da "Il Quotidiano del Sud" 7 gennaio 2017
VIGILIA
della Befana a piazza Cappello: alle 19 un medico viene derubato e ferito di
striscio con un’arma da fuoco; 3 gennaio, corso Mazzini: alle 9,30 due uomini
rapinano una gioielleria; vigilia di Capodanno a via Roma: intorno alla
mezzanotte alcuni ladri si introducono in una attività commerciale, forzano la
saracinesca e portano via poche decine di euro.
Un
anno finisce e un altro inizia sulla stessa scia criminale che negli ultimi
mesi sta creando non poche preoccupazioni nei cittadini. Delitti compiuti in pieno
centro e in orari inusuali che non sono solo la spia di un fenomeno, la
microcriminalità, che ha mutato la sua fisionomia, ma sono anche la scaturigine
dei fondati timori dei residenti. Se la delinquenza pervade i quartieri più
frequentati in orari in cui si lavora o si passeggia, significa che qualcosa
negli ingranaggi si è rotto. Cosa può spingere una persona a delinquere nelle
zone centrali e negli orari “tradizionalmente” meno adatti per compiere un
qualsivoglia reato? Bisogno? Impunità? Prova di forza?
Proviamo
ad analizzarli tutti, in relazione al contesto sociale in cui i reati sono
stati consumati.
Cosenza
è una città in cui aumentano giorno per giorno i bisognosi e i bisogni, il
lavoro è una chimera, il denaro serve, spesso per futilità, e ognuno cerca di
guadagnarlo come può. Non si disdegnano le maniere illecite, di contro non c’è
la galera, al massimo i domiciliari che, tutto sommato, è come stare a casa per
una lunga influenza.
Aumentano
i bisogni, dicevamo, poiché il bisognoso di oggi non è colui che cerca il
classico pezzo di pane, ma spesso un individuo che deve acquistare stupefacenti
o prodotti non di prima necessità. E qui il banco salta. Il pezzo di pane si
trova, purtroppo, anche nella spazzatura o può essere regalato agli affamati,
la droga no, se non si hanno i soldi non se ne può fare uso. Aumentano dunque i
furti, gli scippi, gli scassi e diminuisce la sicurezza del cittadino, senza
tutele perché i reati sono compiuti in ordine sparso, mancano le regie
criminali, ognuno è manovale e boss nello stesso tempo. E nello scambio dei
ruoli, quando cioè si passa dall’essere manovale all’essere boss, si supera
inconsciamente una prova di forza che equivale a una promozione per poter
compiere i successivi reati.
Ma
il cittadino ha diritto a vivere in una società tranquilla, così come chi
delinque ha diritto ad essere socialmente recuperato.
Il
crimine, in tutte le sue sfaccettature, deve essere combattuto alla fonte,
bisogna sradicarlo dal suo vero humus di crescita: il disagio sociale,
l’impossibilità di trovare un lavoro, la comprensione dei veri bisogni
dell’individuo. La pena certa costituisce un deterrente, la pena dovrebbe
costituire anche il momento del riscatto, del recupero, della trasformazione
dei ‘microcriminali in ordine sparso’ in cives dalla coscienza universale.
© FRANCESCA
CANINO
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