfiniti dalle notti insonni e dall’inquinamento acustico e si chiedono perché Arpacal non risponde alle legittime richieste dei cittadini e della senatrice. I dubbi sono tanti e non si esclude che il silenzio sui dati occulti situazioni spiacevoli.

Cosenza, 13 febbraio 2021
© Francesca Canino

 

 

 

05 febbraio 2021

LETTERE: Cosenza, troppe bici su corso Mazzini nonostante l'ordinanza del sindaco. Dove sono i vigili?


Riceviamo e pubblichiamo

Abbiamo più volte scritto ai giornali per segnalare un problema che impedisce alle persone più anziane della città di poter tranquillamente passeggiare su Corso Mazzini e vie limitrofe, prese d’assalto da biciclette di ogni tipo, monopattini e similari. L’isola pedonale, nonostante l’ultima ordinanza del sindaco che vieta l’accesso ai mezzi sopra descritti e la segnaletica apposta da poco, è continuamente percorsa da bici e monopattini incuranti dei pedoni. A che serve quindi l’ordinanza e l’apposizione dei cartelli? Si rivelano una presa in giro ai danni dei cittadini che hanno contribuito finanziariamente alle spese per realizzare la segnaletica inutile. 


Ma, ci si chiede, chi dovrebbe far rispettare questi “nuovi” (a dire il vero il sindaco emanò un’ordinanza in questo senso già la scorsa estate) divieti? Riteniamo che siano i vigili urbani a dover far rispettare le regole, ma purtroppo da anni non se ne vede nemmeno uno in giro per la città. Allora smettetela di prendere in giro le persone, specialmente le fasce più deboli che hanno timore di incrociare bici e monopattini, che non solo attraversano il corso, ma anche le altre vie e le corsie delle auto addirittura in senso opposto. Un pericolo per tutti, ma fin quando non ci scappa l’incidente grave a nessuno importa. Vigili imboscati negli uffici, ordinanze che non sortiscono alcun effetto, senso civico nullo e monopattini comunali, come si evince dallo stemma apposto su ognuno di essi, il comune infatti li lascia a disposizione dei ragazzi mettendo a rischio i passanti. 


E siccome dei vigili urbani che controllano si è perso anche il ricordo, dobbiamo concludere che questa è una città allo sbando, in cui l’amministrazione fa finta di emanare provvedimenti a favore delle persone e spende soldi inutilmente. I cittadini esigono rispetto e sicurezza, si facciano rispettare le norme e si mandino i vigili a fare il loro lavoro.  

Comitato Cosenza vivibile

  

01 febbraio 2021

I costruttori di nasi del ‘500: Pietro e Paolo Vianeo da Tropea

                                                 Dal web: Il Guercino, Studi di nasi e bocche

Nel XVI secolo in Calabria si praticava la chirurgia estetica ad opera di due fratelli nativi di Tropea o forse di Maida. La disputa sorta tra i due centri calabresi su chi avesse dato i natali ai costruttori di nasi del Rinascimento, Pietro e Paolo Boiano, detti anche Vianeo, non si risolse nel corso dei secoli, anche se tutti i documenti e le testimonianze del periodo designano i due fratelli come i "Vianeo di Tropea".

Pionieri della rinoplastica, Pietro e Paolo avevano perfezionato una tecnica che consisteva nel sollevare lembi di pelle dalla parte interna dell'avambraccio sinistro per poi applicarli sul naso mutilato. I pazienti che si sottoposero agli interventi indicarono Tropea come la città dei Vianeo, i fratelli dei ‘prodigi’, anzi della Magia trupiensis”, secondo una citazione di Tommaso Campanella.   

Nel Meridione, tra il XV e il XVI secolo si era consolidata una tradizione rinoplastica a causa di una feroce legge bizantina, rimasta in vigore per buona parte del Rinascimento, che prescriveva la mutilazione del naso a coloro i quali avevano commessi particolari reati. Stupratori e adulteri colti in flagranza di reato, re sconfitti, donne che facevano prostituire le figlie erano condannati al taglio del naso. Costoro arrivavano in Calabria da ogni parte d’Europa per farselo ricostruire.

Sono molte le testimonianze sulla tecnica chirurgica usata dai Vianeo, la prima è del medico bolognese Leonardo Fioravanti, che, recatosi a Tropea nel 1549, descrisse l’intervento ne “Il tesoro della vita Humana”: «Ritrovandomi dunque io in Trupia… l'ordine è questo, cioè, la prima cosa che costoro facevano ad uno quando li volevano fare tale operatione lo facevano purgare, e poi nel braccio sinistro tra la spalla et il gomito, nel mezzo pigliavano quella pelle con una tanaglia, e con una lancetta grande passavano tra la tanaglia et la carne del muscolo, et vi passavano una lenzetta o stricca di tela, e le medicarono fin tanto che quella pelle diventava grossissima. E come pareva a loro che fosse grossa a bastanza, tagliavano il naso tutto pare, e tagliavano quella pelle ad una banda e la cusivano al naso e lo ligavano con tanto artificio e destrezza che non si poteva muovere in modo alcuno fin tanto, che la detta pelle non era saldata insieme col naso. E saldata che era la tagliavano a l'altra banda, e scorticavano il labro della bocca, e vi cusivano la detta pelle del braccio, e la medicavano fintanto che fosse saldata insieme col labro. E poi vi mettevano una forma fatta di metallo, nella quale il naso cresceva a proportione e restava formato ma alquanto più bianco della faccia, e questo è l'ordine che questi tali tenevano nel fare i nasi».

I chirurghi ante litteram che in pieno ‘500 richiamarono nel loro studio calabrese persone da tutta l’Europa, gettando le basi della scienza autoplastica italiana, furono al centro di dispute per l’attribuzione del primato. Le controversie si risolsero grazie agli scritti dello storico napoletano Camillo Porzio, che operato dai Vianeo, li elogiò in una lettera inviata al cardinale Seripando nel 1561. Il filosofo Tommaso Campanella, vissuto mezzo secolo dopo i Vianeo, citò nelle sue opere i due chirurghi di Tropea, affermando di aver visto nasi ricostruiti con arte mirabile, una vera ‘Magia Calabra Trupiensis’.  

Cosenza, 1 febbraio 2021

© Francesca Canino


Cultura e turismo per l’Italia post Covid, lettera aperta ai governanti

 



dal 'Primo Quaderno A.I.Par.C. - Cosenza', gennaio 2021

Il Covid-19 ha bloccato l’Italia e le potenzialità del suo enorme patrimonio culturale, ereditato dalle antiche popolazioni autoctone, dai Greci, dai Romani e da tutti gli artisti che hanno abitato la penisola fino ai giorni nostri. Il più grande museo a cielo aperto del mondo, così è definita l’Italia, è anche un immenso parco naturale che si estende dalle Alpi alla Sicilia e comprende una biodiversità invidiabile. Saranno state queste le ragioni che hanno spinto i nostri padri costituenti a inserire nella Costituzione italiana l’articolo 9, che promuove lo sviluppo della cultura e tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Il dettato costituzionale è chiaro ed è rivolto a tutelare la storia dei luoghi e le vestigia che al solo sguardo producono moti dell’animo e riempiono gli occhi di estatiche visioni. Oltre alle emozioni c’è il risvolto pratico dei beni culturali, che tanto può restituire alla società in termini economici. Dalla tutela e valorizzazione di ogni singola opera può scaturire un enorme ritorno se si riuscisse a trasformare le risorse artistiche in opportunità concrete.

Perno del turismo, il patrimonio culturale italiano attrae ogni anno folle di stranieri nelle città d’arte e consente a numerose persone di lavorare in questo settore. Una maggiore valorizzazione dei beni produrrebbe un aumento dei flussi turistici anche nelle zone meno rinomate, custodi di patrimoni invidiabili e sconosciuti ai più, con consistenti ricadute occupazionali. Il patrimonio culturale e naturalistico della nazione potrebbe diventare la più grande industria italiana, dare lavoro a migliaia di persone con competenze diverse e aumentare le entrate di tutti. Basti pensare al restauro delle opere d’arte, lavoro che richiede specialisti del settore; o agli scavi archeologici che riservano sorprese e aprono orizzonti nuovi nella storia di un paese; o alla conservazione dei beni che tramanda ai posteri i resti del passato. È una grande risorsa economica con un indotto che include molteplici attività in grado di far ripartire l’Italia e gli Italiani.

Oggi il paese è fermo a causa del Covid, l’economia langue, molti Italiani non lavorano e sono preoccupati per il futuro. Il virus prima o poi sarà sconfitto, ma resterà la crisi economica e sociale che ha prodotto. In questi mesi, tra confinamenti e precauzioni, lontani dalla solita vita, in tanti hanno impiegato il tempo leggendo o assistendo a programmi televisivi, molti dei quali di argomento culturale. C’è stato un avvicinamento a questo mondo, allora bisogna insistere perché dalla cultura potrebbe scaturire un grosso business che risolleverebbe la situazione lavorativa di tanti disoccupati e incrementerebbe le finanze dello Stato. È necessario, pertanto, formare una coscienza storica, artistica e ambientale iniziando dalle scuole, sensibilizzare i cittadini attraverso trasmissioni televisive e visite nei luoghi della cultura, garantire una fruizione razionale e non invasiva del patrimonio culturale e naturalistico. Occorre, inoltre, un piano per proteggere l’ambiente e i resti del passato, troppo spesso lasciati nell’incuria, alla mercé di tombaroli e mercanti d’arte che impoveriscono il patrimonio e favoriscono le attività criminali.

La cultura cambia l’uomo, suscita emozioni, astrae dalla realtà e assicura un ritorno economico, utile al paese e alla conservazione dei beni culturali da tramandare alle generazioni future.

Non rimanga, questo, solo un sogno.

Francesca Canino