I Puntata
NELL'INDIFFERENZA delle Istituzioni e dei cittadini incede
e si consuma la tragedia dell'Annunziata. Dilaniata dai morsi famelici del
sistema sanitario regionale – laddove per sistema è da intendersi la regia che
muove le risorse, destinandole in gran parte nelle tasche di registi e
commedianti da questi assoldati – e defraudata di tante sue funzioni per
invidia o ripicca o indolenza, l’ospedale di Cosenza soffre oggi per gli
sprechi, per le scelte sconsiderate e per il clientelismo estremo che subisce
ormai da molti anni. A pagare, questa volta, non sono come sempre 'solo' i
cittadini - ai quali deve essere riconosciuto il grande demerito di
disinteressarsi delle sorti del proprio ospedale - ma sono anche i medici che
subiscono sulla propria pelle le conseguenze di un sistema malato. Terminale. Subissati
da una richiesta di salute che proviene da tutta la provincia, costretti a
lavorare in numero ridotto e a fronteggiare le pecche strutturali del vecchio
ospedale, i medici temono che una siffatta situazione possa a breve diventare
la scaturigine di tragiche vicende.
Come quella del sangue infetto, per
esempio.
«Ottobre 2012: un pool di ispettori ministeriali evidenziò all'interno del
Centro trasfusionale dell'Annunziata di Cosenza gravi criticità: scarse
condizioni igieniche e gravi problemi di ordine strutturale. Gli ispettori
romani rilevarono 65 irregolarità, 17 delle quali indicate come gravi.
All'Azienda ospedaliera di Cosenza furono concessi 15 giorni di tempo per
risolvere i problemi meno gravi e 30 per quelli più critici. Nell'agosto del
2013, dopo il decesso di un settantacinquenne rendese a causa di una
trasfusione di sangue infetto, giunse a Cosenza Giuliano Grazzini, direttore
del Centro nazionale sangue che, munito di mandato ministeriale, riscontrò il
permanere delle criticità, rilevando anche che gli interventi compiuti non
erano stati risolutivi».
La protesta della Tenda blu
«I medici dell'Annunziata protestano da
gennaio 2014, hanno manifestato sotto
una tenda per oltre un mese, sono scesi in piazza, hanno incontrato più volte i
vertici della sanità cosentina e regionale, il Prefetto, il sindaco e la
commissione consiliare sanità di Cosenza, l'ex sottosegretario alla salute.
Hanno organizzato una manifestazione provinciale il 12 aprile del 2014 e sono
stati sostenuti dai quotidiani cittadini, ma nulla si è mosso. Anzi, l'ex
presidente della Giunta regionale calabrese e commissario ad acta Giuseppe
Scopelliti ebbe ad affermare nei mesi scorsi con un tweet che “bisognava
ribellarsi prima, quando a Cosenza assumevano portantini, uscieri e amici dei
mafiosi. No?”. I sanitari si chiesero perché il presidente attribuiva a loro
responsabilità che erano invece della politica e perché, soprattutto, gli
errori di tale politica dovevano ricadere sui cittadini, in questo caso anche
ammalati. I problemi dell'ospedale non sono stati determinati né dai medici, né
dai cittadini, ma coloro
i quali hanno voluto questa situazione, quando devono curarsi ricorrono alle
cliniche svizzere o del nord Italia».
Da cosa sono causati, in massima parte, i problemi
ospedalieri a Cosenza?
«In buona parte dalla rete territoriale, ovvero l'ASP, che
non funziona adeguatamente. Circa un anno fa, è stato scoperto un giro di
consulenze d'oro che i vertici dell'Azienda avrebbero affidato ai loro amici,
sembra con il placet di tutto l'establishment regionale, senza rispettare le
procedure previste. Intanto, i cittadini per curarsi, quando possono, ricorrono
alla sanità privata, spendendo fior di quattrini, quando non possono si mettono
in lista d'attesa per mesi e mesi o si tengono i malanni. A fronte di tanto
disinteresse per i malati, che cosa sono stati due mesi di interdizione per un
direttore generale che avrebbe elargito migliaia di euro a un avvocato amico, sottraendoli
ai cittadini/pazienti che pagano le tasse? E soprattutto: non sarebbe l'ora di
adottare altri provvedimenti nei confronti di chi ha fagocitato la sanità
calabrese?».
Siamo di fronte a una politica che ha annullato i diritti e
aumentato i profitti.
«Basta pensare alle convenzioni: una stipulata con
l’Umberto I e l'altra con il Bambin Gesù di Roma. Con quest'ultimo
si è voluto creare nel nosocomio
catanzarese una qualificata équipe di chirurghi pediatrici per limitare l'emigrazione
sanitaria dei calabresi verso le altre regioni. Prima di apporre la firma,
però, a qualcuno è sfuggito che l'accordo prevedeva l'esecuzione di interventi
chirurgici a bassa complessità sui minori. E' sfuggito anche che l'UOC di
Chirurgia pediatrica dell'Annunziata esegue, oltre agli interventi chirurgici più comuni, anche quelli più
rari e ad alta o altissima complessità. Qui, inoltre, confluiscono casi
sanitari pediatrici da tutta la regione e al suo attivo ci sono ben 1300
interventi annui, tutti attestati sul sito dell'Azienda ospedaliera. A cosa è
servita, dunque, la Convenzione con il Bambin Gesù? A sostenere una spesa
extra di due milioni di
euro per interventi chirurgici che di routine vengono eseguiti a Cosenza? Sembra che
l'ospedale pediatrico romano versi in grosse difficoltà finanziarie e la
possibilità di drenare pazienti da altri nosocomi è fonte notevole di entrate.
Tra l'altro il Bambin Gesù è un ospedale situato nello stato Vaticano e
pertanto non è sottoposto ad alcun controllo da parte delle autorità italiane».
«C'è anche Nativity, un progetto accompagnato da una scia di polemiche. Benché sconosciuto
a molti medici è giunto alla sua seconda edizione nel 2014. Rivolto ai ragazzi
delle scuole elementari e medie e alle loro famiglie per apprendere i rudimenti
della prevenzione sanitaria e le regole della corretta alimentazione attraverso
attività ludiche, è stato voluto dall'ex presidente Scopelliti per portare in Calabria il meglio della
pediatria. Nell'ambiente sanitario c'è stata molta avversione verso
l'iniziativa, poiché l'esperimento è stato fatto a Roma e sembra che sia stato
un fallimento. In conseguenza a ciò, il progetto è stato proposto alle regioni
meridionali. Dalle poche notizie circolate, sembra che il costo dell'iniziativa
si sia aggirato intorno alle 200.000 euro e che siano stati utilizzati i fondi
destinati alla formazione del personale. Solo sprechi mentre all’ospedale
di Cosenza manca l’essenziale».
E l’elisoccorso?
«Due anni senza stipendio per i medici dell'elisoccorso perché l'Azienda ospedaliera di Cosenza ha interrotto i
pagamenti, a differenza dei loro colleghi in servizio presso gli altri ospedali
della regione. L’ex direttore dell'Ao di Cosenza, Paolo Gangemi, ha dato una
interpretazione personale al Decreto regionale 94/2012. Secondo l’ex dg, a
pagare il servizio di elisoccorso doveva essere l'Asp, considerato che il
servizio fa capo al 118. Il decreto, da quel che ne sappiamo, non è nemmeno in
vigore. Ma per Gangemi è, invece, in vigore e lo applica. Da dove si evince la
malafede? Dal fatto che per sostenere questa sua tesi l’ex dg ha chiesto per
circa due anni continui chiarimenti alla regione. Nelle altre province i medici
che sono regolarmente pagati dall'ASP o dall'AO, cioè dall'ente di
appartenenza. La Regione deve dare ai vari enti di appartenenza una quota pari
circa a 2.160.000 euro. Questi fondi negli anni scorsi a chi sono stati dati?».
Questo il resoconto del 2014, nella prossima puntata
esamineremo il 2015. Intanto da mesi la sanità regionale non è governata perché non si riesce a nominare un commissario… e come se non
bastasse è stato disposto lo sgombero del Mariano Santo.
8-3-2015
©Francesca Canino
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