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18 novembre 2019

L'operazione ACHEI e il traffico internazionale dei reperti archeologici



L'operazione ‘Achei’ condotta dalla Procura della Repubblica di Crotone ha individuato un'associazione a delinquere specializzata nelle ricerche archeologiche clandestine, che ha danneggiato il patrimonio archeologico dello Stato, impossessandosi illecitamente di beni culturali statali con l’aggravante della transnazionalità. 
La Calabria viene depredata da sempre, ormai sarà rimasto bene poco di tutto il tesoro archeologico che vantava, d'altronde nessun provvedimento concreto è stato mai assunto per contrastare il lavoro dei tombaroli, né per iniziare campagne di scavo ufficiali che avrebbero limitato le operazioni clandestine. Nessun interesse esiste per il territorio e i suoi tesori, la politica è completamente assente, gli amministratori disinteressati, i cittadini poco informati e le archeomafie altamente operative nel depredare i vari siti e piazzare i ritrovamenti nel mercato internazionale. Un giro di miliardi.
L'operazione di oggi pone diversi interrogativi sulla dispersione del nostro patrimonio archeologico, che attraversa migliaia di chilometri nel globo e, soprattutto, circuiti poco chiari. Il commercio di reperti archeologici trafugati ha assunto, negli ultimi decenni, dimensioni internazionali allarmanti. Alimentato da potenti lobby che impongono le leggi del mercato fissando le regole della domanda e dell'offerta, ogni anno sono migliaia gli oggetti di alto valore archeologico trafugati e poi commercializzati che arricchiscono le grandi organizzazioni criminali. 
Il circuito del traffico dei beni archeologici è complesso ed organizzato, varia da una regione all'altra ed interessa soprattutto le aree più indigenti perché sfrutta le condizioni di bisogno. Occorre perciò distinguere i saccheggiatori occasionali da quelli che agiscono in gruppo e con mezzi appropriati, spesso distruttivi di reperti e contesti. I primi sono quasi sempre agricoltori o scavatori una tantum, non consegnano alle Forze dell'ordine i reperti trovati, ma li conservano o li vendono. Di recente la tipologia dello scavatore in Italia ha assunto i tratti degli immigrati che vivono e lavorano nella penisola, visto l'incremento della manovalanza dell’est europeo. La seconda categoria, invece, comprende predatori 'professionisti', conoscono il mercato dell'illecito in cui collocano i reperti attraverso vere e proprie aste o vendite organizzate, coadiuvati da responsabili di zona e da trafficanti nazionali ed esteri.
I legami tra i mercanti d'arte ed i mercati internazionali si basano su rapporti fiduciari e stabili reti di corrispondenti, tali da far passare la merce velocemente dal produttore di beni archeologici, in genere i paesi del Mediterraneo, al consumatore, ovvero America, Giappone ed alcuni paesi europei dove esistono case d'asta, collezionisti e musei in grado di investire grandi capitali per un'opera d'arte. Spesso sono opere italiane, preda del mercato clandestino, sostenuto dai grandi collezionisti internazionali e da alcune istituzioni museali straniere, compiacenti e spesso committenti.
Cosenza, 18 novembre 2019
© Francesca Canino


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