L'inchiesta
COSENZA e le sue
acque
I parte
dal Quotidiano della Calabria
del 14 febbraio 2014
COSENZA fa i conti con l'acqua tutti i giorni:
la portata idrica si rivela insufficiente e i guasti periodici sulla rete sono
la normalità. Specialmente quando il maltempo imperversa. E d'estate, a causa
delle scarse piogge, le riserve dei serbatoi sono sempre minime al punto che
viene ridotta l'erogazione.
Ma perché con cinque acquedotti e sei pozzi che
riforniscono la città, la crisi idrica è perenne?
La risposta non è semplice
né immediata, è necessario esaminare tutto il sistema delle acque regionali per
comprendere le ragioni dei rubinetti a secco. L'analisi della situazione
cosentina merita una maggiore attenzione in seguito alle diverse segnalazioni che
quasi quotidianamente ci provengono dai cittadini. Ed è proprio da qui che
intendiamo partire in questa ideale immersione nelle acque bruzie, un viaggio dal
particolare al generale, in cui il particolare è rappresentato dalla gente di
Cosenza che troppo spesso soffre la sete.
L’approvvigionamento
idrico in città soddisfa tutte le esigenze, da quelle domestiche a tutte le
altre attività ricadenti sul territorio comunale. Fondamentale il rapporto tra
il numero degli abitanti e la quantità di acqua erogata poiché ogni giorno
gravitano in città circa 200000 abitanti in più rispetto a quelli effettivi.
Inoltre, lo stato di salute della rete idrica si diversifica a seconda del suo
anno di costruzione: le reti che forniscono acqua alla parte nuova della città sono
state costruite nell’ultimo cinquantennio. L’erogazione idrica, quindi, non è
omogenea e il centro città è la parte che risente maggiormente delle carenze
idriche. Il problema delle perdite della rete, definita spesso ‘colabrodo,’ si
sarebbe dovuto risolvere portando a termine i lavori di riefficientamento
iniziati lo scorso settembre. In parte sono stati eseguiti, ora sono fermi,
sembra per mancanza di fondi.
Risulta
tuttavia privo di riscontro il dato che assesta al 70% le perdite di acqua
nella rete cittadina. Allo stato attuale è impossibile sapere quanta acqua
esattamente si perde, considerato che si è a conoscenza dei litri che ogni
giorno giungono in città, ma non si sa quanti se ne utilizzano. Ciò accade
perché non si effettua puntualmente la lettura dei contatori in tutta città,
servizio che consentirebbe di sottrarre dalla quantità di acqua in entrata
quella in uscita e conoscere le reali perdite della rete. Sembra anche che
alcuni palazzi siano privi di contatore. Questi ultimi costituiscono un serio
problema per l'inquilino che deve effettuare una voltura, cioè cambiare
l'intestazione del contatore. Oltre alla documentazione, si richiede una
cauzione infruttifera pari a € 150, da restituire quando l'inquilino cambierà
casa. La cifra appare esagerata a confronto con altre città che per la stessa
operazione richiedono somme diverse: Catanzaro € 16, Reggio Calabria € 51 e,
fuori regione, Potenza € 46 e Napoli € 85. Le differenze sono notevoli e
inspiegabili, specialmente se si considera che nella città dei Bruzi l'acqua
manca. Anche sulle bollette si registrano le lamentele dei cittadini che per
anni pagano puntualmente una bolletta a cifra fissa, mentre il consumo
effettivo viene calcolato e inviato a distanza di parecchi anni. Durante le
ultime festività natalizie, molti cosentini hanno ricevuto le bollette relative
ai consumi degli
anni 2008
/2013 compresi,
cioè ben sei annualità che in alcuni casi corrispondono a cifre considerevoli.
Come sempre è il cittadino assetato a pagare per l'incapacità
dell'amministrazione di gestire in toto il servizio idrico.
Le
pecche del capoluogo bruzio
II parte
dal Quotidiano della Calabria
del 26 febbraio 2014
FA PARTE ormai
dell’ordinario cosentino ritrovarsi periodicamente a vivere i disagi causati
dalla carenza idrica. Acqua col contagocce, sete perenne, rubinetti a secco
sono i titoli che occupano frequentemente le pagine dei quotidiani di Cosenza
per avvisare i cittadini dell’ennesimo guasto.
I disagi più significativi
si verificano nel centro città, in particolare nei fabbricati non dotati di un
serbatoio condominiale e i cassoni di cui quasi ogni famiglia si è munita,
hanno acuito il problema. Essi si riempiono non appena inizia l’erogazione
dell’acqua, sottraendone notevoli quantità agli edifici privi di impianto. Si
calcola che senza di essi il centro città usufruirebbe di almeno nove ore in
più di acqua corrente rispetto a quelle che attualmente vengono erogate. I
serbatoi hanno di fatto peggiorato la situazione idrica cittadina, poiché
chiunque ne abbia posseduto uno si è adagiato su questa alternativa
tralasciando di richiamare l'attenzione delle Istituzioni per una soluzione
definitiva del problema.
Negli
anni scorsi, da un sopralluogo effettuato nella rete fognaria cittadina durante
le ore notturne, quando gli scarichi dovrebbero essere minimi, è stata trovata
una gran quantità di acqua potabile ed è stata attribuita al cattivo
funzionamento dei serbatoi domestici, forse a causa di galleggianti rotti che
fanno prelevare acqua ai cassoni anche quando sono pieni per poi scaricarla
nella fogna. Una più attenta
manutenzione dei cassoni da parte del cittadino eviterebbe lo spreco e di
conseguenza alleggerirebbe la bolletta ed evitando le perdite si potrebbe
usufruire di un volume maggiore di acqua nel corso della giornata, quindi più
ore di acqua corrente che nel centro città sono davvero poche.
Anche
il dislivello su cui sono disposti i quartieri cittadini genera uno squilibrio
nell’erogazione tra la parte bassa e quella alta della città. La bassa pressione
disponibile impedisce all’acqua di arrivare nella città alta, penalizzando in
particolar modo i piani superiori. Una soluzione sarebbe quella di innalzare il
carico dell’erogazione con impianti di spinta nella rete, sistemati nelle
diramazioni delle tubature. Un siffatto intervento porrebbe rimedio alla
penuria idrica della parte alta, posta a un dislivello di circa 60 metri
rispetto alla parte bassa.
Un
altro problema è costituito dalle precipitazioni, copiose, ma mal distribuite
durante l’arco dell’anno. Da giugno a ottobre piove pochissimo e i serbatoi si
ritrovano in autunno con riserve minime. Non bisogna sottovalutare, infine, che l’Abatemarco, l’acquedotto che insieme
al Bufalo fornisce più del 50% delle acque cosentine, sorge a San Donato di Ninea
e che negli 80 Km di rete fino a Cosenza serve oltre una ventina di comuni, tra
cui Rende che usufruisce di una portata maggiore di acqua rispetto agli altri
comuni. I continui guasti dell'Abatemarco peggiorano, infine, la situazione
cosentina.
Gli Acquedotti che servono Cosenza
Nome
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Competenze
|
Data di
costruzione
|
Origine
|
Portata
|
Captazione
|
Note
|
Abatemarco
|
Regionale
|
Anni ‘70
|
S. Donato di Ninea, Località Abatemarco
|
220-240 l/sec
|
Sorgente
|
Acquedotto
intercomunale, con il Bufalo fornisce più
del 50% dell’acqua di Cosenza.
|
Bufalo
|
Regionale
|
*Opera di presa è recente.
La sorgente risale al ‘65
|
Parenti
|
40-80 l/sec
|
Fiume Savuto e pozzo
|
*Opera
di presa
Condotta che prende l’acqua dal
fiume per poi distribuirla.
La portata idrica del Bufalo è a
fasi alterne.
|
Merone
|
Comunale
|
1932
|
S. Stefano di Rogliano, Località Petrara
|
70-80 l/sec
|
Sorgente
|
E’
un acquedotto storico.
|
Timpafusa
|
Comunale
|
Anni ‘70
|
Mendicino, Contrada Rizzuto
|
40-55 l/sec
|
Sorgente
|
La
sua attività era stata sospesa negli anni scorsi. E’ il più stabile per la
portata di litri al secondo
|
Zumpo
|
Comunale
|
1898
|
Aprigliano, Località Cozzarelli
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15-20 l/sec
|
Sorgente
|
La
sua attività tende a scomparire, da tempo purtroppo si registra una continua
diminuzione della portata.
|
Pozzi di Cosenza (incrementano le
dotazioni idriche dei serbatoi)
Via de Rada
|
Regionale
|
Serraspiga
|
Regionale
|
4 pozzi su Colle Mussano
|
Comunali
|
L'Abatemarco e i suoi capricci
III parte
dal Quotidiano della Calabria
del 26 febbraio 2014
ROTTURE continue. Da oltre
un paio di anni a questa parte si verificano all'incirca ogni settimana. E la
città soffre per i guasti dell'Abatemarco, il grande acquedotto che rifornisce
Cosenza e un buon numero di comuni della sua provincia.
Nei mesi scorsi, in pieno
inverno dunque, i bollettini della Sorical che comunicavano la riduzione della
portata idrica in città si sono susseguiti con cadenza settimanale. Le cause
erano da riferirsi alle cattive condizioni atmosferiche che 'disalimentavano'
l'impianto di sollevamento Nascejume.
Solo pochi giorni fa,
invece, si è verificata una rottura sulla condotta adduttrice in località Cozzo
Carbonaro, vicino Lattarico e l’erogazione idrica è stata sospesa in alcuni
comuni, tra cui Cosenza. Ma perché l'Abatemarco è così fragile?
Realizzato dalla Cassa del
Mezzogiorno negli anni ’70 per risolvere definitivamente il problema idrico di
Cosenza (anche se così non è stato e soprattutto non è), l’uso dell'acquedotto
fu destinato 'unicamente' alla città dei Bruzi. Si giunse a questa decisione
dopo aver constatato che sarebbe stato più difficile convogliare le acque delle
sorgenti poste alle pendici della Sila, insufficienti ad arrivare in città.
Il grande acquedotto sorge
nei pressi di San Donato di Ninea, su un sito montuoso di natura calcarea che
assorbe come una spugna l’acqua piovana e ne modula la distribuzione nel corso
dell’anno. In questo modo, considerando che in Calabria le piogge sono più
abbondanti del 20% rispetto a tutte le altre regioni italiane, dovrebbe essere
scongiurato il rischio di eventuali crisi idriche cittadine. Qualcosa non va,
allora, se troppo spesso la città rimane a ‘secco’. Le precipitazioni, infatti,
nonostante siano copiose, sono mal distribuite durante l’arco dell’anno, tanto
che da giugno a ottobre piove pochissimo e i serbatoi si ritrovano in autunno
con riserve minime. Inoltre, l’instabilità del terreno su cui si snoda l’intera
rete dell’Abatemarco provoca continue interruzioni del servizio a causa delle
frane che si verificano con una certa frequenza. E non bisogna sottovalutare
gli 80 Km della rete che da San Donato di Ninea fino a Cosenza serve oltre una
ventina di comuni. Tra questi Rende (compresa l’Università di Arcavacata) che a
differenza di Cosenza non risente della penuria idrica perché usufruisce di una
portata maggiore di acqua rispetto agli altri comuni.
Le risorse destinate alla sola città di Cosenza
sono, dunque, assorbite da altri comuni, i quali, però, non condividono la
stessa sofferenza idrica della città. Eppure, per dissetare la città che al
mattino fa a gara con il tempo per usufruire dell'acqua corrente, sarebbe stato
sufficiente realizzare nuove opere di presa in Sila. O costruire un nuovo
acquedotto solo per la città dei Bruzi. L’idea risale a diversi decenni fa e
prevedeva l’utilizzo di una risorsa idrica situata nel comune di Pedace, sul
fiume Cardone, che attualmente fa funzionare la centralina idroelettrica
dell’Enel. A valle della centralina si voleva realizzare l’impianto di
potabilizzazione. Furono organizzate giornate di studio e fu anche preparato un
progetto (erano i primi anni '80). Alla fine non si fece nulla: la città, che
nel frattempo si era ampliata, contestualmente ai comuni limitrofi - la
cosiddetta area urbana – si è dovuta accontentare di una quantità sempre minore
di acqua. Con buona pace dei suoi amministratori e dei cittadini.
Cosenza oggi ha sete
perché è mancata una politica concreta in grado di risolvere il problema e
utilizzare meglio le risorse.
21-7-2015
©Francesca Canino