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01 febbraio 2021

I costruttori di nasi del ‘500: Pietro e Paolo Vianeo da Tropea

                                                 Dal web: Il Guercino, Studi di nasi e bocche

Nel XVI secolo in Calabria si praticava la chirurgia estetica ad opera di due fratelli nativi di Tropea o forse di Maida. La disputa sorta tra i due centri calabresi su chi avesse dato i natali ai costruttori di nasi del Rinascimento, Pietro e Paolo Boiano, detti anche Vianeo, non si risolse nel corso dei secoli, anche se tutti i documenti e le testimonianze del periodo designano i due fratelli come i "Vianeo di Tropea".

Pionieri della rinoplastica, Pietro e Paolo avevano perfezionato una tecnica che consisteva nel sollevare lembi di pelle dalla parte interna dell'avambraccio sinistro per poi applicarli sul naso mutilato. I pazienti che si sottoposero agli interventi indicarono Tropea come la città dei Vianeo, i fratelli dei ‘prodigi’, anzi della Magia trupiensis”, secondo una citazione di Tommaso Campanella.   

Nel Meridione, tra il XV e il XVI secolo si era consolidata una tradizione rinoplastica a causa di una feroce legge bizantina, rimasta in vigore per buona parte del Rinascimento, che prescriveva la mutilazione del naso a coloro i quali avevano commessi particolari reati. Stupratori e adulteri colti in flagranza di reato, re sconfitti, donne che facevano prostituire le figlie erano condannati al taglio del naso. Costoro arrivavano in Calabria da ogni parte d’Europa per farselo ricostruire.

Sono molte le testimonianze sulla tecnica chirurgica usata dai Vianeo, la prima è del medico bolognese Leonardo Fioravanti, che, recatosi a Tropea nel 1549, descrisse l’intervento ne “Il tesoro della vita Humana”: «Ritrovandomi dunque io in Trupia… l'ordine è questo, cioè, la prima cosa che costoro facevano ad uno quando li volevano fare tale operatione lo facevano purgare, e poi nel braccio sinistro tra la spalla et il gomito, nel mezzo pigliavano quella pelle con una tanaglia, e con una lancetta grande passavano tra la tanaglia et la carne del muscolo, et vi passavano una lenzetta o stricca di tela, e le medicarono fin tanto che quella pelle diventava grossissima. E come pareva a loro che fosse grossa a bastanza, tagliavano il naso tutto pare, e tagliavano quella pelle ad una banda e la cusivano al naso e lo ligavano con tanto artificio e destrezza che non si poteva muovere in modo alcuno fin tanto, che la detta pelle non era saldata insieme col naso. E saldata che era la tagliavano a l'altra banda, e scorticavano il labro della bocca, e vi cusivano la detta pelle del braccio, e la medicavano fintanto che fosse saldata insieme col labro. E poi vi mettevano una forma fatta di metallo, nella quale il naso cresceva a proportione e restava formato ma alquanto più bianco della faccia, e questo è l'ordine che questi tali tenevano nel fare i nasi».

I chirurghi ante litteram che in pieno ‘500 richiamarono nel loro studio calabrese persone da tutta l’Europa, gettando le basi della scienza autoplastica italiana, furono al centro di dispute per l’attribuzione del primato. Le controversie si risolsero grazie agli scritti dello storico napoletano Camillo Porzio, che operato dai Vianeo, li elogiò in una lettera inviata al cardinale Seripando nel 1561. Il filosofo Tommaso Campanella, vissuto mezzo secolo dopo i Vianeo, citò nelle sue opere i due chirurghi di Tropea, affermando di aver visto nasi ricostruiti con arte mirabile, una vera ‘Magia Calabra Trupiensis’.  

Cosenza, 1 febbraio 2021

© Francesca Canino


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