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06 maggio 2018

Il gran pastrocchio della sanità commissariata in Calabria

Scrivevo nell’ottobre del 2015: «Il fallimento della sanità commissariata è una realtà di cui tenere conto, specialmente dopo le ultime decisioni che hanno prorogato l'incarico di Scura fino al 2018. Perché? La Regione ha davvero ancora bisogno di un commissario? A che punto è il Piano di rientro dal debito sanitario? A quanto ammonta oggi il debito calabrese? Possiamo vedere le carte?».
Nello scorso mese di novembre, il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, minacciava di incatenarsi a Roma se il Governo non avesse revocato – entro la fine del mese - il commissario alla sanità Massimo Scura. Immediata la replica dell’allora ministro alla sanità, Beatrice Lorenzin, che invitava il presidente ad «attuare le leggi che noi abbiamo fatto» a cui seguì la controreplica del governatore: «L’aumento di almeno un terzo del debito, di un elevato incremento dei viaggi fuori dalla Calabria e della mancata realizzazione dei LEA, mi induce a insistere: quali interessi e quali forze si frappongono all’atto, dovuto per legge, di sostituire l’attuale commissario?». Nessuna risposta è stata data finora.
Su “Il Sole 24 Ore” del 17 novembre 2017, si apprese che il debito per il 2016 – certificato dal tavolo di monitoraggio –superava gli 88 milioni di euro. Tre anni prima, la lettura dei dati sull’aumento della spesa (+31% nel periodo 2011-2014) aveva attestato l’inefficacia della presenza del commissario e del sub-commissario alla sanità in Calabria. Un fallimento certificato a cui non è seguita né la rimozione del commissario, né l’incatenamento di Oliverio a Roma. Solo pochi giorni dopo la minaccia delle catene, della protesta non rimase nemmeno il ricordo, tutto fu messo a tacere – stranamente – e il commissario Scura rimase saldamente al suo posto, a dimostrazione che Oliverio non conta nulla in quanto a sanità e che il commissario è funzionale agli interessi di chi da questa situazione trae vantaggi. Sulla pelle dei malati.
La struttura commissariale grava pesantemente sui cittadini per i costi mensili, nessun risultato è stato ottenuto, nonostante i tagli e il rigore nelle spese. In altri termini: il servizio sanitario ha ridotto le prestazioni, si spendono migliaia di euro per gli stipendi di persone a cui è stato affidato il compito di mettere a posto i conti della sanità calabrese e, malgrado i vari tagli (chiusura di ospedali, tagli di prestazioni, ecc.), la spesa è aumentata negli anni scorsi. Non è matematico, quindi i conti sono stati fatti male.
La struttura commissariale voluta, o imposta, dal ministero dell’Economia e da quello della Sanità, visto i risultati ottenuti fino ad oggi, dovrebbe abbandonare l'incarico (con notevole risparmio di fondi regionali) e restituire quanto ingiustamente percepito. Ma la mancanza dei risultati del loro lavoro è il frutto dell’incapacità delle persone incaricate o è il frutto di una precisa volontà? Il dubbio sarà sciolto non appena qualcuno avanzerà “l’idea innovativa” di privatizzare la Sanità (perché il privato è più efficiente… il pubblico, invece, è stato reso inefficiente da chi avrebbe dovuto renderlo efficiente). Oggi la sanità si basa sulla buona volontà dei singoli operatori, senza un progetto senza idee; ad esempio, non è una buona idea, se si vuole contrastare la migrazione sanitaria (con costi esorbitanti all’anno), chiudere gli ospedali di confine.
Oggi, esasperati dai tanti episodi di malasanità e dall’offerta sanitaria sempre più scadente, corre l’obbligo ad ogni calabrese chiedersi, dopo otto anni di commissariamento, se il debito è stato ripianato, se c’è ancora bisogno di un commissario e cosa è stato fatto concretamente negli ultimi anni. È nostro diritto, in quanto cittadini e contribuenti, avere celeri risposte.

Cosenza, 6 maggio 2018
© Francesca Canino

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