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21 luglio 2015

COSENZA, cinque acquedotti e sei pozzi per una sete infinita

L'inchiesta

COSENZA e le sue acque
I parte

dal Quotidiano della Calabria del 14 febbraio 2014

COSENZA fa i conti con l'acqua tutti i giorni: la portata idrica si rivela insufficiente e i guasti periodici sulla rete sono la normalità. Specialmente quando il maltempo imperversa. E d'estate, a causa delle scarse piogge, le riserve dei serbatoi sono sempre minime al punto che viene ridotta l'erogazione.
Ma perché con cinque acquedotti e sei pozzi che riforniscono la città, la crisi idrica è perenne?
La risposta non è semplice né immediata, è necessario esaminare tutto il sistema delle acque regionali per comprendere le ragioni dei rubinetti a secco. L'analisi della situazione cosentina merita una maggiore attenzione in seguito alle diverse segnalazioni che quasi quotidianamente ci provengono dai cittadini. Ed è proprio da qui che intendiamo partire in questa ideale immersione nelle acque bruzie, un viaggio dal particolare al generale, in cui il particolare è rappresentato dalla gente di Cosenza che troppo spesso soffre la sete.
L’approvvigionamento idrico in città soddisfa tutte le esigenze, da quelle domestiche a tutte le altre attività ricadenti sul territorio comunale. Fondamentale il rapporto tra il numero degli abitanti e la quantità di acqua erogata poiché ogni giorno gravitano in città circa 200000 abitanti in più rispetto a quelli effettivi. Inoltre, lo stato di salute della rete idrica si diversifica a seconda del suo anno di costruzione: le reti che forniscono acqua alla parte nuova della città sono state costruite nell’ultimo cinquantennio. L’erogazione idrica, quindi, non è omogenea e il centro città è la parte che risente maggiormente delle carenze idriche. Il problema delle perdite della rete, definita spesso ‘colabrodo,’ si sarebbe dovuto risolvere portando a termine i lavori di riefficientamento iniziati lo scorso settembre. In parte sono stati eseguiti, ora sono fermi, sembra per mancanza di fondi.
Risulta tuttavia privo di riscontro il dato che assesta al 70% le perdite di acqua nella rete cittadina. Allo stato attuale è impossibile sapere quanta acqua esattamente si perde, considerato che si è a conoscenza dei litri che ogni giorno giungono in città, ma non si sa quanti se ne utilizzano. Ciò accade perché non si effettua puntualmente la lettura dei contatori in tutta città, servizio che consentirebbe di sottrarre dalla quantità di acqua in entrata quella in uscita e conoscere le reali perdite della rete. Sembra anche che alcuni palazzi siano privi di contatore. Questi ultimi costituiscono un serio problema per l'inquilino che deve effettuare una voltura, cioè cambiare l'intestazione del contatore. Oltre alla documentazione, si richiede una cauzione infruttifera pari a € 150, da restituire quando l'inquilino cambierà casa. La cifra appare esagerata a confronto con altre città che per la stessa operazione richiedono somme diverse: Catanzaro € 16, Reggio Calabria € 51 e, fuori regione, Potenza € 46 e Napoli € 85. Le differenze sono notevoli e inspiegabili, specialmente se si considera che nella città dei Bruzi l'acqua manca. Anche sulle bollette si registrano le lamentele dei cittadini che per anni pagano puntualmente una bolletta a cifra fissa, mentre il consumo effettivo viene calcolato e inviato a distanza di parecchi anni. Durante le ultime festività natalizie, molti cosentini hanno ricevuto le bollette relative ai consumi degli anni 2008 /2013 compresi, cioè ben sei annualità che in alcuni casi corrispondono a cifre considerevoli. Come sempre è il cittadino assetato a pagare per l'incapacità dell'amministrazione di gestire in toto il servizio idrico.


Le pecche del capoluogo bruzio
II parte


dal Quotidiano della Calabria del 26 febbraio 2014

FA PARTE ormai dell’ordinario cosentino ritrovarsi periodicamente a vivere i disagi causati dalla carenza idrica. Acqua col contagocce, sete perenne, rubinetti a secco sono i titoli che occupano frequentemente le pagine dei quotidiani di Cosenza per avvisare i cittadini dell’ennesimo guasto.
I disagi più significativi si verificano nel centro città, in particolare nei fabbricati non dotati di un serbatoio condominiale e i cassoni di cui quasi ogni famiglia si è munita, hanno acuito il problema. Essi si riempiono non appena inizia l’erogazione dell’acqua, sottraendone notevoli quantità agli edifici privi di impianto. Si calcola che senza di essi il centro città usufruirebbe di almeno nove ore in più di acqua corrente rispetto a quelle che attualmente vengono erogate. I serbatoi hanno di fatto peggiorato la situazione idrica cittadina, poiché chiunque ne abbia posseduto uno si è adagiato su questa alternativa tralasciando di richiamare l'attenzione delle Istituzioni per una soluzione definitiva del problema.
Negli anni scorsi, da un sopralluogo effettuato nella rete fognaria cittadina durante le ore notturne, quando gli scarichi dovrebbero essere minimi, è stata trovata una gran quantità di acqua potabile ed è stata attribuita al cattivo funzionamento dei serbatoi domestici, forse a causa di galleggianti rotti che fanno prelevare acqua ai cassoni anche quando sono pieni per poi scaricarla nella fogna. Una più attenta manutenzione dei cassoni da parte del cittadino eviterebbe lo spreco e di conseguenza alleggerirebbe la bolletta ed evitando le perdite si potrebbe usufruire di un volume maggiore di acqua nel corso della giornata, quindi più ore di acqua corrente che nel centro città sono davvero poche.
Anche il dislivello su cui sono disposti i quartieri cittadini genera uno squilibrio nell’erogazione tra la parte bassa e quella alta della città. La bassa pressione disponibile impedisce all’acqua di arrivare nella città alta, penalizzando in particolar modo i piani superiori. Una soluzione sarebbe quella di innalzare il carico dell’erogazione con impianti di spinta nella rete, sistemati nelle diramazioni delle tubature. Un siffatto intervento porrebbe rimedio alla penuria idrica della parte alta, posta a un dislivello di circa 60 metri rispetto alla parte bassa.
Un altro problema è costituito dalle precipitazioni, copiose, ma mal distribuite durante l’arco dell’anno. Da giugno a ottobre piove pochissimo e i serbatoi si ritrovano in autunno con riserve minime. Non bisogna sottovalutare, infine, che l’Abatemarco, l’acquedotto che insieme al Bufalo fornisce più del 50% delle acque cosentine, sorge a San Donato di Ninea e che negli 80 Km di rete fino a Cosenza serve oltre una ventina di comuni, tra cui Rende che usufruisce di una portata maggiore di acqua rispetto agli altri comuni. I continui guasti dell'Abatemarco peggiorano, infine, la situazione cosentina. 

Gli Acquedotti che servono Cosenza

Nome

Competenze

Data di costruzione

Origine

Portata

Captazione

Note

Abatemarco

Regionale
Anni ‘70
S. Donato di Ninea, Località Abatemarco
220-240 l/sec
Sorgente
Acquedotto intercomunale, con il Bufalo fornisce più  del 50% dell’acqua di Cosenza.

Bufalo

Regionale
*Opera di presa è recente.
La sorgente risale al ‘65
Parenti
40-80 l/sec
Fiume Savuto e pozzo
*Opera di presa
Condotta che prende l’acqua dal fiume per poi distribuirla.
La portata idrica del Bufalo è a fasi alterne.

Merone

Comunale
1932
S. Stefano di Rogliano, Località Petrara
70-80 l/sec
Sorgente
E’ un   acquedotto storico.

Timpafusa

Comunale
Anni ‘70
Mendicino, Contrada Rizzuto
40-55 l/sec
Sorgente
La sua attività era stata sospesa negli anni scorsi. E’ il più stabile per la portata di litri al secondo

Zumpo

Comunale
1898
Aprigliano, Località Cozzarelli
15-20 l/sec
Sorgente
La sua attività tende a scomparire, da tempo purtroppo si registra una continua diminuzione della portata.


Pozzi di Cosenza (incrementano le dotazioni idriche dei serbatoi)


Via de Rada

Regionale

Serraspiga

Regionale

4 pozzi su Colle Mussano

Comunali

 
  L'Abatemarco e i suoi capricci
III parte



dal Quotidiano della Calabria del 26 febbraio 2014

ROTTURE continue. Da oltre un paio di anni a questa parte si verificano all'incirca ogni settimana. E la città soffre per i guasti dell'Abatemarco, il grande acquedotto che rifornisce Cosenza e un buon numero di comuni della sua provincia.
Nei mesi scorsi, in pieno inverno dunque, i bollettini della Sorical che comunicavano la riduzione della portata idrica in città si sono susseguiti con cadenza settimanale. Le cause erano da riferirsi alle cattive condizioni atmosferiche che 'disalimentavano' l'impianto di sollevamento Nascejume.
Solo pochi giorni fa, invece, si è verificata una rottura sulla condotta adduttrice in località Cozzo Carbonaro, vicino Lattarico e l’erogazione idrica è stata sospesa in alcuni comuni, tra cui Cosenza. Ma perché l'Abatemarco è così fragile?
Realizzato dalla Cassa del Mezzogiorno negli anni ’70 per risolvere definitivamente il problema idrico di Cosenza (anche se così non è stato e soprattutto non è), l’uso dell'acquedotto fu destinato 'unicamente' alla città dei Bruzi. Si giunse a questa decisione dopo aver constatato che sarebbe stato più difficile convogliare le acque delle sorgenti poste alle pendici della Sila, insufficienti ad arrivare in città.
Il grande acquedotto sorge nei pressi di San Donato di Ninea, su un sito montuoso di natura calcarea che assorbe come una spugna l’acqua piovana e ne modula la distribuzione nel corso dell’anno. In questo modo, considerando che in Calabria le piogge sono più abbondanti del 20% rispetto a tutte le altre regioni italiane, dovrebbe essere scongiurato il rischio di eventuali crisi idriche cittadine. Qualcosa non va, allora, se troppo spesso la città rimane a ‘secco’. Le precipitazioni, infatti, nonostante siano copiose, sono mal distribuite durante l’arco dell’anno, tanto che da giugno a ottobre piove pochissimo e i serbatoi si ritrovano in autunno con riserve minime. Inoltre, l’instabilità del terreno su cui si snoda l’intera rete dell’Abatemarco provoca continue interruzioni del servizio a causa delle frane che si verificano con una certa frequenza. E non bisogna sottovalutare gli 80 Km della rete che da San Donato di Ninea fino a Cosenza serve oltre una ventina di comuni. Tra questi Rende (compresa l’Università di Arcavacata) che a differenza di Cosenza non risente della penuria idrica perché usufruisce di una portata maggiore di acqua rispetto agli altri comuni.
Le risorse destinate alla sola città di Cosenza sono, dunque, assorbite da altri comuni, i quali, però, non condividono la stessa sofferenza idrica della città. Eppure, per dissetare la città che al mattino fa a gara con il tempo per usufruire dell'acqua corrente, sarebbe stato sufficiente realizzare nuove opere di presa in Sila. O costruire un nuovo acquedotto solo per la città dei Bruzi. L’idea risale a diversi decenni fa e prevedeva l’utilizzo di una risorsa idrica situata nel comune di Pedace, sul fiume Cardone, che attualmente fa funzionare la centralina idroelettrica dell’Enel. A valle della centralina si voleva realizzare l’impianto di potabilizzazione. Furono organizzate giornate di studio e fu anche preparato un progetto (erano i primi anni '80). Alla fine non si fece nulla: la città, che nel frattempo si era ampliata, contestualmente ai comuni limitrofi - la cosiddetta area urbana – si è dovuta accontentare di una quantità sempre minore di acqua. Con buona pace dei suoi amministratori e dei cittadini.
Cosenza oggi ha sete perché è mancata una politica concreta in grado di risolvere il problema e utilizzare meglio le risorse. 
21-7-2015

©Francesca Canino