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05 aprile 2019

Le laminette auree orfiche della Calabria



Le laminette e i culti misterici dell’orfismo

Laminetta di Hipponion 

TRA il 1879 ed il 1880 nell'area della Sibaritide fu rinvenuta una vasta necropoli risalente probabilmente al V secolo a.C., quando sull'area sorgeva la città di Thurii, edificata sul sito della distrutta Sibari. In due grandi sepolcreti a tumulo denominati 'Timpone grande' e Timpone piccolo', furono ritrovati diversi reperti, tra cui anche delle sottilissime laminette d’oro ripiegate e poste vicino alla testa dei defunti. Incise con uno strumento a punta sottilissima, le laminette di età ellenistica (IV e III secolo a.C.) sono state oggetto di vari studi. Altre laminette dello stesso periodo sono state rinvenute a Petelia, presso l'attuale Strongoli (Kr), a Hipponion (oggi Vibo Valentia) nel 1969, a Creta e a Roma. Esse si riferiscono ai culti misterici della religione orfica incentrata sul desiderio di purificazione liberatrice che, partita dall'Oriente (forse dalla Mesopotamia), si diffonde nell'Ellade, specialmente in Attica, dove Eleusi diventa il centro iniziatico. I culti giungono in seguito nella Magna Grecia e la Calabria diventa il centro dell'orfismo pitagorico, la cui massima espressione sono le laminette auree di Thurii, Petelia e Hipponion. 
L'orfismo si fonda sul mistero di Dioniso-Zagreus, figlio di Zeus e di Persefone, sbranato dai Titani per gelosia di Hera.  E' il primo Dioniso, dio sotterraneo, intorno al quale sarà elaborata una dottrina fondata sull'immortalità dell'anima che nella filosofia occidentale fu sostenuta da Pitagora e dalla sua scuola. L'uomo, secondo i pitagorici, è precipitato sulla terra a causa di una colpa originaria, ragione per cui la sua anima è costretta a trasmigrare da un corpo a un altro (metempsicosi). Solo tornando alla purezza originaria, mediante la contemplazione disinteressata della verità o praticando rituali esoterici di iniziazione e di catarsi si sarebbe spezzata la catena delle reincarnazioni. Infatti, in una delle laminette ritrovate a Thurii si legge: “Puro a te giungo, puro, o pura regina degli Inferi”.
Le laminette, dunque, riportano formule mistiche, oltre che preghiere e indicazioni segrete che dovevano servire ai defunti, iniziati ai misteri durante la vita terrena, a intraprendere il loro viaggio verso gli inferi per raggiungere la sede dei beati. Con la formula l'adepto si faceva riconoscere come tale.
Nella prima e nella seconda laminetta di Thurii, ora custodite nel Museo di Napoli, si esalta, in puro stile dorico, la gioia dell'anima quando libera dal corpo può ricongiungersi con la divinità e raggiungere la felicità e la beatitudine. Su una di essa è inciso: "Ma quando l’anima ha abbandonato la luce del sole bisogna che vada da un tale, di sagace intelligenza, che osserva bene ogni cosa. Salve! Col sopportare questo patimento tu da uomo sei diventato dio: capretto caduto nel latte. Salve. Salve o tu che hai preso la via destra verso i sacri prati e i boschi di Persefone".
Laminetta di Petelia
Il motivo dominante è, dunque, il congiungimento dell'iniziato con la divinità sotterranea, Persefone.
La laminetta proveniente dall’antica Petelia, conservata presso il British Museum di Londra, introduce, invece, in un raffinato dialetto ionico-epico, la figura di Mnemosine, personificazione della memoria: "Figlio di Gea son io e di Uranos stellato, e celeste è la mia stirpe e ciò pur voi sapete. La sete mi arde e mi consuma; or voi datemi subito della fresca acqua scorrente dal lago di Mnemosine".
Anche sulla laminetta dell’antica Hipponion, conservata nel Museo di Vibo Valentia, si evoca Mnemosine, considerata figlia del cielo e della terra. L'iniziato ha necessità di bere l'acqua alla sua fonte, unica via di salvezza e non a quella dell'oblio, riservata ai profani: “Figlio della Greve e del Cielo stellato, di sete son arso e vengo meno, ma datemi presto da bere la fredda acqua che viene dal Lago di Mnemosine".
Le laminette auree si rivelano, così, portatrici di una verità assoluta: la morte è l'inizio della vita.

Cosenza, 5 aprile, 2019
© Francesca Canino

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