Scappano dall’Annunziata di
Cosenza medici e cittadini bisognosi di cure. Questi ultimi, stremati dalle
interminabili code al Cup, preferiscono rimandare le prenotazioni o rivolgersi
agli ambulatori privati. Alcuni medici, invece, scelgono di lasciare la barca
colata a picco, o quasi, per approdare in altre strutture, magari private.
Rischioso rimanere a fare il medico all’ospedale di Cosenza, depauperato di
personale e risorse, disorganizzato a causa dello scarso impegno profuso finora
dall’attuale commissario Panizzoli, che da un anno circa guida il nosocomio
bruzio. L’ospedale è ora nel caos, il personale sanitario è insufficiente, oberato
di lavoro e subisce in prima persona la mancata organizzazione e l’incompetenza
dei vertici. Ma è davvero solo un problema di competenze?
Nei mesi scorsi, il management
dell'azienda ospedaliera di Cosenza ha
rinunciato, di fatto senza motivazioni plausibili, all'opportunità di un
reale aggiornamento tecnologico attraverso il finanziamento di 10 milioni di euro, che avrebbe permesso
l'acquisto di nuove attrezzature (come il robot Da Vinci, assolutamente
indispensabile per mantenere a un livello di qualità le nostre chirurgie; una
seconda Pet; un nuovo agiografo digitalizzato). L’ospedale di Cosenza, dunque,
è stato privato di strumenti avanzati di cura che avrebbero contrastato
l'emigrazione sanitaria. I motivi di questa rinuncia potrebbero risiedere nella
volontà di favorire la sanità privata, volontà manifestata anche dalla Regione
Calabria, che con
l’ordinanza n. 35 del 24/04/2020 ha riaperto, dopo il confinamento, le
strutture sanitarie private dal 27 aprile 2020 e dopo 15 giorni ha disposto la riapertura delle strutture pubbliche.
Ancora oggi, le visite ambulatoriali in
ospedale o presso il poliambulatorio di via Popilia non sono riprese a pieno
regime, mentre tutte le strutture private lavorano a pieno ritmo. Come mai?
É risaputo che in Calabria ci sono gruppi di potere che
hanno le mani nella sanità, ricevono ogni anno accreditamenti milionari dalla
Regione e siedono sugli scranni regionali solo per aumentare il loro volume di
affari. Sono molte le risorse pubbliche destinate ai proprietari di case di cura
e similari, che vedono accrescere il loro potere e la loro forza economica grazie
ai finanziamenti regionali che potrebbero, invece, essere investiti nella
sanità pubblica. Spesso coadiuvati da politici compiacenti con cui dividono la
torta, i manager della sanità privata vantano oggi un potere abnorme e sono in
grado di orientare le ordinanze, decidere le nomine dei dirigenti e le sorti
della sanità pubblica.
Ultimamente si attribuisce la responsabilità della
malasanità calabrese e dei problemi dell’Hub cosentino alla Lega e al Decreto
Calabria, entrambi sicuramente non ‘salutari’ per i cittadini/contribuenti. La
sanità da terzo mondo che i calabresi si ritrovano è da imputarsi allo smantellamento della sanità pubblica a
vantaggio di quella privata, un processo cominciato anni addietro e portato
avanti sia dal centrodestra, sia dal centrosinistra per arricchire gli amici di
turno, imprenditori della sanità, in cambio di voti, sostegno economico,
protezione. La piaga che affligge l’ultima
regione d’Europa non è (solo) la Lega e la sua intenzione di colonizzare la sanità
regionale, ma la sanità privata e chi la gestisce (calabresi) a suon di
milioni.
A riprova di ciò, chiediamoci perché non è stato nominato
il direttore generale all’Azienda ospedaliera di Cosenza a partire dal 1°
maggio scorso, come previsto dal famigerato Decreto Calabria (art. 3, comma 9),
e si è preferito lasciare un commissario assente e poco preparato che ha
affossato l’Annunziata (missione compiuta?); perché il direttore sanitario
dell’ospedale, legata al commissario, è stata nominata commissario dell’Asp?
Ricordiamo che le risorse che gestisce l’Asp sono immense e una gran parte di
esse sono destinate alla sanità privata. Non c’è bisogno di aggiungere altro.
Cosenza, 4 luglio 2020
© Francesca
Canino
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